Capitolo 33 - Ipotesi pericolose e intuizioni potenzialmente mortali

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"Questo può voler dire solo una cosa..." sussurrò Clelia, improvvisamente dimentica della carta ingiallita e accarezzando leggermente l'incisione.

"Sì." La voce di Octavianus si intromise più bruscamente di quanto il giovane non avrebbe voluto. Ma era il momento di parlare, di spiegarsi e liberare quell'idea fastidiosa che non accennava a lasciarlo in pace. "Significa che dobbiamo smetterla di giocare agli indovinelli, e tornare a casa." Pausa. Sguardi Straniti. "Ho un presentimento" aggiunse in tutta fretta, con un tono che ora cigolava. "E forse, anche una soluzione".

"Se la tua intuizione è che il carburante è quasi finito, dovrò darti ragione" fece Aemilia, la prima a riscuotersi dallo stupore di quell'intervento tanto inaspettato quanto fuori luogo. "Ma devo toglierti il merito per la scoperta, dal momento che lo ripeto da un po'".

"No, no, non avete capito. Intendo che forse siamo sulla strada sbagliata. Una strada, di sicuro, ma non quella che ci permetterà di portare a termine la missione."

"Da quando hai tanto a cuore la missione?" Questa volta, Aemilia suonava sospettosa. Octavianus si chiese dove fossero finiti tutti I suoi sforzi per avere la fiducia della pilota. Non era cattiva, lo sapeva. Aveva cominciato a leggerla dentro già da un po'. Eppure, rimaneva sempre quella barriera, pronta a drizzarsi davanti a lui da un momento all'altro, alta come la Civiltà.

Esitò.

"Manca un pezzo" fece poi, finalmente, con uno sforzo che non avrebbe mai immaginato. "Deve essersi consumato. Senza quel pezzo, sembra che gli ingranaggi girino in modo differente, secondo un'altro percorso. È un'ambiguità tipica delle macchine della fondazione. Stanno cercando il danno dentro la catena sbagliata, per questo non lo trovano. Non si trova il difetto nella macchina perché non c'è più, il difetto."

Finalmente tacque. Ma invece di sentirsi leggero come avrebbe dovuto, sentì il macigno in fondo al petto appesantirsi ancora di più, come pressato dagli sguardi che ora scrutavano gravemente il suo viso. Si sarebbero soffermati sugli occhi di metallo, trovandovi stridore invece che riflessi di luce. Sulla piccola cicatrice argentea, ora seminascosta da un velo di barba, che ricordava a tutti quali fossero le sue origini. Era diverso, un corpo estraneo da sopportare loro malgrado. Ma soprattutto, qualcuno di cui non si potevano fidare totalmente, nonostante tutti gli sforzi del ragazzo, perché erano state educate così dalla società che condannava gli ultimi nel momento in cui lasciavano il grembo materno. Se non da prima.

Poi, quasi inaspettatamente, lo sguardo di Clelia si addolcì, come smorzatosi in una strana malinconia. Ma non disse nulla.

Invece, la fronte leggermente corrucciata, Aemilia si alzò. "È tardi". Lapidaria, fredda. Era pur sempre il capo della missione, e forse anche la più brava a capire quali discussioni andassero affrontate in quale momento. "Domani sarà una giornata lunga. Avremo tempo anche per discutere di questo."

***

Effettivamente, di tempo per discutere ce ne sarebbe stato, vista la pioggia che aveva deciso di infradiciare la mattinata. Octavianus, però, si era chiuso in sé stesso come non accadeva più dal periodo dell'incidente. Il resto del gruppo aveva lasciato correre, spiegandosi il comportamento del giovane come conseguenza della stanchezza e dello spavento. In fondo, lui più di tutti era andato vicino al farsi male, quando erano stati attaccati dal corvo metallico.

Così, il piano restava lo stesso, nonostante I dubbi di Octavianus. Prossima tappa Lucerna, la città luminosa, sperando di trovare una soluzione definitiva e di avere abbastanza carburante per tornare a casa.

Casa.

Con una stretta al cuore, Octavianus si rese conto che non sapeva più che cosa significasse. Sulle sue labbra, la parola casa aveva un suono amaro. Dove sarebbe tornato, una volta assolto il suo compito e esaurita la sa utilità per la società? Non lo sapeva, e a dirla tutta non voleva nemmeno pensarci. Doveva tenersi impegnato, per impedire alle domande di sommergerlo. Le immaginava simili ai fiumi di polvere e fango che facevano disastri ai livelli bassi dopo lunghi periodi di pioggia. Quante vite erano state spazzate via da quei fiumi grigio sporco, la Civiltà non lo sapeva, e neanche se ne curava. Lui però, per guadagnarsi da vivere, per un periodo aveva fatto anche questo. La conta dei morti, lo spoglio dei cadaveri, con occasionale furto.
Prestito, si corresse. O baratto. Un giorno Octavianus avrebbe dato qualcosa in cambio. Doveva solo capire cosa. Per il momento, gli sarebbe bastato dirottare I suoi pensieri verso qualcosa di più leggero, per sentirsi meglio. Avrebbe potuto ascoltare la pioggia, come sembrava che Clelia stesse facendo, assorta e con il capo leggermente inclinato dal lato da cui pendevano le sue trecce. La ragazza giocherellava distrattamente con uno dei bottoni del suo vestito, che si era un po' scucito durante l'attacco del corvo e ora le scivolava fra le dita, danzando argenteo contro il fondo di stoffa verde scuro.

A pochi secondi dal cielo - NaNoWriMo 2018Where stories live. Discover now