«Ti amo» le sussurai, quasi in modo impercettibile.

Sorrisi all'idea di esserci riusciuto, ma lei non rispose. Mi sollevai su un gomito: la giovane si era addormentata e respirva a pieni polmoni tenenvo stretta la mia mano fra le sua. 

Il mattino seguente, un suono incredibilmente fastidioso non diede pace alle mie orecchie tant'è che afferrai il cuscino e voltandomi dall'altro lato me lo adagiai sul capo per poter tappare il frastuono. Un sibillo arrivò dalle labbra della ragazza che, non appena, vide l'orario sul suo cellulare e le mille telefonate perse sobbalzò dal letto.

«Cavolo, sono le 10 io dovevo stare a casa alle 8, Jamie mi ammazzerà» mi voltai verso di lei, mentre indossava l'abito lungo ed elegante della sera prima, alla quale ripensai amaramente.

Mi strofinai gli occhi e in silenzio mi sbrigai ad indossare i miei pantaloni.

«Ti accompagno» mi limitai a dire, fra uno sbadiglio ed un altro. C'era dell'imbrazzo fra noi eravamo arrivati ad un livello molto alto nella nostra relazione che mai mi sarei aspettato di superare così presto, troppo presto.

«No, non c'è ne bisogno e Jamie potrebbe capire tutto. Prenderò un taxi qui fuori» con i pantaloni ancora sbottonati, e l'addome nudo mi fermai ad osservarla.

«Non mi va di farti prendere un taxi chiamerò Travis per farti accompagnare» mi accinsi a prendere il cellulare dal comodino ma lei mi bloccò avvolgendo le braccia attorno al mio collo schioccandomi un dolce bacio sulle labbra.

«Non c'è ne bisogno, dico davvero. Grazie amore» amore, quelle parole rimbombarono nella mia mente per interminabili secondi, fino a farmi sorridere come un ebete.

«Se lo dici tu» le carezzai un fianco e per un attimo mi vene in mente la sua pelle nuda sotto le mie dita, rabbridì.

Le schioccai un secondo bacio ed infine uscimmo dalla stanza. In casa regnava un enorme silenzio, mi assicurai per prima cosa che i miei genitori stessero ancora dormendo e che Rita ancora non fosse rientrata. Tutto secondo i piani, così, quando ci fu via libera Mia sgattaiolò dalla mia dimora.


Mia's point of view

Quando raggiunsi la porta di casa, i miei vicini di casa mi osservarono in modo strano, d'altronde come biasimarli avevo un vestito da Gala una pettinatura alla rinfusa e del trucco sciolto. Non appena varcai la soglia di casa le urla di Jamie invasero i miei timpaini costringendomi a tapprmi le orecchie.

«Si può sapere dove cavolo sei stata Mia? Tu vivi qui, e sei sotto la mia responsabilità. Ho chiamato Karen nel bel mezzo della notte e mi ha detto di non aver organizzato nessuna festa e tu ovviamente non eri con lei. Ma perchè mi hai mentito?» ero stata scoperta, stavolta avevo lasciato indietro qualche particolare e me ne pentì amarmanete. Stufa, arrivai in salotto dove sistemai le mani ai fianchi.

«Be io.. in verità» dovevo inventarmi qualcosa di plausbile o le nostre vite sarebbero cambiate per sempre.

«Jamie devi smetterla, Mia non è più una bambina. Non puoi arrabbiarti cosi ogni volta!» strillò Lil, arrivando in mio soccorso.

«Grazie al cielo qualcuno che non mi tratta come una deficiente» esclami, alzando le mani al cielo.

«Tu non dirmi cosa devo o non devo fare con mia sorella, sono affari miei Lil» sbottò mio fratello, a sua moglie. La quale con espressione esterrefatta scappò via dal salotto.

«Ma perchè ti comporti cosi? Qual'è il tuo problema?» urlai contro mio fratello, il quale stava perdendo il nume della ragione.

«Non t'azzardare a cambiare argomento, voglio sapere dove sei stata» mi puntò il dito contro, minacciosamente.

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