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Dopo la laurea trovai impiego come praticante, presso un grosso studio commercialistico. Non mi dilungherò sui dettagli del mio lavoro, in quanto non hanno alcuna rilevanza ai fini della storia; mi limiterò a dirvi che trascorrevo molto tempo al computer e tra i fogli di carta.

Il lavoro mi teneva molto impegnata, molto più di quanto l'avessero fatto gli studi universitari. Inoltre, scoperte le mie capacità, il mio datore, col tempo, mi affidava compiti sempre più difficili, rispetto a tutte le altre "reclute".

Così tornavo a casa – adesso abitavo da sola, in un piccolo appartamento, al centro della grande città dove lavoravo - stanca, ma pienamente soddisfatta e fiera della donna che ero diventata.

Gli incubi ad occhi aperti – e chiusi – non mi perseguitavano quasi più, e io difficilmente rievocavo quelle apparizioni sepolte tra i miei ricordi.

La perdita dell'animo tormentato e inappagabile che avevo posseduto, non mi amareggiava più di tanto. Non diventai mai quella ragazza romantica e bramosa d'inquietudine che la mia infanzia aveva promesso; però sviluppai una profonda passione per i libri e le storie, che ripulivano e accudivano la mia mente nei peggiori momenti della notte – e raramente del giorno - scacciando le angoscianti immagini come ninne nanne.

Ma la vita si riprende tutto ciò che dona, e dopo momenti di gioia e serenità, calano le ombre degli avvoltoi, presentandosi come Disgrazia e Tormento.

Dopo quasi un anno, al mio gruppo di lavoro si unì una giovane assistente. Fin qui niente di particolare; molti assistenti andavano e venivano dallo studio. Ma in questa c'era qualcosa di diverso.

Il primo giorno in cui si presentò al lavoro, io ero assente a causa di una leggera influenza. Un fatto già piuttosto singolare, in quanto io raramente – per non dire mai – mi ammalavo, né tantomeno mi assentavo dal lavoro. Ma non vorrei apparire troppo paranoica: le coincidenze succedono, è un dato di fatto.

Quando mi ripresi, e tornai in ufficio, la ragazza si era già ambientata e si muoveva liberamente da una stanza all'altra, trasportando pile di carpette piene di scartoffie. La prima volta che la vidi era di spalle, intenta a parlare col mio capo davanti alla porta del suo ufficio; spalancata, lasciando che la fredda luce invernale inondasse lo spazio in cui le due figure si trovavano.

Era vestita di bianco, e i raggi solari si riflettevano sul suo completo, che sbiancava la già candida pelle del suo collo sottile, messo in mostra dalla chioma raccolta sulla nuca. I capelli erano di un biondo pallido troppo familiare alla mia memoria, messa a dura prova da quell'immagine di luce diffusa e candore.

Il mio datore si accorse di me. Chissà che volto atterrito mostrai! Ma quella era l'ultima delle mie preoccupazioni in quell'istante, perché alle parole allarmate del mio capo: <<Marianna, ti senti bene?>>, la ragazza si voltò. In quel momento la mia attenzione era rivolta a quella nuca. Ero pronta a rivedere quello stesso volto, quelle stesse vacue orbite che mi avevano risucchiato anni prima. In quel momento, sentii che stavo per rivivere il mio peggiore incubo, tra la folla, a lavoro, nel mio guscio sicuro.

Ma quando la giovane si voltò, al posto dei pozzi neri e vaporosi, trovai due comunissimi occhi verde grigio, incastonati in volto contratto in un'espressione di incomprensione e stupore.

Il mio corpo smise di tremare, il battito cessò e ripresi fiato, lasciandomi sfuggire un liberatorio sorriso di sollievo.

Dopo quell'episodio – per fortuna non troppo imbarazzante, visto come il mio stato fu scambiato per un leggero malore post-febbrile – mi abituai alla sua presenza, per quanto a volte rabbrividissi nel vederla immersa nel bagliore della luce mattutina. Ebbi anche diverse conversazioni con lei: era una ragazza molto sensibile e beneducata, ma molto riservata, perché non riuscii mai a carpire nessuna informazione sulla sua famiglia o sulla sua vita privata.

Un giorno però – come molti di voi già sapranno – le cose cambiarono, per sempre.

Finalmente arrivo al momento che voi avidamente avete atteso di leggere; ma per quanto egoisticamente ne traiate fugaci momenti di divertimento, per me è molto doloroso rivivere tutto, spingere la mia mente a quegli attimi. Ma lo faccio perché finalmente sia chiara, limpida, la verità su Marianna Corregna; affinché voi capiate.

La RisataWhere stories live. Discover now