La mia casa.

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Mi piace pensare che il cielo per me ci sia sempre. Lo so, un fattore puramente egoistico, ma è ciò che per ben 23 anni mi ha accompagnata, in una continua lotta fra me ed il mondo.

Ho passato la vita in campagna, con il pomodoro incastonato in bottiglie, chiuse una ad una, a mano, almeno una volta l'anno ed il camino acceso, con braci e fiamme a ricordarmi che la vita a volte scotta, ed ha un sapore amaro, come di cenere.

Passavo da un tramonto rosso, come se fossi in una Africa non reale, ad uno grigio, vuoto, scarno, ma Lui (il mio cielo) era sempre lì, e nonostante mi prendessero per folle, col naso all'insù, non potevo far altro che amarla, quella follia di cui tanto sentivo il bisogno.

Per questo, ora che mi sono trasferita, lo cerco spesso, come se fosse un bicchiere d'acqua nel deserto, come se fosse ossigeno. Mi manca. Solitamente questa parola viene detta con difficoltà, con timore, con remore, perché significherebbe ammettere una sconfitta al "Io non ho bisogno di nessuno"; significherebbe essere tra la classifica delle persone che si sono esposte, che si sono tolte i vestiti, e con loro anche le maschere, e l'armatura in ferro, e le difese, e la paura di non essere abbastanza; significherebbe deporre armi giocattolo sul comodino e smetterla di far finta che nulla ci possa toccare l'anima, quindi si, mi manchi.

Durante l'infanzia, son sempre stata una bambina un po' strana: in circostanze necessarie mi appellavo alla solitudine, invece che andare in cerca dei vuoti degli altri per riempirli; mi facevo abbracciare dai puzzle da comporre, alle due del mattino, dai libri delle favole, dalla macchina da scrivere rosa e dai cartoni animati che passavano alla notte su Sky, mentre aspettavo i miei genitori, da lavoro, perché le coperte non si rimboccavano da sole, ed io ero ancora troppo piccola, per capire: capire una realtà fatta di sacrifici, di scarpe rotte e sempre rattoppate, di corse in orario, di sorrisi forzati per il bene dei bimbi; capire di problemi taciuti, soldi mancanti, nonostante "Va bene, amore, che figurine vuoi?".

Io tutte queste cose le ho capite tardi, ma le ho capite, malgrado i segni, di un'infanzia diversa, non brutta o disastrosa o mal vissuta, solo diversa, li porto nella borsa. Ed a volte, ripenso alla mia casa, che non appassirà mai, come i papaveri che vi crescevano intorno, come i funghi raccolti da mani che sapevano fare accordi con la terra, con la natura, come i ricordi impressi nelle mura.

Cogliendo un passato che ormai non mi appartiene più, se non nei ricordi più preziosi che ho, la lascerò andare, verso un cielo che sempre sarà mio amico, che sempre sarà libertà. 

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⏰ Last updated: Jan 19, 2019 ⏰

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La mia casa.Where stories live. Discover now