«Ehi, come sai il mio nome?» la sua spavalderia e mi irritò parecchio.

«L'ho sentito ai-»

«Dì la verità mi hai cercato su Wikipedia, infondo si dovrebbe esserci una biografia completa sul mio conto» rifletté, strofinandosi il mento con il guanto in pelle.

Soffermai i miei occhi sulla sua figura, non credevo a quello che stavo appena sentendo. Risi istericamente.

«Questo è sicuramente uno scherzo» risi a fior di labbra avanzando il passo sperando di riuscire a di seminarlo.

Tentativo fallito.

«Non è uno scherzo Johnson, sei brava sul serio» il suo tono, per la prima volta, apparve serio. Mi voltai nella sua direzione sorrisi di sghembo con un tocco di rammarico in viso.

«Grazie» eravamo a quale metro di distanza, lo salutai garbatamente con un sorriso pacato lui per fortuna non continuò a seguirmi.



Michael's point of view

Ero nel mio studio di quella gelida e solitaria villa a Queen Anne Hill. Ingerì, accompagnata da un bicchier d'acqua , l'ennsima aspirina per il mal di testa: orma Mia Johnson era diventata il mio unico pensiero fisso, quel tassello che mi tartassava giorno e notte non avevo più un minuto di pace. Stavo impazzendo, osservavo mia moglie con ribrezzo nella speranza che si tramutasse all'improvviso nella giovane ragazza per la quale avevo perso la testa. Fissavo in silenzio il soffitto bianco e spesso della stanza, respiravo appena, mi sentivo come in una tomba, morto ma con gli occhi aperti. Di scatto gettai in terra le cianfrusaglie e le scartoffie che avevo poggiate sulla mia scrivania. Scaraventai con forza contro il muro la foto che ritraeva me e mie moglie al mare, affannato posai le mani sui fianchi mi guardai intorno rendendomi conto di ciò che avevo appena fatto. Non ero un uomo violento io, sapevo controllare bene la rabbia ma la verità è che ormai non ero più quello di una volta, io ero quell'uomo li, geloso, bisognoso d'affetto e con scatti d'ira come quelli, Mia aveva tirato fuori il vero me stesso represso per moltissmo tempo. Tirai dal cassetto la striscetta di foto scattata nella macchinetta fotografica al centro commerciale. Strofinai delicatamente il pollice contro il viso di quella ragazza, volevo lei, avevo bisogno di quella ragazzina più di quanto avessi bisogno di mia moglie e dei miei amici. Ero in trappola, prigioniero di quella ragazzina ancora bambina ma con lo sguardo ammiccante di una donna vera.

***

Il pomeriggio seguente andai a trovare Jamie, in quei giorni avevo deciso di lasciare a Mia il tempo di riflettere avevo annullato tutte le telefonate che in maniera ossessiva precedentemente le avevo fatto. Pensai di smettere quando mi resi conto che le sue risposte non arrivavano appositamente, non voleva sentirmi. Sedetti sul divano rosso mentre Jamie al mio fianco teneva in mano una birra, alla tv trasmettevano la replica di una partita di football, star li in quella casa mi faceva sentire più vicino ad Mia, a volte mi sembrava di sentire la sua voce, mi sembrava di percepire il suo odore e la sua frenesia incontrollabile ovunque.

«Quando torna tua sorella?» chiesi d'impulso al mio migliore amico, con un filo di voce. Lui bevve un lungo sorso dalla fredda bottiglia scusa, per poi dedcarsi a me.

«Mia zia mi ha detto che vuole restare a New York per un altro po' » sospirò tristemente.

«Quanto pensi che durerà?» non potevo credere a quello che stavo sentendo.

«Non lo so Mike, Mia sorella è imprevendibile, alcune volte non riesco a capirla nemmeno io» poi si alzò dal divano dirigendosi in cucina.

Rimasi attonito da quella notizia, un altro magone mi si era formato alla bocca dello stomaco.

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