«Ehm ti preparo del caffè? O almeno ci provo» sorrisi, per la sua poca esperienza con la macchinetta artigianale del caffè nonostante non sapesse che avessi anche quella automatica ma mi divertì così tanto il suo perso e confuso sguardo che non le dissi nulla.

«No tranquilla, posso prenderlo in ufficio» facemmo colazione con un bicchiere di latte del succo e qualche fetta di pane tostato, dovevamo sbrigarci o Annie ci avrebbe trovato lì a pomiciate.

Dopo la colazione recuperò la borsa dall'appendiabiti e indossò il trench della sera prima, tenendole una mano adagiata sulla schiena ci dirigemmo in giardino dove intravidi  l'audi scura di Travis.

«Buongiorno Signor Dave» esclamò sorridente la giovane all'anziano giardiniere di vecchia data e fiducia.

«Oh buongiorno Mia come sta? È davvero carina stamattina» il vecchietto rise a fior di labbra seguita dalla giovane che reggeva una mano vicino le labbra.

«Salve Dave» m'inserì.

«Signor Reed, questa ragazzina è adorabile è una boccata d'aria fresca per questa cottage» affermò, togliendosi il capello e smettendo di rastrellare il terreno.

«Si sono d'accordo» le baciai la guancia, invitandola poi con una mano alla schiena a sedersi sui sedili dell'auto che era ormai arrivata alla villa.

«Buongiorno Travis come stai?» esordì lei, sporgendosi dal sedile per farsi sentire meglio.

«E' sempre di buon'umore la mattina  Signorina Johnson?» sorrise il mio autista.

«Mh, solo quando sono in compagnia del tuo capo» scorsi Travis porgermi un'occhiata fulminea dallo specchietto retrovisiore centrale, scossi la testa imbarazzato e calando lo sguardo.

«Sei terribile!» ridemmo insieme, ci scambiammo battutine e aneddoti divertenti fino all'arrivo di una frequentata caffetteria al centro di Seattle, lei ordinò una cappuccino con doppia schiuma e io il mio solito caffè.

Chiacchierammo del più e del meno, ma ad un certo punto Mia iniziò ad agitarsi misteriosamente sul posto e cercando di nascondersi il viso con il menù.

«Che succede?» sussurrai

«C'è Christin, maledizione» apostrofò.

«E allora? Che ti importa?» scossi le spalle, improvvisamente sicuro di me e con un atteggiamento spavaldo, ero in compagnia della sua ex ragazza lei aveva scelto me, non ero un tipo che si pavoneggiava ne tanto meno si dava delle arie ma da quando avevo provato sulla mia pelle l'amaro e soffocante sentimento della gelosia, non potevo farne a meno:

Christian Orwell aveva perso

«Importa eccome, non gli ho detto che il motivo per il quale ci siamo lasciati sei tu»

Arricciò fastidiosamente il naso, trovai fosse molto buffa di fatto ridacchiai sotto i baffi ma lei mi zittii subito dopo quando intravide Orwell avvicinarsi e passare di fianco al nostro tavolo.

«Ciao Mia..» la sua voce sembrava incrinata, era sorpreso ma anche un po' stizzito dalla mia presenza.

«Ciao» rispose lei, con un tono incolore.

Christian non sembrava affatto un cane bastono, potrei affermare di avergli intravisto un nuovo taglio di capelli, portava una tuta comoda e un paio di scarpette da ginnastica probabilmente molto costose. Mi guardò con fastidio e sollevando per fino gli occhi al cielo. 

«Reed» ribadì lui.

«Christian» continuai io, poi il suo sguardo si concentrò sulla ragazza di fronte a me.

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