«Mi dispiace.. » egli mi strinse leggermente il braccio adagiando il suo capo al mio, sorrise appena.

«Non ti preoccupare, non è solo colpa tua» restammo in quella posizione per un tempo indecifrato.

«Mi piace stare qui.. »
sibilai.

«Davvero?» sorrise leggermente.

«Si davvero. È il posto in cui mi rifugerei da tutto e da tutti» calò di nuovo il silenzio, poi Michael  si alzò di colpo dopo essersi abbottonato di un paio di bottoni della camicia.

«Andiamo dentro, inizia a fare fresco qui fuori» mi sorrise con premura, per poi spingermi dolcemente verso l'entrata tenendomi una mano sulla schiena. Un languirino si fece largo nel mio stomaco, vergognandomene pensai però che lui non se ne fosse accorto, datone che aveva già imboccato la prima rampa di scale. Mi avvicinai alla cucina estraendo da una delle mensole una tazza e dei cereali al cioccolato.

«Non vieni a dormire?» lui corrucciò lo sguardo, incuriosito dai miei movimenti alle tre del mattino.

«Ho fame, ne vuoi?» risposi con disinvolutra porgendogli il pacco di cereali.

«Non si mangia a quest'ora, potresti ingrassare» ridacchiò, io in contro risposta scrollai le spalle.

«Su vieni, ti preparo una tazza» senza aspettare una sua risposta recuperai una tazza celeste per lui, sentì i suoi passi farsi vicini e dedotti che si fosse seduto suoi sgabelli alti accanto al piano cottura.

Quando mi voltai le due gote si colorirono di un leggero rosso scarlatto, probabilmente lo avevo colto di sorpresa a fissarmi, questo mi fece arrossire e sorridere assieme, tanto da dover distogliere lo sguardo .

«Scaldo il latte, va bene anche per te?» presi un pentolino d'acciaio versandoci all'interno il liquido bianco, accendendo poi successivamnete la fiamma.

«Si, grazie..»

Il silenzio calò nuovamente tanto che dopo un po inizò a diventare strazziante, quasi asfissiante.

«Perché hai comprato questa casa?» chiesi, mentre versavo il latte non troppo caldo nelle rispettive tazze, recuperai dei cucchiai versandomi in seguito una manciata di cereali, lui fece lo stesso.

«Non lo so in realtà, ho sempre amato il mare mi tranquillizza» le sue labbra finirono sul metallo del cucchiaio assaporando il gusto dolce del cioccolato e del frumento d'avena.

«Mangi spesso di notte?» ridacchiò lui, tenendo gli occhi fissi nei miei.

«Ehm no, soltato quando non mangio molto a cena» mi grattai nervosamente la nuca, imbarazzata. Sul suo volto si dipinse un sorriso spontaneo e disinvolto, successivamente abbassò lo sguardo.

«Non dobbiamo per forza far finta che fra di noi non ci sia nulla» confessai probabilmente ad alta voce, siccome lui cambiò espressione.

«Non so come comportarmi Mia, è tutto così assurdo.. » gesticolò, ma io lo frenai.

«No, non adesso. Sono stanca di parlarne, godimoci questi cerali» sospirai, riempendomi la bocca di cibo, Michael rise dolcemente per poi mostrarmi degli occhi colmi di affetto e amarezza allo stesso tempo.

Eravamo sulla soglia delle nostre camere da letto, incapaci di lasciarci andare incapaci di darci una tranquilla e normale buonanotte. Accennai un sorriso stirato, lui invece serrò le labbra imbarazzato e guardò altrove. Avanzai verso il suo corpo, sentì i suoi battiti cardiaci assieme ai miei accellerare, le mie labbra si posarono all'angolo della sua bocca schioccandoci su un leggero e casto bacio. Percepì del fuoco provenire dal basso ventre, lo stesso calore riuscì man man ad abbracciare ogni angolo del corpo, le gambe mi divennero gelatina. Michael rimase immobile, non disse nulla si limitò ad allontanarsi e sparire dietro la porta dove c'era sua moglie adagiata sul letto dalle lenzuola in seta bianca che l'attendeva. Io mi recai nella mia stanza, ansimante, chiusi la porta alle mie spalle ma restai adagiata al legno massiccio per qualche secondo indecisa tra il restare o il gettarmi desiderosa e disperata sulle sue labbra. Improvvisamente le lacrime iniziarono a scorrermi lungo le gote, era una dura battaglia alla quale sapevo ogni volta di aver perso fin dal principio così spalancai la porta proprio nell'esatto momento in cui l'uomo spalancò la sua, mi fiondai sulla sua figura cirocondandogli il collo con le braccia. Gli baciai la bocca mentre lui mi diede accesso alla sua lingua, mi teneva stretta al muro stringendomi a se in un dolce e caldo abbraccio. La sua bocca era accogliente e aveva un delizioso sapore dolciastro, le sue guance erano leggermente ispide per via della barba poco e appena cresciuta, avvertivo l'elettricità scorreremi lungo la schiena ciò che mi faceva provare Michael faceva di me la sua schiava. Si, ero schiava delle sensazione che quell'uomo riusciva a darmi ogni volta. Niente a che vedere con i solito ormoni impazziti e fuori controllo dei miei coetanei ventenni, noi eravamo diversi le nostre emozioni così come i nostri fremiti erano proibiti, vietati e questo rendeva ogni cosa più eccitante e incredibile rispetto alla normalità. Michael era il mio angelo protettore la mia guida, ciò da cui non riuscivo a staccarmi. Gli morsi il labbro inferiore senza rendermene conto, emise un gemito strozzato che mi fece mancare il fiato, gli stritolai il colletto della camicia mentre lui non esistò neanche un secondo a far scorrere i suoi grandi palmi sulla mia schiena coperta soltanto dal sottile cotone. La sua lingua calda giocava armoniosamente con la mia, in una frazione minima di secondi improvvisamente ci staccammo e ne soffrì terribilmente il contatto. Quella volta ero stata io ad iniziare, quella volta me ne vergognai terribilmente più delle volte precedenti: sembrava un sogno,
ero sonnambula forse, cercai di auto convincermi del fatto che non ero realmente uscita e avevo dato inizio a quel circolo vizioso dunque di fretta e furia sgattaiolai in camera mia piantandolo lì in corridoio, con la camicia sgualcita e le labbra arrosate. Chiusi la porta alle mie spalle, le lacrime presero a scorrere nuovamente, avevo perso ancora una volta.

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