A jump in the past

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*Diversi anni prima*

"Cos'è che facciamo adesso?" chiese guardandomi dritta negli occhi, con gli occhi pieni di lacrime, come se stessero per esplodere in un pianto interrotto.

"Non lo so! Non so cosa fare! Non è una di quelle situazioni che si vivono ogni giorno, quotidianamente!" le risposi iniziando a camminare per la stanza con le mani tra i capelli.

Si, non sapevo cosa fare. La situazione non era delle migliori. Era entrato nelle nostre vite ciò che non ci aspettavamo nemmeno lontanamente. Non avevamo mai immaginato che, ciò che avrebbe potuto farci "compagnia", fosse un qualcosa che avrebbe potuto distruggere una delle due. In questo caso lei. Ma ormai era lì e non se ne sarebbe andato molto facilmente. Tutto sarebbe andato via facilmente: le sue forze, la sua voglia di andare avanti, i suoi capelli, ma non lui. Lo chiamava " buh " e lo pronunciava con lo stesso suono usato dai bambini mentre escono dai loro nascondigli cercando di far spaventare qualcuno. A volte rideva mentre ne parlava, altre volte iniziava a vedere il bianco davanti lei: un colore vuoto, inespressivo, freddo.

Mi fermai di sbotto, come se avessi avuto un'illuminazione. "Non mi fare quello sguardo" le dissi, "quando lo fai non mi aspetto mai niente di buono". Lei continuava a guardarmi come se non avesse possibilità ne' diritto di parola, continuava a mordersi l'interno del labbro cercando di non piangere per non mostrarmi la sua atroce paura. Ma sapeva che io l'avevo beccata, sapeva che l'avevo scoperta e che ormai il suo segreto non aveva più via di scampo con me. Si alzò e raggiunse la finestra aperta. Affacciava sulla strada, una lunga strada percorsa da alcuni alberi che sembravano quasi messi lì per caso. Congiunse se spalle e strinse le spalle. "Adesso non ho molta scelta, non puoi pretendere che io abbia tutte le risposte alle domande che stanno nascendo nel tuo cervello. Non ho certezze, ma forse l'unica cosa che so è che voglio cercare di tenerti fuori". Non mi aveva mai chiesto di restare fuori da qualcosa che riguardasse lei; aveva sempre preferito condividere tutto per sentirsi più leggera e soprattutto lo faceva perchè non riusciva a fare diversamente. Non riusciva a nascondermi nulla, nessuna verità nonostante facesse male. Era una delle cose che mi piaceva di lei, una delle cose che avevo subito appreso trascorrendo del tempo con lei.

"Non puoi tenermi fuori! Lo sai. Non su questo almeno! Me lo hai detto, no? Adesso vuoi che faccia finta di niente?" le risposi con una faccia che la diceva lunga sul mio pessimo umore e soprattutto sulla rabbia che stavo cercando di tenere dentro. "Non posso lasciarti camminare da sola per una strada cosi buia, non posso rischiare che tu molli tutto e perderti sotto i miei occhi senza aver minimamente provato a farti ragionare, lo sai benissimo". Venne avanti, verso di me, con fare molto insicuro. Mi mise con le spalle al muro come se non volesse darmi via di scampo e guardandomi negli occhi mi disse " è arrivato il momento in cui devi lasciarmi andare" e senza darmi tempo di replicare, mi baciò. Fu uno di quei baci salati perchè bagnati dalle lacrime, uno di quelli che non promettevano un bel seguito. Iniziò a tirarmi con la maglietta ancor più verso di lei, come se tutto ciò di cui avesse bisogno in quel momento fosse il contatto. Mi guardò con gli occhi tristi e gonfi di pianto, mi asciugò una lacrima appena caduta sulla mia guancia, mi prese il viso tra le mani e mi disse "fammi sentire la tua pelle almeno un'ultima volta". Senza aspettare la mia risposta mi indirizzo' verso il letto, si mise a cavalcioni su di me e inizio' a spogliarmi. Ma fu capace di spogliarmi solo dei miei vestiti, la mia delusione e la mia tristezza erano ancora lì.

Come un girasole.Where stories live. Discover now