1.L' incidente del 1993

146 10 0
                                    

Stavo andando dalla Sicilia alla Campania perché dovevo fare un concerto, guidavo io. L'unica volta in trent'anni di carriera che ho guidato la macchina andando a un concerto. Il tour manager era molto stanco, quindi mi sono messa al volante. Non ero molto inquadrata, allora. Ero in un momento molto infelice della mia vita, ma mi sentivo onnipotente, invincibile. A un certo punto ho guardato il telefono cellulare, avevo chiamato tutti quel giorno. Ma il telefono si spegneva spesso , quindi ho guardato la presa, che era staccata, ho provato a rimetterla, e invece che guardare la strada mi sono distratta. Il mio tour manager ha urlato: 'Attenta!' Il tachimetro segnava centoventi chilometri all'ora. Ho sterzato verso destra, ma il volante era di burro: in un attimo ero nella corsia di emergenza. Avevo meno di un secondo per rendermi conto che da questo lato non c'era alcuna protezione. Abbastanza per pensare: 'Rischio di finire nel fosso e, se ci finisco dentro, non arriverò mai a Salerno per fare il concerto'. Ho controsterzato a sinistra. Se vado a sbattere da questa parte, infatti, è meglio, perché ammaccherò la macchina contro il guardrail, ma almeno potrò continuare il viaggio. No ABS, no airbag, no cintura di sicurezza. La macchina sta rallentando: sono sicura di fermarmi non appena toccherò la barriera. Ho chiuso gli occhi. Una randellata all'altezza del sopracciglio destro, lo schianto del cofano che si accartoccia, il fracasso del parabrezza che si frantuma. Tenevo le mani fisse sul volante: ero magra, mi sentivo fisicamente in grado di sopportare le botte e assecondare ogni movimento dell'auto. Prendevo un sacco di colpi in ogni parte del corpo, ma ero invincibile. Lo stridio continuo del metallo che agganciava la fiancata mi assordava. Non so quanto tempo fosse durato. Il rumore del botto scemava. L'auto adesso era ferma. Dio, sentivo caldo. Sentivo freddo. Sentivo il viso aperto e dei zampilli di sangue scorrere su di esso, continui e regolari. Mi sembrava di essere una doccia da cui usciva acqua. La bocca era piena di detriti: 'Cazzo, i denti'. Passo la lingua sulle due arcate, ma per fortuna li ritrovo tutti al loro posto. Avevo la bocca piena di vetri. Mi sono detta subito 'Calmati, questa situazione va presa con calma' Sennò sarei impazzita. Sentire la faccia aperta e il sangue è stata una sensazione surreale, inimmaginabile. Non ho più aperto gli occhi, sono rimasta dentro la macchina e ho capito immediatamente cos'era successo. Poi mi hanno tirata fuori. Lì c'era il delirio, tutte le cartoline con il mio nome e cognome, che erano in auto, si sono sparse sulla strada. Era il 15 agosto, passava poca gente, ma ha cominciato a fermarsi. Io non vedevo nulla ma sentivo le urla delle persone che gridavano:'Paola Turci, Paola Turci'. No non stava succedendo a me. Io stavo solo assistendo a una tragedia, la vivo addosso. Tengo le mani immobili. Sputo i vetri uno per uno, con molta cautela. Ne sento uno conficcato in gola. 'Stai calma, Paola' mi dico. Questo è il momento peggiore. 'No, Paola, non devi vomitare.' Sono una fontanella, una pioggia torrenziale di sangue e ho il terrore di mettermi a vomitare. Se non associassi il vomito alla morte, forse scoppierei a ridere. Tossisco e riesco a sputare il vetro. Ora c'è silenzio, sento le cicale frinire. 'Cosa mi sta succedendo?'"

15 agosto 1993 incidente stradale mortale all'altezza di Torano, Cosenza (sulla Salerno-Reggio Calabria)

-Paola Turci

Bella per te-Paola TurciDove le storie prendono vita. Scoprilo ora