Capitolo II

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Vi ho già fatto il nome di Giorgia vero?
   Con lei passavo i pomeriggi a ballare, oltre che ad andare alle lezioni di danza, ma era un'altra cosa quella; in quelle occasioni ero "sola", per modo di dire, avevo sì tante compagne e compagni ma non avevo legato con nessuno in particolare.
   Per il resto di quel anno non accadde nulla di particolare se non un piccolo dettaglio, accadde poco dopo il rientro dalla vacanze di Natale; stavo giocando e un bimbo venne da me spingendomi e facendomi cadere, non so precisamente il perché, fatto sta che caddi e mi spaccai il labbro inferiore, Elia mi si avvicino, fu uno dei primi a "soccorrermi" insieme a Giorgia, mi portarono dalla maestra e colui che mi aveva spinta fu messo in punizione,  ma secondo voi mi sarei accontentata di vederlo in punizione?
  
   Assolutamente no.

Passai la sera con mio padre... a fare cosa? A tirargli pugni sul petto il giorno dopo cosa feci?
   Andai da quel bambino e gli tirai un pugno sul naso, magari non gliel'avevo rotto ma sanguinava e questo a me bastava, so a cosa state pensando "ma questa è pazza?" Probabilmente lo sono, ma non mi importa ero vendicativa e lo sono tutt'ora.
   Detto questo passiamo al terzo e ultimo anno, vi dirò giusto qualche cosa prima di chiudere questo capitolo della mia vita.
   Ultimo anno di asilo... non si fa più il pisolino, le "lezioni" di scrittura e di inglese, sono sempre stata brava, ma lui mi faceva ridere con la sua scrittura disordinata e ogni qualvolta pronunciava un parola in inglese intendo l'accento particolare di quei luoghi.
   Verso primavera diciamo che ebbi un "piccolo" incidente, siete curiosi?
  
   Era un giornata abbastanza soleggiata, per la precisione era sabato ed ero nella casa in cui mia madre lavorava come badante, lei era in casa, stava lavando i piatti del pranzo, io ero uscita, vidi un gatto, un gatto nero.
   Amavo i gatti, iniziai a rincorrerlo e non riuscendo a prenderlo salii sulla mia biciclettina (avete presente quelle che si spingono? Quelle senza freni) e mi lanciai a tutta velocità per la discesa del cortile, verso la metà di essa provai a fermarmi, invano.
   Caddi dalla bicicletta e rotolai per i restanti cinque metri cirta, il risultato?

   Sbattei la testa, mi si aprì un "varco" poco sopra il sopracciglio, fui portata d'urgenza in ospedale, mio padre lavorava ad Aosta eppure giunse in ospedale prima dell'ambulanza, quel giorno prese non si sa nemmeno quante decine di multe; mi cucirono, un totale di circa venti punti, oggigiorno ho ancora la cicatrice manco fossi Harry Potter.

   Ma non è questo l'importante, alla fine dell'anno scolastico gli scrissi un biglietto, cosa c'era scritto? Due semplici, anzi, semplicissime parole: Ti amo.
   Forse dette un po' per scherzo come tutti i bambini, ma che fine ha fatto quel biglietto? Gliel'ho consegnato?
   No, non gliel'ho mai dato... per paura? O forse l'avevo solo dimenticato e ora? Dov'è? Si trova nel secondo cassetto della mia scrivania, un po' stropicciato ma credo che rimarrà lì amcora a lungo e, perché no, in un futuro potrei anche dirglielo.
   E con la recita si concluse tutto.
   Passiamo alle elementari, Giulia, fatti avanti, sarai la "protagonista" di questi anni.
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Lasciate una stellina e, se volete, un commento, segnalate i vari errori di scrittura e sì, criticate non me la prendo, non sono una scrittrice.
   Con questo passo e chiudo.

"Giulia" domani è il tuo turno.
Un bacio,
~Dark Lady🖤
  
  

Siamo solo lui ed ioWhere stories live. Discover now