42. Topanga Canyon

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Non stava nella pelle dalla gioia.

Rosa invece sarebbe fuggita se avesse saputo da che parte andare. La gioia incontenibile di David la preoccupava; non lo aveva mai visto così eccitato. Forse aveva iniziato a fare uso di sostanze ben più potenti dell'hashish.

Poco dopo, quel luogo isolato si popolò di giovani, ragazzi e ragazze della loro età ma anche più giovani. E c'era anche qualche coppia più matura. Come preannunciato da David, arrivò un tizio a bordo di un minibus e li caricò tutti senza chiedere nulla, limitandosi a scambiare un'occhiata complice con alcuni ragazzi. Rosa si stupì che quel bus non fosse un carro trainato da asini. Il luogo in cui stavano andando doveva essere un moderno paese dei balocchi. Se esisteva un Omino di burro, doveva avere il volto di quell'autista. Se esisteva un Lucignolo, si chiamava David.

Giunsero alla grande casa da film hollywoodiano che era già molto buio. A giudicare dall'ingresso, sembrava di entrare in una reggia. Tutto intorno si estendeva un enorme giardino più simile a un parco naturale. Rosa si guardò attorno allibita; chi poteva possedere una simile fortuna? Di certo nessuno di loro conoscenza. Entrò all'interno della villa e notò che ognuno sembrava farsi i fatti propri. C'erano molte persone, ma non sembravano essere accomunate da alcun legame di amicizia. David la trascinava in giro per le varie stanze saltellando come un ragazzino. C'era una cucina enorme con i tavoli e i ripiani ben forniti di cibi e bevande. Mangiarono qualche stuzzichino, bevvero un margarita e ricominciarono il tour della villa. Subito fuori dalla cucina, la più grande che avesse mai visto, c'era una grande sala rettangolare con un camino acceso. Soprattutto la sorprese la presenza di un gran numero di camere da letto. Provò a contarle: dodici. Dodici camere da letto con altrettanti bagni, e forse di questi ultimi ce n'era qualcuno in più. Tutte le camere erano aperte e illuminate dai tenui bagliori prodotti dalle candele sparse ovunque.

«In che razza di posto mi hai portata, David? E dov'è il padrone di casa?»

Senza risponderle, sempre con quel sorriso estasiato sul volto, la condusse a visitare l'esterno della megavilla. Attraversarono il parco e giunsero sul bordo di una piscina a forma di otto, contenente acqua calda, circondata da una decina di jacuzzi. Alcune coppie passeggiavano sul bordo della piscina tenendosi per mano, ma nessuno sembrava intenzionato a nuotarci dentro. A giudicare dagli abiti eleganti, dubitava che al di sotto ci fossero dei costumi da bagno.

Tornarono alla cucina, dove ricominciarono a mangiare. Ci si serviva da soli. Rosa si chiese chi avesse preparato tutto quel ben di dio. Non c'erano i padroni della villa, ma non c'erano nemmeno i camerieri. Assaggiarono la pasta fredda e le pizzette e ogni tanto scambiavano due chiacchiere con qualcuno. Rosa notò che tra gli invitati non c'erano gruppi di amici. Erano tutte coppie. Nel salone c'era della musica soffusa, qualcuno iniziò ballare.

David notò una mulatta mozzafiato che ondeggiava in maniera molto sensuale. Non le tolse gli occhi di dosso.

«Credo sia occupata» gli fece notare.

Ma lui non cambiò atteggiamento, anzi si spostò di qualche passo in modo da permettere alla bella donna di accorgersi delle sue attenzioni.

«Esco a prendere una boccata d'aria» mormorò Rosa sconsolata.

David sembrò dimenticarsi di lei. L'aveva trascinata in quel paese dei balocchi come se portasse un cane al guinzaglio. Quella sera non era la sua ragazza - in realtà non lo era più da mesi, anche se fino ad allora avevano fatto finta di stare insieme - ma il suo animale domestico.

Si accese una sigaretta senza smettere di guardarsi intorno e buttò giù un bicchiere di vodka tonic. Le sembrò di scorgere due lucine rosse nel folto del boschetto. Si avvicinò per capire di cosa si trattasse, sembravano due mozziconi accesi. Quelle lucine, che all'inizio apparivano immobili, le vennero incontro. Rosa trasalì. Cosa potevano mai essere quelle due biglie scintillanti che puntavano dritte su di lei?

«Una volpe... ecco cosa sei. Quanto sei graziosa! Dai, vieni qui piccolina...» disse inginocchiandosi.

Una volpe bellissima dalla vaporosa coda rossa e un musetto irresistibile le si parò davanti.

«Vuoi un pezzetto di pane?» sussurrò.

La volpe non rispose, non aveva nemmeno l'aria di essere denutrita. Non smise di guardarla dritto negli occhi... le ricordò uno sguardo che conosceva bene, ma che in quel momento le sfuggiva. Si avvicinarono due coppie giovani con i loro schiamazzi; la volpe esitò qualche istante, poi riprese la via del bosco.

Rosa rimase immobile a osservare quella piccola fuga. Le parve che una volta raggiunto il bosco, la volpe le avesse rivolto un ultimo sguardo.

Devo avere qualcosa addosso che attira gli animali. Prima i cerbiatti, poi la volpe. Quale altra insolita creatura incontrerò questa notte?

Finì la sua sigaretta riflettendo sul magnetismo di quello sguardo. Sembrava che la volpe fosse sul punto di rivelarle qualcosa. Aveva anzi la sensazione che attraverso gli occhi le avesse trasmesso un messaggio che in quel preciso istante aleggiava in qualche remoto livello del suo pensiero.

«Ancora con questa sigaretta! Come on, vieni dentro» l'apostrofò David.

Rosa lo guadò confusa.

«Tutto bene, bambolina?»

«Ho visto una volpe...» farfugliò.

David le mise un bicchiere in mano e la trascinò dentro.

«Vi presento la mia ragazza. Un'italiana purosangue!» riferì allegro, presentandola alla sexy mulatta e al suo attempato accompagnatore.

Rosa si voltò verso David con aria interrogativa. Aveva usato la parola 'purosangue'. Allora non era più il suo animale domestico, a sua insaputa era diventata un elegante destriero. Strinse la mano alla strana coppia, evitando di ridere perché se avesse iniziato non avrebbe smesso più e David non glielo avrebbe perdonato. Notò che le donne, tutte molto curate, diventavano sempre più provocanti. Una ragazza si era messa a ballare al centro della sala con il seno scoperto. Come durante un improvviso temporale estivo, l'atmosfera cambiò e in men che non si dica fu il caos. La pioggia divenne grandine, e chiunque intorno a lei cominciò a baciare, leccare, palpare; insomma, a far sesso ovunque.

Rosa pregò il cielo, che la sovrastava minaccioso, che si trattasse solo di un incubo. Forse si trovava ancora sul tavolino incantato di Topanga Canyon circondata dai cerbiatti. Chiuse gli occhi. Quando li riaprì, vide David avvinghiato non alla mulatta di prima, ma a una bionda. Iniziò a girarle la testa. In quella villa non c'era acqua ma solo alcolici, e per dissetarsi ne aveva bevuto qualcuno di troppo. Era ubriaca. Si sdraiò sull'unico angolo di divano libero e subito la ragazza che poco prima baciava David, iniziò a spogliarla e a baciarla. Era bellissima, non doveva avere più di diciotto anni a giudicare dalla pelle; sembrava di seta. Rosa non aveva mai baciato una donna e la prima cosa che notò fu che non pungeva. Ed era morbida. Allora era così che dovevano percepirla gli uomini. Ma a parte quella breve, superflua considerazione, non pensò ad altro. Soprattutto non si eccitò e non provò il minimo piacere. Era come baciare un uomo che non si ama più, come baciare David. Tanto che c'era, ed era anche ubriaca, si abbandonò alle insidie di quella gatta morta. Avrebbe dimostrato a David che non era una suora. Forse non l'avrebbe tormentata più.

Mentre lasciava che quella bambola gigante si saziasse di lei, notò due uomini che da una distanza sempre più ravvicinata le guardavano con indolenza. La biondina, come se non desiderasse altro che farsi tutti gli ospiti di quella casa, si voltò verso uno di loro e sparì con la testa tra le sue gambe. L'altro si avvicinò a lei con l'aria di chi pretende lo stesso trattamento dell'amico. Rosa cercò David con lo sguardo, angosciata, ma lui era troppo impegnato con altre due donne per ricordarsi di lei. Lo chiamò a gran voce, non potevano costringerla a fare ciò che non voleva, a meno che David non l'avesse spacciata per una prostituta russa. Lui non sentì. Ignorò la sua voce, la sua disperazione.

L'uomo le si piazzò davanti con le ginocchia appoggiate al divano. Senza tradire il minimo disagio, le fece segno di alzarsi. Presa dal panico, obbedì silenziosa. Si mise seduta sollevandosi con l'aiuto di un gomito, rassegnata a compiere il suo dovere di donna in quell'inferno per lussuriosi. Chiuse gli occhi, dischiuse le labbra...

Prima che la pelle calda di quello sconosciuto la sfiorasse, qualcuno le afferrò un polso. Si voltò, e attaccato a quella mano piccola, da bambino, riconobbe il volto di un nano.

«Non c'è tempo da perdere» le intimò con voce rauca.

E lei, riconoscente, si lasciò portare via.


Che ne sai dell'amoreWhere stories live. Discover now