Scuoto la testa. «Peccato che la Starfall sia anche un covo di sanguisughe desiderose di aumenti dopo la vittoria».

Alza le spalle. «Io non ho mai chiesto aumenti».

«Axel ne vuole un altro. Sai com'è, deve portare a cena quel tipo – che ancora non ci ha fatto conoscere... probabilmente è qualcuno degli ufficiali, non terrebbe così nascosto il nome e dettagli importanti».

«Vero, dobbiamo obbligarlo a parlare. Non va bene come cosa, dopo ci penso io, lo convincerò a raccontare la verità».

«Hai coinvolto anche lui?»

«Che male c'è? È nostro amico da tanto e il primo ufficiale, credevo ne avesse diritto di sistemare gli alcolici del ricevimento».

Mi massaggio le tempie. «Spero proprio di sopravvivere allora» mormoro mentre lei scoppia a ridere.

***

Non posso crederci di aver passato l'intera giornata a provare vestiti – non avevo idea che potesse richiedere così tanto tempo, ma erano wakin che non indossavo qualcosa di diverso dalla divisa o di quel vestito che tenevo di scorta.

Aesta ha detto che è l'abito perfetto, io lo voglio sperare con quel che ho pagato. Intanto lo tiene lei, al riparo da sguardi indiscreti: mi ha strappato di mano la scatola prima di scappare via a continuare a organizzare il tutto.

«Ah, comandante Davith! È da stamani che la stavo cercando».

È uno dei medici a chiamarmi non appena metto piede nella struttura riservata all'unità medica: la prima volta mi sono anche persa, è un groviglio di corridoi tutti uguali e tutti dipinti di bianco. C'è un gran via vai, molti non si sono ancora ripresi dalle ferite ricevute in battaglia. Non c'è alcuna distinzione bellica, Alleanza e Federazione non hanno quasi senso di esistere ora come ora ed è anche inutile negare cure a chi si è trovato nella parte che ha perso.

«Ho avuto da fare, ma ditemi» gli rispondo fermandomi sul posto. Quello si avvicina, mi passa una cartellina verde. «Questi sono i risultati». Sorride appena. «E congratulazioni! Scusate i modi bruschi, ma ho da visitare molti pazienti, è stata una fortuna avervi trovata... credevo vi foste dimenticata». Saluta, allontanandosi di fretta.

Mi gratto la testa, sedendomi su una panchina nel piccolo giardino vicino all'ingresso. È stato criptico, ma almeno queste mi toglieranno i dubbi. La maggior parte dei valori corrisponde alla norma, ma rimango a fissare un foglio per qualche istante, prima di passarmi una mano sul volto. Appoggio la testa contro l'albero alle mie spalle, tenendo i fogli sulle gambe: è l'unica cosa a cui non avevo minimamente pensato, ma forse la più ovvia.

Possibile che a nessuno fosse venuto in mente?

Per tutto il percorso verso casa sento le braccia tremare mentre stringono quei fogli.

«Hai un'aria stravolta... che è successo? I vestiti non andavano bene?» chiede Erix non appena chiudo la porta alle mie spalle.

«No, no, Aesta è sicura di aver trovato quello perfetto, ma... hai un minuto?»

«Per te anche una vita intera, c'è qualcosa che non va?» chiede appoggiando il suo tablet sul tavolino in salotto. «Ti stavo aspettando per cucinare».

«Cerca di non bruciare il cibo come ieri sera» gli dico sedendomi sul divano accanto a lui.

«Sto ancora imparando» borbotta lui. «Ma che hai lì?»

«I risultati delle analisi».

«Sei in fin di vita?» mi chiede sbiancando.

«Eh? No! Tieni, leggi, cretino».

Ai confini del vuoto 1 - Progetto MinervaWo Geschichten leben. Entdecke jetzt