Due Anime e Una Ruspa

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Lenzuola sparse ovunque, l'unica luce nella stanza proveniente dai lampioni fuori dalla finestra. Due voci, due corpi in unisono: "Più... più forte... di più... Matteo". E poi il piacere, il buio pesto, e il suono di una sveglia.

Matteo, Matteo, Matteo. Era questo il nome che tormentava i sogni di Luigi da ormai mesi, tutti sogni che finivano con un piacere che gli portava vergogna, ma non più rabbia. Quella l'aveva lasciata al primo incontro.

Dicono che la prima volta che senti la tua anima gemella parlare, tutto si ferma e rimanete solo voi due e un segno sul polso sinistro. Ma quello non era stato il caso per Luigi: la prima volta che l'aveva sentito parlare era nel bel mezzo di un mare di parrucche verdi e striscioni sulla Padania libera. Lui, Matteo, il suo Matteo, era sul palco e la folla lo adorava, pendeva dalle sue labbra come dei salami pendono dal soffitto della salumeria. E poi quella parola, la prima che Luigi gli ha sentito pronunciare, di colpo si è incisa sul suo polso.

Dicono che la prima volta che senti la tua anima gemella parlare, tutto si ferma. Ma quando Luigi ha capito cosa stava succedendo, quando guardando il suo polso ha visto una calligrafia sconosciuta formare la parola "Ruspa", ha iniziato a correre e non si è fermato fin quando tutto il verde che ricopriva il palco non era che solo un minuscolo puntino.

Come era potuto succedere ciò? Lui e Salvini erano nemici. Avevano passato anni ed anni ad insultare a vicenda le loro idee politiche sui social network. Erano incompatibili: uno nato e cresciuto a Napoli, l'altro nato e cresciuto odiando Napoli e tutto ciò che c'era al di sotto del Po. Luigi non riusciva a capire come l'universo avesse pensato che fossero tanto perfetti l'uno per l'altro da essere addirittura anime gemelle.

Fu per questo che da quel giorno decise di non dire a nessuno del suo segreto sul polso sinistro. Fortunatamente la parola non era difficile da coprire, bastava una giacca a maniche lunghe e molta attenzione a non proferire parola, con nessuno. Nemmeno con Matteo, che altrimenti avrebbe ricevuto a sua volta la parola sul polso.

Per i primi mesi fu molto difficile, poterlo solo guardare da lontano senza far nulla. Il suo istinto lo spingeva, in tutti i modi, a toccarlo, a parlargli, a confortarlo quando un vucumprà gli offriva un braccialetto. Ma Luigi stava sempre nell'angolo, in silenzio, a soffrire. Doveva dividerlo con un'orda intera di persone, un 17% del paese: non poteva crederci che delle persone così insignificanti, così stupide potevano parlare all'amore della sua vita ma lui no. Lui no.

Piano piano ci si abituò, come ci si abitua a tutti i dolori della vita: per passare un'informazione a Matteo c'era Conte a fare da tramite, il perfetto cagnolino che faceva sì che il piano non andasse a monte. L'unico contatto che aveva con Matteo era attraverso i sogni, che venivano tormentati dall'erotica presenza di Salvini. Ma a quanto pare il destino aveva altro in serbo per i due.

"Luigi! Luigi!" era Conte, che cercava di fermarlo per la strada che portava al Parlamento.

"Ciao, Giuseppe. O dovrei dire "Presidente"? Complimenti per la carica", rispose sorridente Luigi.

"Grazie, ma senza di te e Matteo non ce l'avrei mai fatta ad arrivare fino a qua. È per questo che stasera organizzo una festa: tutti a casa mia a festeggiare il cambiamento del mio curriculum".

Luigi ci pensò: quello voleva dire che ci sarebbe stato anche Matteo. Contemplò se rifiutare l'offerta, ma sapeva che sarebbe sembrato troppo sospettoso non andare. E poi era stato così attento per tutti quei mesi, sicuramente sarebbe sopravvissuto un'altra sera.

"Va bene, ci sarò".

---

Casa di Conte era già piena quando Luigi arrivò. Ovunque si girasse, trovava volti conosciuti. E ovunque si girasse, trovava bicchieri pieni del miglior spumante: se voleva sopravvivere doveva farne scorta.

Era al suo quarto bicchiere quando il campanello suonò e rivelò Matteo dall'altra parte della porta. Fu in quel momento, vedendolo nella sua camicia bianca e attillata e nella sua cravatta verde che Luigi capì che era fottuto. Un solo sguardo da parte della sua anima gemella e decise: non poteva più restare a quella festa senza mandare per aria i suoi piani.

Si fiondò nella stanza di Conte, dove aveva poco prima lasciato la sua giacca per prenderla e rifiondarsi a casa. Quando sentì la porta aprirsi dietro di lui, pensò subito che fosse Giuseppe, e quindi si girò con il migliore dei sorrisi per iniziare le scuse su come il mal di testa lo stava facendo tornare a casa prima.

Non era Giuseppe. Era Lui. In piedi, marmoreo sull'orlo della porta, con un'espressione feroce in volto. E per la prima volta in per sempre, non era un sogno.

"Luigi. Buonasera, cosa ci fai qui da solo?"

Luigi alzò le spalle senza proferire parola. A quel punto Matteo iniziò ad avanzare, piano pianissimo come se davanti a sé avesse una preda.

"Sei sempre un uomo da poche parole, eh? Scommetto che con un po' di tempo a disposizione potrei farti urlare tutte le parole che tieni sempre dentro"

Cosa stava succedendo? Luigi non poteva credere alle sue orecchie. Matteo, il suo Matteo, stava forse flirtando con lui?

"Sai, ti ho sempre trovato un uomo molto affascinante" stava avanzando sempre più vicino a Luigi "Esotico, ma non troppo. La via di mezzo giusta".

Ormai erano distanti un respiro, Luigi riusciva a sentire il suo fiato sul collo, e questo gli fece correre dei brividi su tutto il corpo.

"Parlami, Luigi. Io ti voglio. Ti ho sempre voluto, dalla prima volta che ti ho visto in mezzo alla folla del corteo. Pensavi che non ti avrei notato, eh? Era un po' difficile, eri l'unico non vestito di verde. Non ho mai capito perché sei scappato così velocemente, però. A giudicare da quanto tempo ci hai messo a creare questo governo, la velocità non è la tua specialità".

Luigi non poteva far altro che fissarlo con occhi spalancati: "Tu... tu mi hai notato quel giorno?", sussurrò. E fu in quel momento che si accorse dell'errore madornale che aveva appena fatto (il secondo della giornata, se si contava l'aver creato un governo del genere), e si tappò la bocca con le mani.

Dicono che la prima volta che senti la tua anima gemella parlare, tutto si ferma. E questa volta successe davvero per Salvini e Di Maio, mentre le parole sussurrate si imprimevano sul polso sinistro del primo, che lo guardava stupito.

"Ma... ma allora sei tu – sei tu la mia anima gemella" sussurrò Matteo. "Fammi vedere il tuo polso"

Non sapendo come spiegare, come nascondere più quella sua parte, Luigi scoprì il suo polso, dove la parola "Ruspa" era impressa.

"Da quanto lo sai?"

"Da... dal corteo. Io – non sapevo come dirtelo o come comportarmi. Io –"

"Non importa, Luigi. L'importante è che adesso siamo insieme", disse Matteo prima di portarsi il polso del suo amato alla bocca per baciarlo. "L'importante è che sei qui adesso".

Dicono che la prima volta che senti la tua anima gemella parlare, tutto si ferma. Ma nessuno ti dice che quando ti bacia per la prima volta, l'universo intero sparisce e rimanete solo voi due, nella stanza di Conte.

Matteo passa dal polso alle labbra, dalle labbra alla mascella, e poi il collo e poi sempre più giù. Si ferma a sbottonare la camicia di Luigi, che con un colpo lancia dall'altra parte della stanza. Inizia a baciargli tutto l'addome, a venerarlo con la bocca, ogni singolo angolo.

Luigi è così duro quando Matteo inizia finalmente a slacciargli la cintura, che non si ricorda nemmeno il suo nome. L'unica cosa che riesce a pensare è Ruspa, Ruspa, Ruspa, RUSPA. Finalmente Matteo è in ginocchio davanti a lui, il suo intero universo è in ordine, e guardandolo negli occhi gli abbassa contemporaneamente pantaloni e boxer.

E poi basta perché mi faccio schifo ma come sono finita qui a scrivere ste robe io bho.

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⏰ Last updated: Aug 21, 2018 ⏰

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