«Dimentichi che hai perso la scommessa con Aesta?» chiede sfoderando un gran sorriso, poi mi guarda con quel suo sguardo da cucciolo ferito: devo arrendermi.

«E va bene, e va bene». Alzo le braccia, poi allontano la sedia dal tavolo. Branco di approfittatori del mio portafoglio, le trovate tutte pur di bere a mie spese.

«Non rimani a chiacchierare con noi?» mi chiede Axel mentre mi alzo, mettendomi la giacca.

«Eh? No. Ho da fare».

Sorride. «Immagino in che modo».

«No, una cosa molto più noiosa. Burocrazia».

In effetti è vero, ho ancora dei documenti da firmare e la convocazione del consiglio mi ha portato via tempo prezioso prima di cena. Percorro in silenzio uno stretto corridoio diretta ai sotterranei, ho dovuto accontentarmi di uno sgabuzzino come ufficio. Cammino a passo svelto e in silenzio lungo uno stretto corridoio che porta nei sotterranei, continuo a finché non mi accordo di essere andata troppo oltre – mi sembrano tutti uguali questi posti e se la prima volta non mi sono persa è merito del cretino.

Sbuffo, torno indietro e apro la porta, tasto il muro lì vicino alla ricerca dell'interruttore: non c'è nemmeno una plafoniera, è semplicemente una lampada che pende dal soffitto in maniera precaria la mia unica fonte di illuminazione, visto che le finestre mancano. In compenso, la circolazione dell'aria viene effettuata grazie a un sistema di condizionamento che fa un rumore assurdo. Rimpiango quello su Lemuria, non l'avrei mai detto.

Accendo la luce: lo spazio angusto davanti ai miei occhi è come l'avevo lasciato. Il tavolo è compresso tra la parete a destra e un armadio metallico, le cui ante sono chiuse da un lucchetto arrugginito, a sinistra. Chissà cosa contiene. Quando l'ho visto per la prima volta ho chiesto a Erix se stesse scherzando e lui mi ha risposto alzando le spalle.

Passo a stento nello spazio lasciato vuoto tra l'armadio e il tavolo, dato che l'altro lato è attaccato alla parete, lasciandomi cadere sulla sedia che scricchiola in maniera sinistra. Prima o poi cederà: alla seduta in legno manca una delle quattro viti e le gambe sono arrugginite.

No, ma la tecnologia di cui l'Atlantis si vantava in tutta la galassia dov'è? Su Kalea, il pianeta più remoto che conosca?

La puzza di stantio mi pervade le narici. Meglio sbrigarsi. Ma a lanciare un'occhiata disperata alla cartella abbandonata sul tavolo, mi scappa subito un gemito di disperazione: ne mancano una ventina da visionare e verbalizzare, sono gli elenchi di tutti gli equipaggi. Devo vedere se corrispondono nomi, cognomi e numeri identificativi tra quelli e il computer.

Sbadiglio, sono in fondo al terzo e già mi si incrociano gli occhi. È una BC questa, l'elenco non sembra finire più. Alzo appena gli occhi prendendo il foglio seguente e noto Erix appoggiato al muro. Da quant'è che è qui?

«Che ci fai qua?»

«Lascia che ti aiuti. Si fa prima in due a finire» mi risponde lui alzando le spalle e avvicinandosi al tavolo.

«Grazie. Ho perso l'intera giornata a far queste cose».

«Perché non ti sei fatta aiutare?»

«Axel si distraeva ogni cinque secondi. Abbiamo perso il filo del discorso almeno dieci volte, ho preferito fare da sola dopo averlo cacciato».

Annuisce, sedendosi sul tavolo dall'altra parte, sorride, allunga una mano e mi accarezza una guancia. Socchiudo gli occhi, godendomi il momento: ogni giorno prima o poi me lo ritrovo intorno, pronto a fare qualche piccolezza.

Finiamo dopo un'ora e mezzo, ma almeno è tutto in regola. Scavalco il tavolo ed Erix, che mi sta aspettando sulla porta, ridacchia appena, vedendo le mie acrobazie; mi accompagna fino alla porta della camera, mi da un bacio sui capelli.

Ai confini del vuoto 1 - Progetto MinervaWhere stories live. Discover now