«Dovresti darle retta di più».

«Lo so».

«Io vado a dormire» gli dico sbadigliando, ma Erix mi afferra un polso, bloccandomi prima che potessi avviarmi.

«Camera mia è dalla parte opposta... se vuoi stare con me stanotte».

Non ho idea di cosa possa succedere, non so come comportarmi con lui. C'è sempre una vocina che mi dice di non fidarmi, che tutto ciò è sbagliato, ma una parte continua a tirarmi verso di lui, come se ne avessi bisogno per mantenermi in vita. Lo seguo in silenzio lungo tutto il corridoio, di tanto in tanto mi passo il dito nel collo della camicia azzurra, ormai incollata alla pelle da quanto è bagnata. Ho necessità di aria. Avanzo lentamente nella camera; non c'ero mai stata, ma è così diversa da quelle del dormitorio in cui ci siamo sistemati. Si vede che fa parte della famiglia reale ed è così strano essere legata a lui: non avrebbe dovuto nascere niente tra noi. Lo sento ridere, poi mi alza la mascella, facendomi chiudere la bocca che avevo spalancato mentre mi guardavo intorno.

È molto più grande, sembra il triplo della stanzina che mi sono beccata. Le pareti sono rosse, ha appeso varie foto alle pareti – non lo facevo così amante della fotografia, ma a quanto pare mi sbagliavo. Solo ora mi rendo conto quanto poco lo conosca veramente: non ho mai visto un aspetto diverso da quello che mostrava in guerra e nei nostri incontri segreti. Adora i paesaggi, sono la maggioranza delle foto. Solo una rappresenta tutta la famiglia reale al completo, quando sia lui che l'Orlan erano dei semplici ragazzi sorridenti. Ha distrutto tutto, la guerra, e noi siamo complici.

«È l'unica foto in cui sembriamo una famiglia normale...»

«Assomigli davvero tanto a tua madre».

«Mi sono reso conto troppo tardi che aveva ragione, che seguire gli ideali di mio padre avrebbe portato solo alla distruzione». Appoggia una mano sulla mia spalla. «Avevo sedici wakin quando fu scattata, fu l'ultima volta che vidi sorridere mia cugina. Lei prima della guerra conobbe gli orrori di Kalea e dell'Operatio Mortis... ma quella è un'altra storia».

«Mi dispiace».

«Di cosa?»

«Se non... se non fossi fuggita dall'At5, se non ti avessi portato con me... molti di loro sarebbero sempre vivi. Lo so che la nave su cui si trovava tuo padre fu distrutta da Minerva».

«Vivi. Guardami». Alzo lo sguardo, ma non riesco a fissare i miei occhi nei suoi. «Guardami, ti prego. La guerra non conosce confini né legami familiari, hai fatto quel che dovevi. L'abbiamo pianto wakin fa, ma è morto». Mi stringe a sé, accarezzandomi lentamente la schiena. «Abbiamo sbagliato tutti, non fartene una colpa. Potremmo ricominciare tutto da capo: l'ho capito quando forse è stato troppo tardi, l'unica cosa che posso fare adesso è cercare di rimediare il più possibile».

Rimango in silenzio, stringendo appena le mani sulla sua camicia.

«Credevo ci metteste meno con quel pianeta, avevo intenzione di farti vedere ciò che avevo trovato negli archivi. Ricordi che mi hai detto che cercavi casa?»

Annuisco, Erix mi prende le mani tra le sue. «È ancora in piedi».

«Cosa?»

«Tutto ciò che era di vostra proprietà fu sequestrato dopo il processo, ma nessuno ha comprato la casa. È sempre lì».

«Non stai scherzando, vero?»

«No, assolutamente».

«Non credo che... adesso sia il momento giusto».

«Come vuoi» dice accarezzandomi una guancia. «Volevo solo che tu lo sapessi visto che adesso possiamo farlo insieme stavolta... possiamo sceglierla noi la strada da far prendere alla storia».

Ai confini del vuoto 1 - Progetto MinervaWo Geschichten leben. Entdecke jetzt