«All'inizio sì. Insomma, mi ha praticamente rapito».

«Forse perché tu mi seguivi? Hai passato serate intere a spiarmi e quel giorno non eri lì per caso!» ribatto a Erix.

«Forse hai ragione».

«Comunque. Quando ci siamo conosciuti, eravamo gli unici ragazzi sul pianeti – lui a fare esperienza nell'esercito, io a scontare una pena data a mio padre quando ancora ero troppo piccola per restare da sola a Nova. Avevamo... legato dopo che lo implorai di risparmiarmi la vita: mi aveva beccato mentre sgattaiolavo fuori dalle celle per ammirare le stelle cadenti. Una sera io e mio padre mettemmo in atto il piano, lui ci scoprì, ma quando arrivammo alle astronavi, lo ferii alla gamba e lo trascinai a bordo per non dargli il tempo di dare l'allarme. Il problema era soltanto uno: questo cretino qui è niente meno che il nipote del re dell'Atlantis, attuale terzo erede al trono in linea di successione. Per quel rapimento, mi beccai una condanna a morte; le altre due riguardano il fatto di aver tradito l'Atlantis e, be', l'essere al comando della flotta della Federazione».

«Ma quindi... tutti quei trattati...»

«Totalmente inutili? Falsi? Vedili come vuoi, noi sfruttavamo il tempo per altro».

«Se De Algy lo venisse a sapere...»

Afferro il coltello sporco di cibo, puntandolo contro Axel. «Devi tenere la bocca chiusa o potrai dire addio allo stipendio».

***

Quando mi siedo sul letto, nascondo subito la faccia fra le mani: non credo di esser mai stata messa così in imbarazzo davanti a tutto l'equipaggio.

«Credevi fosse meglio nascondere tutto ancora per molto?»

«No è che... no, niente. Forse hai ragione, è meglio così».

Si siede accanto a me e subito appoggio la testa sulla sua spalla.

«E poi ormai credo che tu l'abbia capito che tutto quello che ho fatto era solo per cercare di nascondere i miei sentimenti».

Annuisco distrattamente. «Stai cercando di raggirarmi, Brunnos?»

Mi guarda sbattendo le palpebre. «Perché dovrei? Sei una delle poche persone che non odio».

«Ah. Mi fa piacere. Perché so che tipo di politico tu sia: hai ingannato parecchie persone negli wakin con la forza delle parole, potrebbe essere un'altra delle tue mosse. Ho scelto di fidarmi di te e spero davvero di non sbagliarmi».

«Non ti sto mentendo, Vivi... non di nuovo» mi risponde accarezzandomi una guancia. «Passare quel periodo insieme su Minerva mi ha fatto capire tanto. Non ti voglio raggirare: ci siamo detti troppe bugie, abbiamo finto troppo in questi wakin. Ci siamo nascosti dietro una facciata che non ci apparteneva. Avrei dovuto starti accanto già dai tempi della Coalizione, dammi la possibilità di dimostrarti che quelle erano semplici bugie e che quella che ti sto dicendo adesso sia la verità».

Annuisco, stringendogli una mano. Erix sorride, si china a darmi un bacio.

«Anche se non capisco perché continui a chiamarmi per cognome. Sembra quasi che tu mi odi ancora... o che tu voglia mettere una distanza fra noi».

«No è che... mi sono abituata a chiamarti così. Non ti odio, fidati. Non mi sembra di aver mai tirato giù la tua nave o averti fatto esplodere, insomma, in genere si capisce da queste cose se sopporto o meno una persona».

Ci guardiamo sorridendo appena, è veramente adorabile il modo in cui gli si formano le fossette sulle guance. Scoppia a ridere, stringendomi a sé.

«Comunque quando tutto questo sarà finito, riuscirò a dimostrarti che i politici non pensano solo alle parole».

«Scommettiamo?» gli chiedo sogghignando.

«E va bene, ma preparati a perdere».

«Non succederà».

«Ora che c'è?» borbotto quando il datapad vibra, alzandomi di malavoglia.

«C'è qualche problema?» mi chiede guardandomi preoccupato. Sono rimasta a fissare lo schermo, senza muovere un muscolo. Sono ol che continuiamo a lavorare per riprogrammare Minerva.

«Probabile, è l'ennesimo codice che non funziona» gli rispondo abbozzando un sorriso amaro. «Credevo fosse la volta buona e invece c'è qualcosa che ancora non è completo. Sono ol che ci lavoriamo, calcoli e prove. C'è solo da sperare e se e quando ne troviamo uno buono, pregare che Minerva lo accetti».

Sbuffa. «Numeri e segni. Che schifo».

«Sempre meglio dei tuoi inutili discorsi. Anche se preferivo quando facevi lo stronzo».

«Perché?»

«Perché non parlavi! E andavi dritto al punto».

Si alza, mi toglie il datapad di mano e lo appoggia di nuovo sul tavolo.

«Davvero?»

«Sì, davvero. Ho sempre amato i fatti. Ora, da bravo, spostati. Voglio andare a dormire». Si sposta per lasciarmi passare, ma noto che ha quel suo sorrisetto bastardo stampato in faccia. Sbadiglio, infilandomi sotto le coperte. Mi stringe a sé, come fa sempre da quando l'ho tirato fuori da quella prigione.

«Non credi sarebbe bello sapere che l'alba non porta un altro giorno di guerra?»

«Sì, ma non è parlando che si risolverà tutto questo. Sta' zitto e dormi che domani ci aspetta un'altra giornata di lavoro».


L'angolino buio e misterioso

...che carine le vostre illusioni. *affila le armi* immagino lo sappiate che da me l'angst straborda. Ecco, preparatevi, il peggio ha da arrivare *saltella via*

Ai confini del vuoto 1 - Progetto MinervaWhere stories live. Discover now