1. La scelta

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"Questa storia è coperta da copyright. Ogni riproduzione è vietata e perseguibile a norma di legge. ISBN: 9780244634209. "

Il sole calava all’orizzonte, tingendo il cielo di un arancione intenso, caldo, come l’abbraccio di cui sentivo un disperato bisogno, ma che negavo e rifiutavo con tutta me stessa, dopo quel rapporto andato in pezzi assieme al mio cuore

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Il sole calava all’orizzonte, tingendo il cielo di un arancione intenso, caldo, come l’abbraccio di cui sentivo un disperato bisogno, ma che negavo e rifiutavo con tutta me stessa, dopo quel rapporto andato in pezzi assieme al mio cuore. In fondo era la mia stessa anima a essere rimasta annichilita, inchiodata dal dolore in un limbo a cui, ormai, mi ero abituata. Vestivo una maschera di freddezza e distacco, su tacchi da dodici centimetri e un completo dal taglio maschile: un modo di gridare in silenzio al mondo il mio rifiuto, la mia sconfitta. Avevo smesso di essere sexy, di essere femminile, eppure, inserivo piccoli dettagli che potessero comunque ricordarmi che ero una donna.

La fortuna di essere una creativa era che in pochi badavano alle stranezze, ero normale anche io nell’essere sempre fuori posto, tranne quando passeggiavo lungo il viale del cimitero; lì nessuno aveva mai nulla da dire. I morti non parlavano e i cipressi non giudicavano, stavano solo a osservare l’ennesima vita che gli sfilava davanti.

Un corvo planò sulla strada, iniziando a beccare l’asfalto e fu come un richiamo, tanto che mi fermai ad ammirare il nero delle sue piume, vivido, che si tingeva di strani riflessi con la luce del tramonto. Si voltò e, per la prima volta in trentacinque anni, mi specchiai nei suoi occhi lucidi, profondi come un abisso. Iniziò a saltellare verso il muro di cinta del camposanto e lo seguii in modo istintivo, nonostante i tacchi affondassero nella ghiaia del parcheggio; infine cedetti e tolsi le scarpe, senza perderlo di vista.
Terminò la sua passeggiata ai piedi del vecchio salice, picchiettando col becco una radice che serpeggiava fuori dal terreno, poi spiccò il volo sparendo tra i suoi rami. Mi resi conto di sentirmi al sicuro e protetta, nascosta al mondo, sotto quell’ombrello decorato da una miriade di piccole foglie verdi. Ruotai su me stessa lasciando scorrere gli occhi sulle fronde piangenti, con lo sguardo meravigliato di una bambina, mentre un alito di vento le scuoteva facendole danzare per me.

«Non si dovrebbero seguire i corvi.»

Trasalii all’udire una voce, un sussurro limpido e profondo, che mi fece voltare di scatto. Un uomo era appoggiato al tronco con le braccia conserte e mi fissava con occhi magnetici, dello stesso verde brillante delle gemme del salice, incastonati in un viso affilato incorniciato da lunghi capelli neri, lucidi, che sembravano fili di seta.

«Non si dovrebbe prendere la gente alle spalle» replicai acida dopo un attimo di smarrimento.

«Non mi risulta di averti presa in alcun modo.»

«Sfrontato!»

Il suo sorriso divertito e la sua ostentata tranquillità mi irritavano, mi trasmettevano una fastidiosa sensazione di disagio, soprattutto la sua voce che mi arrivava diritta allo stomaco.

«Perché hai seguito il corvo?»

«Stupidaggini.»

Mi chinai per rimettere le scarpe, tuttavia lui mi fermò, afferrandomi il polso e tirandomi con forza a sé, serrandomi in una morsa che mi tolse il fiato.

«Adesso ti ho presa alle spalle» mi sussurrò con le labbra che mi sfioravano l’orecchio e la schiena che premeva sul suo petto.

«Perché?» mi chiese nuovamente.

«Non lo so.»

Quella risposta mi scivolò tra i denti, mentre cercavo di divincolarmi.
«Eppure, lo sai che i corvi possono spalancare una porta, la stessa che hai scelto di non attraversare per colpa sua, di un misero uomo.»

Rimasi gelata e smisi di agitarmi.

«Cosa ne sai tu?»

«Era qui che giocavi da bambina, qui hai sotterrato quel corvo e versato tante lacrime, ma hai scelto di dimenticarlo.»

Come in un film, rividi le immagini che lui stava descrivendo, ricordando anni della mia vita che avevo del tutto rimosso.

«Sei arrivata a un bivio e non avrai un’altra possibilità. Se oltrepasserai la porta sarà per sempre, se non lo farai, resterai semplicemente in questo mondo, dove non trovi un posto.»

«Cosa c’è oltre?»

«Vuoi seguire ancora il corvo?»

«Non posso seguire un maledetto uccello, adesso lasciami!» gli gridai cercando una fuga.

«Chi ti ha ferita, tradita, umiliata? Il corvo o un uomo?»

«Smettila, è solo un corvo, solo un dannatissimo corvo!»

«Allora perché sei tornata?»

Il mio corpo si irrigidì al ricordo di quel Corvo che veniva a bussare nei miei sogni, che mi parlava e mi raccontava mille storie, che un giorno mi baciò e mi disse che poteva farlo solo lì.

Una lacrima scivolò sulla mia guancia.

«Il Corvo.»

La sua stretta si sciolse restituendomi la libertà agognata, solo che non volevo più fuggire.

«Ti ho ferita?»

«Non hai neppure capito quanto. Non sei diverso dagli uomini con cui ti ho sostituito.»

Udii il rumore di un’auto, che solitaria si allontanava dal cimitero, mentre le gomme slittavano sullo stabilizzato, proprio come me sulla verità che non volevo affrontare.

«Ti avevo chiesto di stare con me.»

«No, tu mi hai detto che potevamo amarci solo in un mondo che non esiste!»

«Io esisto.»

Mi voltai per guardarlo in faccia.

«Davvero? Io ti ricordo solo nei miei sogni.»

«I sogni esistono.»

«Ma io sono fatta di carne e ossa!»

Si avvicinò e mi accarezzò per asciugare le lacrime.

«Io sono il tuo Corvo, tu mi hai liberato. Scegli e ti mostrerò quanto posso essere reale e quanto lo sia il mio mondo.»

Serrai le labbra, scuotendo appena il capo, la ragione si opponeva al cuore, che mi scoppiava nel petto.

«Devi solo dire il mio nome.»

Le sue labbra morbide e calde sfiorarono le mie, delicate, eppure rammentavo bene quanto sapessero essere avide e affamate.

«Scegli» mi ripeté.

«Heréin.»

La sua bocca mi catturò con passione e mi tolse letteralmente il fiato, privandomi dell’ossigeno e impedendomi di inspirare. Iniziai a soffocare, cercando di staccarmi da Heréin, che non sembrava nemmeno accorgersi dei pugni sul petto. Tuttavia, nel momento in cui aprì le palpebre e mi specchiai nei suoi occhi, divenuti neri come un abisso senza fondo, compresi che fosse ben consapevole di cosa mi stava facendo. Strinsi la sua camicia, del loro stesso colore, e mi abbandonai a una morte certa.

Lui era Heréin, il Nero Corvo del Regno di Hen, e solo ora iniziavo a capire il senso di quel nome.

Nero Corvo 🔒Where stories live. Discover now