Fatto sta che i riccioli tanto simili a quelli di Min ed il fisico slanciato fecero vibrare in me corde segrete, attirandomi inesorabilmente al suo cospetto.

Aggiustai gli occhiali sul naso, prendendo un gran respiro prima di buttarmi.

Il giovane mi precedette a sorpresa, volgendosi con stampato in volto un sorriso imbarazzato.

Ci fissammo in silenzio, ciascuno perso dentro insondabili pensieri.

"Ciao" disse, allungandosi per permettermi di udire la sua voce, soffocata dall'ennesimo brano sparato a tutto volume.

"Ciao" risposi, stringendo nervosamente il mojito annacquato.

"Non so perché sei corso qua, ma è ok! Cioè... Alla fine non mi dispiace!" sillabò in un Inglese dall'andatura lenta ed un po' incerta.

Riconobbi l'accento come Italiano, e la cosa mi rese felice.

Mi piacevano gli Italiani, specie quelli provenienti dal sud del paese.

"Sei Italiano?" chiesi, accostandomi.

"Esatto!" rise "È il mio pessimo Inglese, giusto?"

"Cosa?" domandai, facendogli cenno di seguirmi in un angolo più tranquillo.

Volevo parlare, nel tentativo di dare forma al gomitolo di curiosità suscitato dalla sua focosa presenza.

"Marco" fece, tendendo la mano.

"Michael" risposi, afferrandola saldamente.

"Piacere di conoscerti" aggiunse, poggiandosi mollemente al muro.

"Vuoi ballare?"

"Nah, sto solo cercando compagnia..." dissi rendendomi conto troppo tardi, di quanto ambigua suonasse tale frase.

"Anch'io" rispose, piegando le labbra in un sorrisetto compiaciuto.

"Ti va di fartelo succhiare?" chiese con naturalezza disarmante.

"Sono bravo!" rise.

Alzai il capo incrociando le iridi scure del giovane, illuminate da semplice ed assai prosaico desiderio.

Voleva solo scopare, tutto qua.

Spompinare qualcuno, farselo succhiare...

"Allora? Ti va?" insistette, mentre il suo sguardo si faceva sempre più liquido, torbido di lussuria.

"No" risposi, abbandonandolo sul posto.

"Vaffanculo!" mi gridò dietro quando svanii tra la calca.

Fuggii in bagno, senza tuttavia trovare pace.

C'erano diversi avventori tra le mura a piastrelle verde acqua, e due di essi si stavano divertendo parecchio.

Stanco ed esasperato misi fine alla serata, abbandonando il bicchiere sul primo tavolo disponibile.

Senza guardare spinsi la folla assiepata, sino a farmi strada verso l'uscita.

Una volta fuori il freddo della notte schiaffeggiò il viso sudato, intensificando il mio malessere.

"Merda" sussurrai scivolando via.

A spalle chine attraversai la via dinnanzi al Vaudeville, incamminandomi mestamente verso casa.

Durante il tragitto ripensai a quanto accaduto, dipingendo nella mente un quadro a tinte smorte che mi vedeva sconfitto su tutta la linea.

Min poteva regalarmi tutto il sesso possibile ed immaginabile.

Esaudire ogni desiderio o perversione senza battere ciglio, o porre limitazioni di sorta.

Non aveva senso andare in posti come il Vaudeville.

Non aveva senso farsi spompinare nei bagni o concedersi un incontro causale, perché Min poteva offrimi ogni cosa ad un livello di perfezione tale, da far impallidire tutto il resto.

In quanto all'amore, sembrava complicato trovarlo in tempi brevi, e frequentando locali notturni.

Le probabilità di beccare l'anima gemella apparivano risicate, e troppo remote per costituire un rimedio al problema.

L'incubus teneva le mie pulsioni strette per le palle, rendendomi del tutto inerme.

Quando giunsi in prossimità di casa, vidi le luci del soggiorno accese.

Min, era già arrivato.

Entrai nell'appartamento diviso tra paura, e la voglia tremenda di abbracciarlo.

"Ciao" disse, facendo capolino dalla porta.

Indossava una t-shirt soffice a righine rosso-arancio su fondo bianco, e dei jeans slavati.

Ai piedi, dei calzerotti arancioni.

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