«A trecentosessanta gradi! Dannazione, ascoltami quando spiego il piano!» urlo ad Aesta prima di precipitarmi al mio posto – conosco fin troppo bene Axel: sfrutterà l'occasione per qualcuna delle sue mosse avventate che fanno finire sul pavimento.

Eppure, tutta quell'adrenalina di pochi ked fa è sparita in un attimo: alcune navi sono state destabilizzate, ma la potenza di Minerva non era abbastanza per farle andare in mille pezzi ed è bastato poco a mettere fine alla battaglia a cui abbiamo dato inizio e la fuga che progettavamo. Un colpo ben piazzato al motore ha rovinato tutti i nostri piani.

L'atterraggio d'emergenza è riuscito, ma abbiamo un motore in avaria e non riusciamo a stabilire un contatto con il resto della flotta; probabilmente i danni sono maggiori di quel che sembrano.

Sento la testa pulsare: il contraccolpo al sedile non è stato lieve – maledetta forza di inerzia. Sgancio la cintura, cercando di mettermi in piedi: la gravità non è più artificiale, non è più costante e uguale a quella di Lemuria. È quella reale, del pianeta nel centro dei territori dell'Alleanza su cui ci siamo schiantati.

«Comandante, ci sono uomini armati là fuori: hanno circondato la nave e si stanno avvicinando».

«Dove siamo atterrati?» chiedo appoggiandomi alla balaustra. Poco sotto, sul ponte, molte delle postazioni di controllo sono fuori uso: su tutti gli schermi in simultanea lampeggia la scritta "Errore". I sistemi sono fuori uso: impossibile contattare la base, improbabile ripartire.

Fuori, quel che riesco a vedere da uno degli oblò, sono solo rocce rossicce mezze nascoste dal mio riflesso, ma per quanto ci provi a non farlo, seguo i miei movimenti: mi tolgo il cappello, passando una mano tra i capelli castani che mi arrivano poco sotto l'orecchio, ma l'abbasso quasi subito, lasciando cadere a terra quei pochi che si erano impigliati fra le dita.

Osservo per un attimo la piccola stella cadente posizionata nel centro del capello, risistemandolo subito in testa. Sospiro, incrociando le braccia dietro la schiena e tornando a guardare l'equipaggio, aspettando una risposta alla domanda.

«I comandi non funzionano, la posizione è sconosciuta» mi risponde un ufficiale. Scendo le scale che dal ponte di comando portano a quello di controllo quasi a corsa: la situazione non è delle più felici, fuori è una distesa di rocce rosse dalle striature giallastre e la zona mi appare quasi familiari, ma cerco in tutti i modi di scacciare quel presentimento. Se davvero ci avessero attirato vicino all'Atlantis, il nostro rifiuto di collaborazione darebbe loro il pretesto per mandarmi a morte senza nemmeno un processo.

«Complimenti per l'atterraggio» ghigna Aesta, spostando con un gesto fluido la treccia di capelli rossi sulla schiena.

«Sta' zitta. Non potevo portare la nave oltre questo pianeta» sbotta Axel alzandosi dalla sua postazione: superando anche Aesta in altezza è facile notare da lontano lui e la cesta di capelli biondi spettinati che ha in testa.

Mi faccio largo tra l'equipaggio ormai affollato sul ponte, raggiungendo i due. «Sarei più felice se vi prendeste un caffè in silenzio, piuttosto che fare una rissa inutile».

«Ma le risse servono a scaricare la tensione e io ne ho un gran bisogno» sibila Aesta facendo scrocchiare le nocche. L'afferro per un orecchio un attimo prima che molli un pugno ad Axel.

«Litigate ora e vi uso come merce di scambio per ripartire».

«Sissignore» borbottano in coro continuando a guardarsi male. Lascio andare Aesta, sospirando e scuotendo la testa.

«Vivi, camminare avanti e indietro sul ponte non ci darà la soluzione del problema che sta là fuori» sbotta Axel dopo qualche istante di silenzio.

Ai confini del vuoto 1 - Progetto MinervaWhere stories live. Discover now