❇ 14) Dall'alba al tramonto

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«Non sai un cazzo di quello che è successo nelle ultime settimane, non dovevi invitarlo qui.»
Dissi innervosita, indossando degli indumenti puliti e legando i capelli in una leggera coda bassa.

«Non è un mio problema, se ultimamente hai deciso di non condividere più nemmeno con me, ciò che succede nella tua vita!» Rispose, con la sua solita durezza , che io sapevo in realtà nascondeva tutto il suo dispiacere.

«Forse perché non lo so neanche io quello che mi sta succedendo!» Risposi a mia volta, talmente colma di rabbia, da essere sul punto di esplodere in un liberatorio pianto nervoso.

«Hai paura perché ti stai innamorando di qualcuno che non è Fabrizio e non sai come uscirne!»
Un pugno in pieno volto, avrebbe fatto meno male, di quello che mi aveva appena urlato contro Marta, dritto in faccia.

Annuì, ma senza replicare.
Mi diressi in bagno, sciacquando il viso dal trucco sbavato della sera prima e mi truccai nuovamente, cercando di rimuovere i segni dei miei tormenti.
Ma quello che mi logorava, era dentro di me e non sarebbe bastato un buon struccante, per rimuoverlo.

«Che intendi fare?»
Esclamò Marta, raggiungendomi e passandomi il mio rossetto preferito, il Teddy Velvet di Mac, come un invito a metterlo.

«Intendo essere gentile.
Intendo vivermi tutto quello che Fabrizio può offrirmi senza precludermi nulla.»

«Vivi dei momenti con lui, solo se pensi che ne valga veramente la pena.»

« Tu non hai la minima idea di quello che quell'uomo racchiude in sé.»

«Guarda che io l'ho capito, che è cotto al puntino. Solo tu non riesci a leggerlo nel modo giusto.»

Avevano appena suonato al citofono, e almeno che non fosse uno dei corrieri per le consegne dei nostri acquisti online, attendevamo solo l'arrivo di Moro.

«È lui!»
Esclamò Marta, più in fibrillazione di me.

Le chiesi se il mio abbigliamento andava bene e lei agitò il pollice, intimandomi ad aprire.

Fabrizio, e i suoi sensuali e penetranti occhi neri, erano di nuovo di fronte a me.
Per un attimo, ebbi la sensazione di non sapere più dove mi trovassi.
Era riuscito a catapultare tutto il mio interesse su di lui.

«Cos'è quel faccino?»
Chiese, avvolgendomi in un abbraccio, che aveva spezzato in due il mio respiro.

«Sono solo molto stanca.»
Avevo riposato ma non era servito a molto, se anche Fabrizio continuava a vedermi sotto tono.

Decisi di farlo entrare in casa, di presentargli Marta che lo aveva accolto con un sorriso.
Quest'ultima doveva recarsi a lavoro e quindi, avremmo anche potuto rimanere da soli a casa, senza decidere di andare in giro per avere un po di intimità.

La vidi come una buona idea.

Famme vede un po...
Esclamò Fabrizio, prendendomi per mano, desideroso di vedere il resto della casa.

Gli mostrai la piccola cucina inutilizzata, il salotto abitabile, dando poca importanza ai due bagni e alla camera di Marta.
Ci soffermammo sulla mia di stanza.
Era decisamente più ampia di quella di Marta, che in questo era stata proprio adorabile, permettendomi di avere una piccola scrivania in cui lavorare anche fino a notte tarda.

«È così è questo il tuo piccolo mondo?»

«I miei scritti migliori nascono sempre qui.»

«È qui che uccidi la gente con le tue parole? »
Fabrizio aveva gettato quella battuta con sarcasmo, senza pensare al peso, che poteva assumere per me.
Rimasi stranita, e mi voltai, per non farglielo capire, continuando a fare da cicerone in quelle quattro mura.

«Ho detto qualcosa che non va? Guarda che stavo a scherzà
Disse, trascinandomi da un braccio, verso di lui.

Ero talmente a terra che anche una banale frase gettata lì, diventava un ostacolo insormontabile a cui non poter ribattere a dovere.
Stavo cercando di capire dove fosse finita tutta la mia maestria nel farlo.

Iniziò ad accarezzarmi i capelli e spontaneamente chiusi gli occhi, tentando di lasciarmi andare.
Ci riuscì.
Ero di nuovo fra le sue braccia, in silenzio, a fare la cosa che ci riusciva meglio: scambiarci la pelle.

L'unica primavera che mi esplodeva addosso era il suo profumo, che mi guidava, verso la ricerca di una piacevole sensazione di benessere.
Le sue mani su di me, si facevano largo, per scoprirmi da quella stoffa di troppo, che mi copriva.

Mi stesi su di lui, ormai a coprirmi, c'era solo un completino d'intimo per niente sexy, mentre lui, era quasi del tutto vestito.
Iniziai a vagare sui suoi pettorali, sfiorandoli con le labbra, mentre Fabrizio accarezzava ancora i miei capelli.
Lo privai di ciò che lo copriva e iniziai a danzare su di lui.
Sorrise, soddisfatto, prima di decidere di invertire la posizione.
Ora, era lui a proteggermi col suo corpo.

Lo squillo insistente del suo cellulare, lo indusse a doversi staccare da me, dopo esserci consumati vicendevolmente, di focosa passione.

Dal tono della sua voce, capì che si trattava di suo figlio, che quasi lo implorava di raggiungerlo.
Fabrizio, non appena quella telefonata fu interrotta, si sedette nuovamente sul letto, ancora a petto nudo, sostenendosi la testa con le mani, poggiato alle sue ginocchia.

«Forse, dovresti trascorrere più tempo con loro.»
Dissi, cercando di essere il meno irruenta possibile, nella speranza di trovare il modo per farlo sfogare.
Era quello di cui aveva bisogno.

«Vorrei tanto non aver distrutto la mia famiglia...»

«Una famiglia non si distrugge solo perché una madre e un padre smettono di amarsi.»

«Io e Gisella, la madre dei miei figli, abbiamo smesso di rispettarci. E questo, inevitabilmente, si è ripercorso sul mio rapporto con i bambini.
Lei gli trasmette tutta la rabbia che prova nei miei confronti e il più delle volte, inventa mille scuse per non farmeli vedere. Quindi, anche se decidessi follemente di tornare a Roma, non servirebbe a nulla, serve sempre il suo consenso.»

«Mi stai dicendo che non ti permette, che so, di fare un improvvisata ai tuoi bambini?»

«Non sono ammesse sorprese improvvise, ma solo incontri prestabiliti.»

«Mi sono sempre chiesta quali tormenti nascondevi in fondo al cuore, adesso ho capito.»

Fabrizio stese una mano verso di me, io la afferrai, trascinandolo sotto le mie coperte, pronte ad accoglierlo di nuovo.
Eravamo ancora svestiti, ma la voglia di consumarsi, aveva lasciato spazio al piacere di riscoprirsi fragili e senza difese.
Quel barlume di insicurezza, che riuscivo a scorgere nel suo sguardo devastato da quella chiamata d'imploro, mi fece desistere dal pormi delle domande su quello che potevo provare per lui.

Non aveva bisogno di ulteriori dubbi ma di qualcosa di certo.
Io ero cumulo di situazioni irrisolte, ed ero la certezza più improbabile a cui affidarsi, ma potevo essere la sua ancora di salvezza.
La sua via di fuga.
Perché lui, era stata la mia.

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Non abbiamo armi {MetaMoro}Where stories live. Discover now