Il segreto di Lara

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Marco si svegliò di soprassalto, con un'improvvisa ansia addosso. Sentiva che qualcosa non andava, senza però avere idea di quale fosse la causa. Nessuna luce filtrava dalle persiane chiuse. Doveva essere molto presto.

Con gli occhi ancora impastati di sonno armeggiò con il cellulare sul comodino, per controllare l'ora. Le sette, dannazione! La sveglia non aveva suonato in tempo.

Si mise di scatto a sedere nel letto matrimoniale, tristemente deserto sul lato destro, mentre il primo barlume di lucidità si faceva strada nella sua mente annebbiata: era domenica. Per quello l'odioso trillo non si era fatto sentire...

Si appoggiò alla testiera imbottita, con un sospiro di sollievo. Quella mattina non ce l'avrebbe proprio fatta a prepararsi per arrivare in ufficio in tempo. E nessuno meglio di lui sapeva quanto fosse paranoico il suo capo sulla questione degli orari. Un pensiero amaro sulla sua condizione lavorativa gli lambì la mente. Lo scacciò passandosi una mano davanti agli occhi, inconsapevolmente.

In pochi anni Marco era passato da essere padrone della propria vita professionale a schiavo in un piccolo studio di assistenza fiscale di periferia. Da consulente apprezzato e impegnatissimo, che disponeva del suo tempo con grande autonomia e imponeva agli altri i propri ritmi, anche forsennati quando necessario, a ultimo degli impiegati, dove più che la qualità del suo lavoro contava la precisione delle sue timbrature, sei giorni a settimana.

Imprevedibili rovesci della vita lavorativa. Ma che traevano la propria linfa avvelenata da radici piantate ben in profondità in quelli della sua vita privata, che davvero era un disastro da anni.

Avrebbe dovuto rilassarsi, sapendo che non c'era fretta quella mattina, eppure qualcosa di impalpabile lo tormentava. Un presentimento, forse. Riguardò meglio il cellulare, ora che la vista si era un po' schiarita. Notò l'inconfondibile simbolo delle chiamate perse vicino alla cornice superiore. Fece scorrere il dito verso il basso e lesse: cinque telefonate da sua figlia Lara. Tutte fra le tre e le tre e mezza.

Eppure lei sapeva bene che il padre lo teneva in modalità silenziosa, quando dormiva. Non voleva essere disturbato dalle notifiche dei social network di cui faceva parte, o dal trillo di qualche spam notturno. Marco era consapevole del rischio di togliere la suoneria al cellulare quando lei era fuori, avendo rinunciato al telefono fisso, ma proprio non sopportava di essere svegliato nel cuore della notte: avrebbe fatto terribilmente fatica a riaddormentarsi. Troppi pensieri, troppi rancori lo tormentavano ancora, dai giorni della tumultuosa separazione.

Quel retrogusto amaro non lo aveva abbandonato, neanche a distanza di tre anni. La fine dei litigi quotidiani davanti alla figlia, delle scenate che lui e la ex moglie si regalavano vicendevolmente a giorni alterni, non lo ripagava della solitudine astiosa che era seguita al loro addio legalizzato.

La ragazza, quasi maggiorenne all'epoca, era rimasta a vivere con la madre, chiudendosi in una muta sofferenza e abbandonando gli studi dopo il diploma, forse per protesta contro i genitori. Lui, trovatosi solo, senza un vero progetto per il futuro, si era dovuto ricreare una pseudo vita da scapolo incattivito e insoddisfatto, a cinquant'anni.

Aveva messo da parte parecchio denaro durante la carriera lavorativa. Una bella sommetta che aveva potuto tenere per sé, avendo lasciato alla moglie il lussuoso attico in centro, nel quale avevano vissuto da sposati. Lei aveva anche un buon lavoro da architetto, quindi non doveva mantenerla, potendosi così arrangiare a vivere con il misero stipendio.

Nonostante le consistenti disponibilità finanziarie, aveva preferito trasferirsi in un modesto bilocale in periferia. I tempi dei successi e dei ricchi compensi erano lontani e lui trovava quella sistemazione dimessa più in accordo con la sua triste condizione attuale. Ma c'era di più. Lo tranquillizzava pensare che avrebbe potuto permettersi quel piccolo ed economico rifugio per sempre, con i suoi risparmi, anche se avesse perso nuovamente il lavoro; prospettiva non del tutto remota, visto i cattivi rapporti che aveva con il suo principale. Sapere di avere le spalle coperte, in caso di nuovi sgambetti della vita, lo faceva sentire meno vulnerabile.

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