❇ 4) Seconda parte

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Il colpo di grazia Ermal, me lo diede mixando la canzone di Lucio alla sua "Luci di Roma."
Come avesse messo in atto, l'impressione che io avevo confessato poco prima a lui.
Cesare iniziò ad applaudire, così come Fabrizio e me.

«Cosa vuoi che canti, Frida? » Chiese poco dopo Fabrizio, cercando di accordare una chitarra, seduto su uno sgabello di fortuna.

Avrei voluto dirgli di togliersi quel capello e quegli occhiali da vista, che non mi facevano godere al pieno la visione del suo viso sporco di rabbia.
Il suo sguardo, era un incognita per me, nascosto dalla nebbia dei suoi soffocati tormenti.

«Perché me lo chiedi?» dissi, alzandomi dal divano e incrociando le braccia.
Lo stavo puntando da qualche secondo.

«Vorrei sapere se conosci un po del mio repertorio.» rispose, ironizzando.

«È un interrogazione?» Chiesi, avvicinandomi ancora.

Era impossibile capire chi fosse più in difficoltà tra i due.

«Qualcosa del genere...» rispose, tentando di ridimensionare quel confronto.

«Sai, in uno dei miei articoli dedicati a te, ho scritto che i tuoi migliori testi tu li hai donati ad altri. Quindi, ti direi "un'altra vita".»

Fabrizio sfiorò con le sue dita le corde di quella chitarra, come se mi stesse gridando in faccia, "ti rispondo con la mia musica."

Mi sedetti di nuovo, ripresi in mano il mio Ipad, tentando di scrivere le mie impressioni su di lui, come avevo fatto con tutti fino ad allora.

Fabrizio Moro aveva quell'aria da delinquente e bad boy, ma quando sorrideva, emanava un naturale fascino che era pronto a farti dimenticare il tuo nome.

Cancella, cancella Frida.

Rimuovi dalla tua memoria tutto quello che pensi quell'uomo possa aver smosso in te.

Moro era solo un idiota con una voce strozzata dall'alcol che faceva dei testi carini solo da ubriaco, che si vestiva come uno appena uscito di prigione.

Provai a provare disprezzo per quello che stavo ascoltando e per chi lo stava eseguendo, ma ogni mio tentativo fu vano.
Non riuscì a mettere a fuoco nulla, a scrivere qualcosa di più sostanzioso di un semplice punto interrogativo.

🎵 Un'altra vita, insieme a te...

Lo strazio era finito, no, aveva appena avuto inizio.
Fabrizio continuò a suonare una melodia che conoscevo bene, che mi riportava indietro alle mie estati trascorse sulla costiera amalfitana con i miei nonni che non c'erano più.

"Caruso" di Lucio Dalla, era la colonna sonora della mia infanzia e un uomo che mal digerivo la stava cantando nel modo più passionale che conoscevo.

🎵 Un uomo abbraccia una ragazza
Dopo che aveva pianto
Poi si schiarisce la voce
E ricomincia il canto

Sentivo passare in ogni vena del corpo quel testo, stava distruggendo ogni mio equilibrio.

Cercai di camuffare qualche lacrima abbassando lo sguardo, gettando il tablet sul divano e prendendo in mano il cellulare, dirigendomi sul balcone a prendere aria.

Dopo quella mia sfuriata, sentì nuovamente suonare, forse Cesare ed Ermal stavano continuando, ma non sentivo più la voce di Fabrizio.

Moro era proprio alle mie spalle, mi aveva raggiunto.

Non mi ero mai soffermata a guardarlo come quella notte, anche se la vista era offuscata da qualche umida lacrima, il suo viso ero riuscita a metterlo a fuoco.

Aveva tolto tutto quello che mi impediva di guardarlo nel modo che piaceva a me, senza aver bisogno di nascondersi con tutta quella roba che non gli rendeva giustizia.
Un cappello, gli occhiali, delle collane.

Si era precipitato da me subito, dopo aver notato la difficoltà con cui avevo consumato quella sua esibizione.
Non ero riuscita a scrivere nulla sul suo modo di cantare, la sua voce mi aveva fatto viaggiare in luoghi che mi sembrava di non conoscere più e che avevo paura di visitare di nuovo.
Quei luoghi avevano devastato la parte sana di me.
Niente a che vedere con il ricordo della mia famiglia, quella era solo la scusa migliore per venire fuori dall'interrogatorio a cui Fabrizio mi stava per sottoporre.

«Ho pensato alla mia famiglia a Miami tutto qui, non è stata la tua voce a commuovermi.» dissi, sminuendo le mie stesse emozioni.

«Ti sei commossa!»

«Se non ti accorgi nemmeno delle emozioni che puoi donare alla gente come puoi ritenerti un artista.» Ribattei, innervosita dalla sua finta indifferenza.

«Se non me ne fossi accorti non ti avrei mai seguito. È solo che volevo sdrammatizzare, non so gestire le mie di emozioni, figuriamoci quelle di qualcun altro.»
Era onesto da parte sua, metterla sul piano dell'insicurezza.
Per una volta, risultava vero ai miei occhi.
Non era la caricatura di se stesso, ma solo un uomo incerto e fottutamente sensuale.
La sua mascolinità mi destabilizzava.
Mandava a puttane la mia razionalità.

«Hai semplicemente colto la palla al balzo per uscire a fumare.» banalizzai.

«Con te è successo qualcosa che non mi aspettavo.»
Effettivamente Fabrizio, la sigaretta non l'aveva ancora accesa, a dirla tutta non aveva neanche il pacchetto fra le mani.

«Stai tranquillo, non succederà più.»
Eravamo all'aria aperta ma improvvisamente, sentì il respiro spezzarsi.
Dovevo tornare dentro.

«È troppo difficile per te mostrare un po' delle tue debolezze.»

«Tu hai mai confessato i tuoi tormenti a uno sconosciuto?»

«Per un diffidente come me, è stato già tanto inseguirti.»

«Non ho bisogno di essere consolata da te!» lo provocai, mentre lui continuava a stringere il mio braccio per evitare che rientrassi.

«Credo che tu ti stia spingendo un po troppo oltre. Volevo solo essere gentile per una volta. Tutto qui.»

«Apprezzo la tua gentilezza allora. Ma posso anche farne a meno.»

«Ritorna di là, fai come te pare. Ma sappi che le tue parole nei miei confronti mi hanno colpito più delle tue critiche. Sei riuscita a scavarmi dentro in qualche modo e non tutti ci riescono.
Mi sono sentito capito, come non succedeva da tanto tempo.
Quindi grazie Frida. »
Mi porse la sua mano, che avrei voluto stringere e farla esplorare il mio corpo, ma anche evitare di sfiorarla per il fastidio che mi avrebbe provocato.

«Credo di poterti reggere ancora per qualche ora.»
Avevo urlato in faccia a Fabrizio, dopo essermi resa conto che avrei dovuto sopportare la sua presenza fino al nostro rientro in albergo.

Lui ed Ermal ne avevano scelto uno sofisticato, elegante.
Avrei trascorso la notte, anzi quelle poche ore che mancavano dal sorgere del sole, stretta tra le lenzuola color lavanda di una di quelle stanze.
Col pensiero fisso a colui che avrei voluto portare con me, in quel calore che stava invadendo il mio corpo.

Era buffo come il destino, mi stava mettendo di nuovo di fronte lo stesso uomo con cui mi i miei attriti interiori si erano scontrati poco prima.

Fabrizio, aveva spostato la tenda dalla grande porta finestra che divideva la sua camera dal terrazzino.
E io, potevo benissimo vederlo di fronte a me, dalla mia stanza.

Lui non mi aveva ancora notata, mentre io continuavo ad osservare ogni suo movimento.
Si era sfilato la giacca di pelle e l'aveva gettata in qualche punto lontano dal letto.

Avrei voluto sfiorarlo, attraverso tutte quelle nostre distanze.






❇ Angolo Autrice

Lo so, avrei dovuto aggiornare domani, ma sapevo già di non poterlo fare, e non volevo lasciarvi in sospeso fino a lunedì.
Poi, colgo anche l'occasione per ringraziarvi, perché abbiamo raggiunto le mille letture e non me lo aspettavo in così poco tempo. ❤
Ne sono davvero grata.

Al prossimo aggiornamento. ❤

Non abbiamo armi {MetaMoro}Where stories live. Discover now