12 - Alle nove passa a prendermi. Stronzo...

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Mi avvicino ancora, ormai l'ho raggiunta. Avvicino lentamente la bocca al suo collo, ne inspiro il profumo e solo in un istante arriva a colpirmi il cervello, sfondando tutti i sensi contemporaneamente. Lei ha un sorriso appena accennato, mentre cosparge di cacao amaro la superficie della crema, creando un cuore con l'aiuto di uno stencil.

Le tiro con delicatezza una manica della maglietta che indossa, scoprendole appena la spalla. Lei scosta la testa di lato, offrendola con desiderio al mio respiro.
Famelico come Dracula, lei è la mia Mina.

Ansima...

Avvicino le labbra alla sua pelle, sto per sentirne il calore.

Bip... bip... bip... bip...

«Maledizione!»
Il frigo si lamenta per esser stato sedotto e abbandonato così, con l'anta spalancata a prendere aria.

Apro gli occhi e torno alla realtà: il frigo è più deserto del polo nord e Abigail non è qui con me, a farsi baciare mentre mi prepara il tiramisù.

Uffa!

Sbuffo capriccioso.
Alla sua assenza non posso porre rimedio, per ora. Per il frigo, però, qualcosa posso fare.

* * *

Al supermercato c'è coda in cassa.

Colpa di quella nuova. È poco più che una ragazzina, forse un po' lenta e impacciata ma molto educata e gentile.

È una morettina di vent'anni scarsi, minuta e delicata come un fiore di camomilla. Il targhettino in finto oro che porta appeso sul seno sinistro, dice a tutti che si chiama Alice.

Mi sarebbe piaciuto avere una Alice nella mia vita...

Una sorellina, come lei. L'avrei protetta, coccolata, probabilmente straviziata. Il destino ha invece voluto che, prima di me, nascesse un figlio unico.

Così s'è sempre sentito, così tutti i parenti hanno sempre fatto in modo si sentisse. Il palco era suo anche quando era mio, e mi toccava sgomitare come un pazzo per ritagliarmi l'attenzione di cinque minuti, che quando li avevo non sapevo più manco che volevo farci con quei cinque minuti.

Finivano presto, sempre senza che fossi riuscito a combinare granchè, a parte fare il buffone senza grossi risultati.

Finivano sempre troppo presto, quei cinque minuti. Finivano come finisce la cioccolata. Troppo presto, appunto.

La fila avanza di qualche passo. Un fortunato è riuscito a pagare.
Qualcuno bisbiglia: beato lui!

Sono ancora assorto nelle mie fantasie quando squilla un cellulare.

Echoes dei The Rapture riempie l'enorme ambiente del supermercato, facendo girare verso il sottoscritto tutti i componenti di quel lungo serpentone antropomorfo.

Il nome sul telefono mi storce lo stomaco al rovescio. Tre volte.
A malavoglia, rispondo.

«Pronto...»
«Gianni?»

Quel nome...
Dio, quel maledetto nome!

Mi suscita sensazioni disturbanti. Sono panni ormai troppo piccoli, troppo stretti per essere indossati a ventisei anni. Un vestito in cui non mi sento più comodo, le cui maniche, per quanto mi possa sforzare di tirarle e aggiustarle, arrivano impietosamente ai gomiti.

Non sono più io, quello.
Non lo sono più da molto tempo, ormai. Il tempo passa per tutti.

Quando lo capirà che è passato anche per me?

La Frattura [Completa - In perpetua revisione]Where stories live. Discover now