17. Fratelli giganti e buoni

22.1K 1K 424
                                    

▶️Bruno Mars - That's What I Like

Parte Seconda

Una volta posizionata davanti alla porta della stanza 113, alzai lo sguardo sulla figura atletica appartenente a Matt - in piedi al mio fianco - nel mentre che si passava - per l'ennesima volta in un arco di dieci minuti - il palmo della mano lungo la superficie dei capelli.
Era talmente nervoso, che pensai che da un momento all'altro potesse svenire e distendersi lungo il pavimento del corridoio della Columbia.
Cercai quindi di alzare gli angoli delle mie labbra all'insù, rivolgendogli un sorriso - più che gentile - con l'intento di incoraggiarlo.

Ricevetti un accenno della testa da parte sua e dopo aver annuito in sua direzione, alzai un pugno ben stretto verso la superficie in legno della porta, bussando tre volte su essa.
Non ottenni, però, alcuna risposta con il permesso di farci entrare.
Alzai nuovamente la mano e riprovai a bussare, ottenendo - inutilmente - alcuna risposta.
Spostai lo sguardo su Matt, che aveva trasformato l'espressione del volto in una smorfia, segnando il quanto evidentemente si stesse preoccupando. "Probabilmente sarà uscito." Optai ad una soluzione, studiando nel frattempo le linee che si formarono sulla sua fronte leggermente aggrottata, donandogli un'aspetto molto severo.

Allungò una mano in direzione della maniglia al mio fianco e con una pressione delle dita, fece capolinea sulla soglia della porta, bloccandosi immediatamente all'immagine che ci si piazzò davanti.

Distolsi lo sguardo dalla sua figura atletica, per riporla sulla grande sagoma distesa sul morbido tappeto grigio, che ricopriva il pavimento bianco della stanza. "Isaac!" Alzai di gradi la tonalità di voce, probabilmente per l'impatto improvviso, portandomi i palmi delle mani alla bocca nel mentre che mi inginocchiavo al suo fianco. Spostai i capelli - che mi erano caduti sulla fronte - dietro all'orecchio prima di sfiorare la sua fronte, sentendo il calore eccessivo che emanava la sua pelle. "Scotta, ha la febbre." Contastai dopo essermi assicurata che non avesse ferite, lividi o qualunque altra traccia che mi avrebbe fatto pensare agli incontri al Blue's. "Matt, aiutami a metterlo a letto." Chiesi al ragazzo ancora in piede sulla soglia della porta, intento a guardare in silenzio la scena davanti a sè. Scosse la testa, come a voler mandar via i pensieri che avevano preso posto nella sua mente, dirigendosi - un attimo più tardi - in mia direzione.

Si abbassò sui talloni e allungò le mani lungo il corpo di Isaac, che in quel momento era soltanto un ammasso di muscoli pesanti.
"Sei troppo minuta, lascia fare a me." Parlò Matt guadagnandosi un'occhiataccia per avermi definita minutta, prima di portarsi le braccia di Isaac lungo il suo collo. E stringendogli una mano lungo il suo bacino, lo alzò fino a trascinarlo di peso sulla superficie - decisamente più comoda del tappetto - che era il letto. Lo appoggiò con cura, attento a non fargli sbattere la testa sulla testiera o al muro alla destra.
"Vado a prendere delle pasticche in farmacia, nel frattempo bagna un panno con dell'acqua fredda, strizzalo per bene - in modo da farlo diventare umido - e lasciaglielo in fronte finché non si scalderà nuovamente. Ripeti questa procedura fino al mio ritorno, servirà a ridurre la temperatura elevata del suo corpo." Mi informò, nel mentre che mi chiedevo fra me e me come sapesse tutte queste cose. "Ho due fratelli gemelli più piccoli, queste situazioni erano continue routine prima che mi trasferissi qui." Mi rivelò, rispondendo - senza nemmeno saperlo - alle mie domande. Annuìì con la testa per più volte, prima di vederlo sparire e chiudersi la porta alle sue spalle.

Tornai a rivolgere lo sguardo sulla figura inerme che era il corpo di Isaac, che notai fosse - soltanto in quel preciso momento - privo di un indumento a coprirgli il petto. Respirava regolarmente e il suono del suo respiro tranquillo mi tranquillizzò da quell'impatto improvviso che ricevetti, non appena lo vidi - qualche minuto prima - disteso a terra. Mi avvicinai, allungando le mani sul piumino bianco per poterlo coprire, in modo che l'aria che circolava - dovuto alla finestra aperta - evitasse di andare a contatto con il suo corpo. Posizionai per bene il cuscino dietro alla sua nuca, adaggiandola in modo che gli riuscisse comodo dormire e riposare. Nel frattempo mi incamminai in direzione delle ante della finestra, per poterla chiudere e scostare le tende per far entrare un po di luce all'interno di quella stanza avvolta dalla penombra. Successivamente mi incamminai in direzione del bagno, presi un piccolo asciugamano grigio fra le mani e lo immersi nell'acqua fredda che avevo appena fatto accumulare all'interno del lavandino. Lo strizzai per bene e per più volte - come mi aveva spiegato Matt - prima di piegarlo un paio di volte e far nuovamente rientro nella stanza.

Il ragazzo della 113 Where stories live. Discover now