«Non ho buone notizie da darle. Ho verificato l'esito degli ultimi esami di Jaxon e mi spiace dirlo, ma non ci sono miglioramenti. Anzi... la situazione sta peggiorando, Louis».

Deglutì a vuoto, sentendosi precipitare e mancare la terra sotto i piedi, nonostante fosse comodamente seduto.

Quelle parole non avrebbe mai voluto sentirle. Erano sempre state il suo terrore più grande in quegli ultimi anni, perché sapeva bene che un giorno o l'altro sarebbero potute diventare realtà.

«Ne è sicuro?» mormorò timoroso, consapevole che il medico non avrebbe mai scherzato sulla salute dei suoi pazienti. Solo non si aspettava una diagnosi del genere. Era abbastanza consapevole che non ci fossero stati miglioramenti in Jaxon, per quanto avesse pregato affinché invece accadesse. Ma non credeva che fosse addirittura peggiorato.

«Purtroppo sì. E questo vuol dire che le terapie fino ad ora adottate non sortiscono alcun effetto. Non ci resta altro da fare che sospenderle, Louis».

Strabuzzò gli occhi.

«S-sospenderle? Ma non può... Jaxon non riuscirà mai a migliorare senza cure. Non si può arrendere. Mi aveva promesso che avremmo tentato l'impossibile, se necessario!»

Batté un pugno sul bracciolo della poltroncina, cercando in quel modo di frenare l'impulso di prendere tra le mani uno dei soprammobili presenti su quella scrivania e scaraventarlo contro la parete.

«Si calmi, per favore. Non è mia intenzione farlo».

«Ma lei ha appena detto che - »

«Dire che dobbiamo sospendere le terapie che gli stavamo praticando, non significa che io abbia deciso di arrendermi. È però chiaramente inutile insistere per questa strada, quindi ho cercato una soluzione e credo di essere giunto a una nuova conclusione».

Restò fermo a fissare l'espressione del medico, finché non riuscì ad elaborare le sue parole e capire che c'erano ancora speranze.

Congiunse le mani portandosele davanti alla bocca.

«Bene. Ok, mi dica di cosa si tratta. Sono disposto a tutto, lo sa».

«Ha mai sentito parlare dell'ippoterapia?»

Scosse il capo. No, quel termine non gli ricordava nulla.

«Come suggerisce la parola stessa, si tratta di una terapia incentrata sull'uso dei cavalli».

Cavalli. Cosa diamine c'entravano, adesso, i cavalli con la sindrome di Jaxon?

«Mi perdoni, mi sta dicendo che lo devo iscrivere ad un corso di equitazione?»

Il dottor Pearson sorrise affettuoso, scuotendo il capo.

«Oh no, decisamente no. L'ippoterapia non ha nulla a che vedere con l'equitazione. Jaxon non deve diventare un cavallerizzo, ma semplicemente instaurare un legame con il cavallo» spiegò professionale «È studiato che questi animali possiedono delle specifiche peculiarità, molto utili ai pazienti affetti da autismo. La conoscenza del cavallo rinforza la fiducia reciproca, comporta un miglioramento nel controllo su paure e ansie e motiva la persona a comunicare anche con gli altri esseri umani».

Louis ascoltò attentamente il discorso, domandandosi come fosse possibile che, cavalcare un cavallo, potesse servire a combattere l'autismo.

«E lei ci crede? Si fida dell'efficacia di questa terapia?»

«Non la proporrei, se non ci credessi. Non crede?»

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