04 - Ciao Gio, piacere di conoscerti! Io sono Abigail

Comincia dall'inizio
                                    

Si ferma un attimo, poi riprende.
«Anzi, se va a piovere seriamente rischi di farti una piscina in taverna. Fango, non acqua. Chiaro, no?»

Annuisco serio, gli sorrido e gli batto sulla spalla.
«Hai ragione, amico mio, perfettamente. Ma, come hai anticipato tu del resto, sono affari miei. Quindi tu occupati di quei tre buchi. Solo quei tre...»

Li indico.

«In fretta. E io ti pago il doppio di quanto mi hai chiesto»
Sorriso sornione.

«Ho un altro lavoro, oggi non posso»
Sospira lui, mentre io salgo su per le scale.

«Ma io ti pago il doppio!»
Gli urlo, infilando il giubbotto.

«Non fare lo stronzo! Lo sai che non c'entrano un cazzo i soldi»
Ricambia il mio urlo.

«Non ti sento! Sto uscendo! Rientro alle 19. Porto la pizza, fatti trovare»

Ci riprova, ma a vuoto.
«Aspetta, Gio... GIO!! Maledizione...»

Lo ignoro, chiudendo la porta.

Claudio fa il prezioso, ma lo conosco bene: quel lavoro è praticamente già fatto. Solo ha bisogno di essere corteggiato un po'. Gli piace farsi coccolare, fare in modo che le persone gli siano debitrici. Debiti che promette di riscuotere ma che poi, dopo un giorno, ha già dimenticato.
Per ricordarseli, li scrive sul ghiaccio i nomi dei suoi debitori. Una tattica infallibile...

Apro lo sportello di quella che dovrebbe essere la mia auto, sotto due centimetri di polvere e sporco.

Domani devo assolutamente lavarla.

Devo farlo domani da circa sei mesi. Purtroppo finisce ogni volta che trovo qualcosa di meglio da fare. E procrastino, senza pietà. Adesso però non posso, devo andare a lavoro.

Lo farò domani. Giuro!
Lo scriverò sul ghiaccio, per ricordarmelo...

Fortunatamente niente traffico sulla Salina Grande. Guido tranquillo, sto nel limite anche se è davvero troppo basso.

Questa strada non è il massimo della sicurezza: solo due corsie strette, niente spartitraffico nonostante il doppio senso, niente guard rail, banchine cedute non cedevoli e fossati di raccolta acque piovane che potrebbero accogliere comodamente i coccodrilli.

Però la vista è discretamente bella, quasi nostalgica. Campi di foraggio che si colorano in base alle stagioni, dal verde al giallo, con chiazze di papaveri selvatici. Un tempo era tappa fissa per svariate specie di uccelli migratori, ora si riesce a vedere solo qualche rapace, di tanto in tanto.

Poco più giù è possibile trovare altre specie di migratori. Migratrici in realtà, sul ciglio della strada in attesa di predatori. Le vedo sostare senza tregua, con il sole, con la pioggia, con il caldo o con il freddo. Attendono, sorridono, schiamazzano come delle allodole, ma non c'è gioia nei loro occhi, non c'è felicità nel loro richiamo. Cambiano spesso, come le stagioni. Il vento le porta chissà dove. E io mi ritrovo a sperare, quando felice non le vedo tornare, che finalmente siano riuscite a nidificare da qualche parte. E che questa maledetta strada, che non merita il loro calore, non le riveda mai più.

Provo a sciogliermi nella natura, impostando il pilota automatico. Non dovrei, è una pericolosa cattiva abitudine, ma c'è un pensiero che mi sta torturando.

Niente. Vince lui.

Lei.

La frattura?

No... Lei!

La donna.

La rivivo immersa nel retro dei miei occhi, dopo una curva a sinistra. Rivedo i suoi occhi profondi e spauriti, superando una rotonda e fino a uno stop. Mi fermo, su quel biondo naturale, liscio e lievemente arricciato sulle punte.

Silenzio, nell'auto. Silenzio, tra i miei pensieri.

Mi suonano, da dietro.
Riparto, ma solo con l'auto. Io sono rimasto impigliato nel colore dei suoi capelli.

Non mi era mai successo...

* * *

«Vedi che quando vuoi...»

Sorrido di fronte quello che, agli occhi di un profano come me, sembra un ottimo lavoro.

«Perfetto!»
Appunto.

Ma Claudio non sembra essere d'accordo.

«Perfetto un cazzo!»
Risponde, addentando un trancio di maxi pizza con salsiccia piccante e funghi.

«È un lavoro pessimo. Se mi vedesse mio padre...»
Scuote la testa.

«A me sembra perfetto»
«Ma quando mai... se lo lasci così e non rifai tutto quanto tra qualche settimana cominceranno a formarsi macchie d'umido lungo le vie d'infiltrazione. E devi sperare che non piova... altrimenti rischi che bla blabla bla...»

Ho smesso di ascoltarlo.
Lo guardo, annuendo di tanto in tanto, fingendo interesse. Ma il mio vero sguardo è rivolto alla frattura. Attraverso la frattura.

A Lei.

«Bla bla... e quindi con la schiuma forse un po' ci puoi campare. Oh, ma mi stai ascoltando?»

Gli sorrido, riportando la messa a fuoco del mio sguardo su di lui.

«Certo, la schiuma... allunga la vita... sicuro!»
Bevo a canna dalla mia canadese.

«Mmh, sì, certo...»
Sbuffa.

«Piuttosto...»
Addenta un'altra fetta e parla a bocca piena.

«... ma che cavolo... guardato... buco?»

Guardato? Buco?

Scatto fulmineo.

«Hai visto nel buco?»

Claudio s'irrigidisce.

«S-sì...»
«Cosa? Che hai visto?»
«N-niente... che avrei dovuto vederci?»

Mi rendo conto solo ora che l'ho afferrato dalla maglia.
Lo lascio subito, mi scuso.

«Nulla... nulla, certo. Scusa, mi dispiace, io...»
Balbetto, imbarazzato.

«Oh, sicuro che è tutto ok? Oh!»
Mi scuote da un braccio.

«Sì. Sì, certo. Sono solo un po'... stanco. Solo... stanco, tutto qua»

Claudio non sembra convinto, ma accetta la mia misera spiegazione, prende il suo meritato compenso e va via.

Io resto in taverna, a guardare il suo lavoro. A guardare la frattura.

Luce!

Luce che lampeggia.

. . . - - - . . .

Mi fiondo, inciampando che quasi rischio di spaccarmi la testa. Perdo un battito, nel frattempo.
Questa volta è piacevole, però.
Questa volta è un dolce sorriso.

Ciao Gio, piacere di conoscerti. Io sono Abigail

La Frattura [Completa - In perpetua revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora