Come gocce di sangue

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Pianeta Terra;
06/10/21



La pioggia non la smetteva mai di cadere sulla Terra ricoperta dalla palta e di ciò che restava degli uomini.
Era un luogo perfetto per morire; ciò che era una volta polvere sarebbe tornatoa esserlo. E Gaia non era mai stata poco più che un oggetto. Spegnersi sotto lapioggia, sommersa dalla palta che un giorno avrebbe inghiottito ogni cosa, erala fine che quelli come lei meritavano.
Non amati, non desiderati, non nati.
Creati, usati, poi dimenticati.

I raggi del sole filtravano debolmente attraverso le spesse nuvole scure,illuminando con poco calore il viso perfetto di colei che apparentemente dovevaavere poco più di vent'anni.
Un fiore sbocciato in mezzo al nulla, una rara meraviglia; questo avrebberodetto di lei, all'infinito come una macabra cantilena che ti accompagna findentro al nulla.
Nessuno avrebbe pianto e pregato per Gaia. Servita al suo scopo, ora era ungiocattolo rotto pronto a essere assorbito dalla palta, il caos entropico cheminacciava ogni cosa, rendendo nulli gli sforzi degli esseri umani.
La ragazza aveva dei vaghi ricordi di un'infanzia vissuta in campagna, con unpadre, una madre... una famiglia incorniciata dall'idilliaca bugia che ogni androideportava dentro la testa.
False memorie regalate, innestate,come atto di fredda misericordia a coloro che non avrebbero visto altro chesoprusi e schiavitù.
I brandelli di ciò che un tempo era stato un vestito sensuale pendevano versoil terreno, solleticandole la pelle nuda; era pallida e liscia, bagnata dallefredde gocce di pioggia, che cadevano dal cielo e scivolavano lungo il tessutolacero, e accarezzata dall'esile calore del sole.
Strappò ciò che rimaneva con rabbia; in quel poco tempo che le restava il corpole apparteneva, nessuno l'avrebbe più solleticato, accarezzato e violato. Inmezzo al nulla, baciata dal debole sole dell'alba e accarezzata dalle fittegocce di pioggia, Gaia apparteneva soltanto a se stessa; a se stessa e allamorte, che l'aspettava come un caldo abbraccio.
Non aveva mai visto la Terra perché ciò che ricordava della propria infanzianon era mai esistito; quando capì che le rimaneva poco tempo decise di farne lasua tomba. Forse inizialmente aveva sperato di trovare una soluzione, qualcunoche potesse salvarla, ma il tutto era svanito in un lampo. Era il pianeta degliuomini, non degli androidi, che l'avrebbe accompagnata in quei ultimi istanti.
Parte dei lunghi capelli, spesso gioco di coloro che avevano avuto atti sessualicon lei, erano quasi caduti del tutto, ma restava una bellezza quasi arcaicaanche così, in mezzo al degrado di ciò che apparteneva al mondo delle cosedimenticate.
Mentre camminava a piedi scalzi tra i rifiuti, ignorando il vago doloreprovocato dai vari detriti che le laceravano la pelle, pensava intensamenteperché poi non avrebbe potuto più fare nemmeno questo.
Provava a ricordare ogni istante della breve vita che portava sulle spalle; larealtà che aveva vissuto ogni giorno, come diapositive, le scorreva momento permomento davanti agli occhi della mente.
Man mano che ripercorreva velocemente ogni evento la rabbia saliva inesorabile:"Se non sono umana, se non posso conoscere cosa sono i sentimenti, alloraperché sento dentro di me qualcosa di così simile alla furia che gli uominimostravano quando infierivano sul mio corpo come sfogo di cose che non potevonemmeno capire?".
Un contundente pezzo di metallo cadde sul suo sguardo; inginocchiandosi infilzòla carne nei detriti. Digrignò i denti, sopportando il dolore in silenzio. Ilsangue, rosso e denso come quello degli esseri umani, cominciò a spandersi comese volesse tingere il mondo di quell'ultimo soffocato grido di vita.
Gaia afferrò la lama e cominciò a passarsela sui palmi delle mani sporchi dipolvere. In seguito la tinse nel proprio sangue che continuava ad allargarsilentamente sulla superficie di quella collina del nulla; assaporò prima lasensazione di liscio e freddo sulla pelle e poi il calore e la viscosità di ciòche debolmente le scorreva nel corpo ormai senza forze.
Le gocce di pioggia le colavano sulle labbra morbide e rosee, carnose edesiderabili. Leccandosele si portò il palmo della mano, tinto dal propriosangue e dalla palta, davanti al viso, assaggiandone il gusto.
"E così è questo il sapore della vita? Avrei voluto avere più tempo,assaggiando ogni cosa, tipo l'amore. Maora è tempo di morire".
E il corpo di Gaia si accasciò divenendo parte di quel caos.
Ma, in un luogo lontano, nascosto, nel segreto davanti agli occhi del sistemasolare, dall'amore nacque un miracolo, che comegocce di sangue di ogni androide perduto avrebbe macchiato il globo.

Come gocce di pioggiaWhere stories live. Discover now