AL DI LA' DELLE APPARENZE: VIAGGIO NELL'ANORESSIA di Daniela Gardino

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1998

Era il primo anno di superiori, frequentavo il biennio per operatrice turistico-aziendale, uno sbocco che in realtà non m'interessava affatto, non avrei mai voluto fare niente di ciò che si avvicinava al ramo che stavo studiando, mia madre diceva che era una bellissima scuola, io mi sarei voluta iscrivere all'istituto alberghiero, lavoravo già in un bar e mi piaceva tantissimo, ma quella scuola era privata e sarebbe costata cinque milioni all'anno senza contare tutto il materiale, era la scuola che stava frequentando già mia sorella e io non avrei mai chiesto ai miei genitori di raddoppiare quella cifra anche per me, ma mi si chiudeva lo stomaco ogni volta che mia sorella parlava della sua scuola, delle sue materie, quelle stesse materie che mi appassionavano, materie così diverse da quelle che studiavo io.

Mi sentivo in mezzo a tutti quei ragazzi una formichina insignificante, ero in una scuola nuova, con compagni nuovi. Ricordavo gli anni scolastici precedenti, io ero la più isolata, timida, mi sentivo diversa e presa in giro, inferiore, sola, questa volta doveva essere diverso, avevo deciso che non sarei dovuta passare per la sfigata della scuola quindi ogni mattina mi alzavo alle cinque e mi dedicavo al trucco, ai capelli, ai vestiti, curavo ogni dettaglio, indossavo la maschera da ragazza vissuta e sicura di sé quale non ero assolutamente, non sopportavo che mi si vedesse senza maschera, la mia corazza, nascondevo le mie paure, le mie incertezze, il mio dolore, alle sette prendevo il treno, scendevo a Casale, compravo le sigarette che mi facevano oltretutto schifo, parlavo di argomenti che non m'interessavano, vedevo i ragazzi attirati dalle modelle dei giornali e la televisione il mio obbiettivo era diventato essere una di loro, era già magra, non mangiavo nulla da ormai qualche mese, ho cominciato a sfilare, sono andata in un agenzia di moda, non mi piaceva andare su e giù per una passerella ma avevo bisogno di quell'ammirazione che l'anoressia mi diceva si potesse avere solo così.

A scuola ho conosciuto un ragazzo X, mi piaceva un sacco, era una classe più grande, nonostante con tutte le altre persone riuscivo a comportarmi da "figa", da ragazza sicura di sé, con lui era impossibile, non riuscivo a nascondere le mie paure, lui si avvicinava e io mi allontanavo, sempre, non gli rivolgevo la parola, era dall'estate prima che mi tagliavo le braccia e le gambe con la taglierina, da ottobre quei tagli che la "bestia" mi ordinava di farmi hanno preso il nome di questo ragazzo. Nel frattempo uscivo con altri ragazzi per nascondere ciò che veramente provavo perché io non potevo provare quelle sensazioni, non potevo avere paura, dovevo continuare ad indossare quella maschera menefreghista, ma stavo male, la mia vita era diventata orribile, uscivo con una compagnia di ragazzi più grandi di me, la classica compagnia da non frequentare, ma mi facevano sentire grande, importante, non potevo essere meno di loro, bevevo con loro, in fondo che male c'era, anche mio padre beveva alcool e io non mi rendevo conto che il mio stava diventando un problema, ma soffrivo per una situazione che mi faceva schifo, ma ero intrappolata.

Una mattina al posto di andare a scuola sono andata al bar dove si riunivano tutti i ragazzi che facevano "chiodo", una grande confusione ci ha attirati tutti fuori nei giardini di fronte per vedere cosa fosse successo, un ragazzo si era tolto la vita con un colpo di pistola, mentre tutti curiosavano io ero sommersa dai pensieri, perché lui aveva potuto decidere di finire il suo dolore e io no??, la "bestia" si era impossessata di me, della mia testa, del mio corpo, non mi sono fermata a pensare, piangendo sono andata alla stazione dei treni che era pochi metri più avanti, quella doveva essere la mia fine, ho chiuso gli occhi aspettando che il treno passasse sopra il mio corpo, un gran rumore, un urlo, e mi sono sentita afferrare per un braccio e spingere su una panchina, un ragazzo che mi aveva visto mi aveva afferrata e presa in braccio per aiutarmi, ma io l'ho odiato e picchiato, insultato, che diritto aveva di non lasciarmi morire?? Così ero ancora viva e avrei ancora dovuto portare tutto quel dolore che mi stava sfinendo.

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