Extra

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Isabel

22 Dicembre

La sveglia sul comodino di mia sorella segna le 2:34 del mattino.

La casa è avvolta nel silenzio più totale, Amber è arrotolata tra le lenzuola del suo letto e russa beatamente.

Sono tentata di farle una foto per poterglielo rinfacciare fino alla fine dei suoi giorni, ma il bisogno che sento di uscire fuori è molto più forte di un piccolo scherzo nei suoi confronti.

Magari gliela faccio dopo quando rientro.

Resto a fissare il soffitto per qualche altro minuto nel tentativo di riaddormentarmi ma fa davvero troppo caldo e la zanzara, che gira dentro la mia stanza da più di due ore, non ne vuole proprio sapere di lasciarmi stare.

Sbuffo infastidita, scacciando con la mano l'insetto vicino al mio orecchio e scivolo fuori dal mio letto.

Infilo i piedi nelle mie ciabatte, afferro il mio zaino e cammino in punta di piedi fino alla porta della nostra camera, attenta a evitare tutti i vestiti e i libri scolastici che Amber lascia a terra, esco dalla mia camera da letto e, con altrettanta attenzione, raggiungo la porta d'ingresso per uscire fuori.

Mentre prendo posto sugli scalini del portico,  sospiro rilassata nel sentire l'aria fresca accarezzarmi il viso .

La nostra via è deserta e silenziosa, mi ricorda vagamente la notte di Capodanno se solo si aggiungessero i fuochi d'artificio e il chiacchiericcio entusiasta delle persone.

Mi mordo il labbro inferiore, dubbiosa su cosa debba fare, voltando lo sguardo verso il cancelletto del giardino nella speranza che un enorme naso e un paio di occhi a mandorla facciano la loro entrata scenica.

Sono davvero un'idiota.

Scuoto la testa e apro lo zainetto per afferrare il piccolo quaderno, lasciando vagare polpastrelli vagano sulla copertina, cercando qualcosa (di inesistente) di Calum.

La verità è che non riesco ad accettarlo e, l'unica soluzione che può riportarmi alla realtà, è proprio tra le parole trascritte sul quaderno: per quanto possa suonare incoerente e contraddittorio, sembra che siano gli unici frammenti che mi tengano ancora legata a lui.

Questo é il motivo per cui, quasi una volta a settimana, mi ritrovo a leggere sempre la stessa pagina.

Sarai al college e, sicuramente, non avrai nemmeno svuotato tutti gli scatoloni perché sei troppo pigra.

Scommetto che passi almeno due minuti a fissarli pur di convincerti a dargli una sistemata, ma poi ti volti, afferri le tue cuffiette, il pacco di sigarette e il tuo accendino per andare a cercare un posto appartato dove poter fumare in silenzio.

Ti assicuro che io vorrei essere lì per sentirti parlare di quanto sia strano condividere i tuoi spazi con una sconosciuta, a sentirti cantare una canzone o semplicemente per starcene in silenzio, come spesso ci é capitato, mentre ci guardiamo intorno.

La verità è che sono un codardo.

Avrei dovuto dirtelo di persona e non con questa lettera.

Avrei dovuto dirtelo di persona della casa discografica che ci ha contatti intorno ai primi giorni di luglio; avrei dovuto dirtelo di persona quanto sia emozionato all'idea di iniziare qualcosa di nostro, di poter fare una delle migliori esperienza della mia vita; avrei dovuto dirtelo di persona quanto tutto questo mi terrorizzi.

Ho paura di rovinare tutto, ho paura di deludere i miei amici, ho paura di non esserne all'altezza e di aver viaggiato troppo con la fantasia, ho paura di non essere davvero pronto a quello che mi si sta presentando davanti.

È qualcosa di davvero grande e non so se sono in grado di gestirlo.

Avrei dovuto dirti tutte queste cose di persona e non con questa lettera.

Sono sicuro che, se te lo avessi detto, mi avresti citato una delle tue solite perle di saggezza sul cibo per incoraggiarmi ad  affrontare le mie paure, sopratutto quella di salutarti.

Mi avresti fatto affrontare la verità di un futuro lontano da casa, di un futuro dove non tutti mi avrebbe accettato e molti criticato, un futuro diverso dalla mia solita vita e mi avresti aiutato ad essere una persona più forte.

Sono sicuro che sarebbe stato tutto relativamente più facile alla fine: mi avresti spronato a partire e ad accogliere solo ed esclusivamente le cose belle che mi sarebbero potute accadere.

Ma io non ero pronto per un addio.

Sarebbe finita così, Isabel: gli arrivederci illudono e sappiamo entrambi che non ci saremmo più riusciti a tenere in contatto per tutti i nostri impegni.

Con questo non ti sto dicendo di non aver mai avuto fiducia in noi, semplicemente io non ero pronto (e non lo sarò mai) per sentirmi dire un arrivederci.

Non ero pronto ad aspettare per poterti rivedere, non ero pronto a perderti così lentamente fino ad arrivare ad avere un ricordo sfocato di te.

Perché tu, Isabel, sei una persona fantastica, sei mediocre con le perle di saggezza e sei la mia persona e meriti di essere ricordata come tale.

Non mi sto giustificando, ti sto solo dando delle spiegazione che meriti di avere.

Ti chiedo solo di provare a capire, non ti chiedo di perdonarmi: sono già troppo egoista per poterlo sperare.

Con tanto amore e rispetto,

Calum, Generale Shang, Karate Kid, Sonic... come preferisci, sì.

E nemmeno questa volta riesco a fermare la lacrima che scivola sulla pagina bianca accanto, o a fermare il singhiozzo che mi sfugge dalle labbra risuonando forte nel silenzio più totale.

🍕 🍟 🍕 🍟 🍕

REVISIONATO 💃

Sono appena tornata dal mio terzo giorno di scuola e HELP ME, PLS! e mi sono decisa a pubblicare questo piccolo extra che avevo tra le bozze.

Penso che meritiate di sapere cosa abbia scritto Calum a Isabel, quindi questo è tutto, mi auguro solo che vi piaccia ♥️

Twelve Minutes// Calum Hood Kde žijí příběhy. Začni objevovat