UNO SGUARDO TRISTE

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Hikari procedeva a testa bassa, persa nei propri pensieri, e deviò in un corridoio senza riflettere. Continuava a rimuginare sulla discussione avuta con le compagne nel primo giorno di scuola e si morse un labbro.
Non aveva voluto essere scortese ma Naeko era stata talmente insistente che alla fine era esplosa. Sbuffò, irritata, e proseguì. Le compagne non avevano più insistito sulla questione, e lei stessa si era scusata per il brusco comportamento. Anche Naeko si era scusata, e tranquillizzata Hikari a sua volta, ma era evidente che la sua reazione le aveva lasciate un po' disorientate. Sebbene nei giorni successivi si erano comportate normalmente con lei e avevano continuato a pranzare assieme, chiacchierando allegramente, Hikari era comunque giunta alla conclusione che indipendentemente dalla scuola scelta il problema sarebbe sempre rimasto. Ma ormai era lì e per quell'anno avrebbe cercato di sopravvivere mantenendo un profilo basso. Poi si sarebbe visto.

Il rumore inconfondibile di una pallonata che rimbalzava sul parquet la fece distogliere dai propri pensieri e sollevò la testa. Solo allora si rese conto di essere finita in un'ala della scuola che non aveva ancora visto e si guardò attorno disorientata. Vicino a lei una porta dava all'esterno ed era spalancata su un passaggio coperto che conduceva a quella che sembrava una palestra.
Dalla sua posizione non poteva vedere chiaramente cosa stavano facendo all'interno, ma i gemiti delle scarpe sul pavimento e le pallonate che rimbalzavano ovunque erano inequivocabili: qualcuno si stava allenando a pallavolo.
Al diavolo! si disse, digrignando i denti. Con tutti i posti della scuola doveva finire proprio laggiù?
Si girò di scatto per allontanarsi quanto più velocemente possibile da quel luogo e andò a sbattere contro qualcuno. O forse qualcosa, perché fu praticamente scaraventata all'indietro e cadde seduta a terra con un tonfo, lasciandosi sfuggire un gemito.

-Mi...mi dispiace. Ti...ti...sei fatta male?-
La voce impacciata le fece sollevare il viso e attraverso un occhio socchiuso vide un ragazzo sovrastarla pericolosamente.
Spalancò entrambi gli occhi, inquieta, e nello stesso istante anche l'altro si ritrasse.
La cosa le sembrò talmente bizzarra che il momento iniziale di sorpresa svanì e si soffermò a guardarlo meglio. Era davvero alto ed era piuttosto imponente, eppure, anche se dapprima le aveva fatto paura ora, osservandolo con attenzione, poteva vedere chiaramente la preoccupazione nei suoi profondi occhi castani.
L'altro si accorse della sua indagine e arrossì, imbarazzato.
Hikari era sempre più scioccata. Il suo fisico era degno di un giocatore di pallacanestro, alto e scolpito, e se a prima vista poteva incutere un certo timore, a guardarlo bene non faceva affatto paura. Il viso gentile, spruzzato da una leggera barbetta sul mento, era decisamente in netto contrasto con l'aria da duro che poteva avere in apparenza.
Il ragazzo rimase in silenzio, sempre più imbarazzato, ma le porse comunque una mano, aiutandola a rialzarsi.
-Spero...non ti sia fatta male-.
-Perdonami, è stata colpa mia- rispose tranquilla e lui sembrò esserne sorpreso. -Ero sovrappensiero. Ma sto bene, grazie-.
Il ragazzo raddrizzò la schiena e continuò a fissarla, disorientato.
Anche se ora erano entrambi in piedi l'altezza dell'altro era davvero importante e la superava di diversi centimetri. E sebbene anche lei fosse piuttosto alta, Hikari fu comunque costretta a sollevare il mento per poterlo guardare dritto negli occhi. Inoltre sembrava essere molto più grande di età, ma forse, si disse, era solo apparenza dovuta alla barbetta e i capelli annodati dietro la nuca.

Ma che diamine! si disse. Per un attimo si era fatta fregare dall'aspetto esteriore, e sorrise, prendendosi gioco di se stessa.
L'altro rimase meravigliato e corrugò la fronte, impreparato a quel cambiamento.
Hikari recuperò la borsa e stava per dire qualcosa quando alcune grida giunsero dalla porta aperta della palestra ed entrambi si voltarono verso quella direzione.
La ragazza tornò seria all'improvviso, ricordandosi del motivo per cui avesse cercato di lasciare quel luogo il più velocemente possibile, ma con la coda dell'occhio si accorse che anche l'espressione della colonna portante al suo fianco era decisamente cambiata. Aveva uno sguardo triste e piuttosto pensieroso e fissava con insistenza l'edificio all'esterno.
Esitò un istante, perplessa, poi si riscosse.

-Si è fatto tardi- disse e il ragazzo riportò l'attenzione su di lei. -Scusa ancora per esserti venuta addosso- e senza dargli il tempo di replicare, si allontanò velocemente verso un secondo corridoio.

Io odio la PallavoloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora