Capitolo 1

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Ancora non me ne capacito. Sono sempre stata una ragazza tranquilla, quasi semplice oserei dire. Certo, mi piace divertirmi, a volte eccedere. Sognavo come tutti di vivere la vita nel modo migliore, provando quante più esperienze possibili.

Com'è che diceva quel detto? Attenti a ciò che desiderate perchè potrebbe avverarsi. Ecco, credo che ormai sia tardi. Per me intendo.

Se avessi iniziato a scrivere questo diario una settimana fa, avrei detto che ero impazzita. Ma oggi no, oggi so qualcosa in più. So che non sono pazza. Strana, sicuramente. Ma non pazza. Non è il mio cervello il problema. È questo corpo. O quello che contiene, non ho ancora capito bene come funziona.

Perchè pensavo che ero pazza? Perchè di punto in bianco ho visto sparire il mio ragazzo davanti ai miei occhi. O meglio, forse sono io che sono sparita davanti ai suoi. Fatto sta che l'ho perso. Ci siamo persi entrambi.

Un secondo prima eravamo lì, abbracciati su quella spiaggia dove avevamo appena fatto... beh, non sono fatti vostri quello che avevamo appena fatto. Eravamo lì comunque, con una bella luna piena che illuminava tutto come fosse giorno e le onde di un mare appena mosso che arrivavano a sfiorarci i piedi.

Un giorno talmente caldo che anche a quell'ora, le due di notte credo, un tepore umido avvolgeva i nostri corpi. Leggermente sudati e con la sabbia che aveva coperto le estremità come polvere di metallo su una calamita.

Sentivo il bisogno di fare un bagno. L'acqua era perfetta per refrigerare il mio corpo accaldato e per smorzare i miei pensieri che vorticavano ancora in quella mia... prima volta.

Lo guardai sorridendo e dopo averlo baciato mi alzai e corsi verso il mare, fino a tuffarmi senza fermarmi non appena l'acqua mi arrivò alle cosce.

Un mare fresco mi avvolse tutta e pazientai con la testa immersa un attimo più del dovuto per godermi quella sensazione. Un fremito mi percorse dai piedi alla testa, come una corrente fredda. Come una piccola scossa elettrica che mi costrinse a risalire prendendo una grossa boccata d'aria nei polmoni.

Credo di ricordare che urlai anche. Non un urlo di terrore, ma uno di quei versi che ti escono dalla bocca quando hai qualcosa di così enorme dentro che non riesci più a trattenere.

Poi mi tirai via i capelli che avevano coperto il volto e guardai verso la spiaggia.

Non vidi nulla. Non vidi lui. La spiaggia era deserta, malgrado si vedesse fino alla strada in lontananza. Gridai il suo nome. Poi lo cercai in mare, magari era venuto a prendermi. Magari stava facendomi uno scherzo. Un bruttissimo scherzo.

Appena torna a galla lo strozzo. Pensai.

Ma il mare era profondo mezzo metro ed io mi ero tuffata tre secondi prima. I nostri zaini erano ancora sulla spiaggia, da lontano riuscivo persino a vedere la sua macchina vicino alla strada.

Chiamai ancora. E ancora. Ma niente. Ero completamente sola.

Se ripenso ora al terrore che mi avesse lasciato lì, alla paura che gli fosse successo qualcosa. Anche se non avevo idea di cosa. Del resto però, quando elimini dalle soluzioni tutto quanto è possibile, quello che rimane, per quanto impossibile, deve essere la verità.

Avevo bisogno di aiuto. Dovevo chiamare qualcuno. Mi rivestii in fretta e corsi verso la macchina per prendere il cellulare. Quando chiamai il soccorso, non riuscii nemmeno a spiegare che diavolo era successo. Loro sì, mi presero per pazza quando mi sentirono urlare che il mio ragazzo era scomparso in spiaggia.

Eppure poco dopo arrivarono. Una volante della polizia si fermò a pochi metri da me, mentre avevo ormai bagnato di mare e lacrime quel pezzetto di strada dove mi ero accasciata tenendomi le gambe.

Mi avvolsero in una coperta e cercai di raccontare loro quanto era successo. Per quello che ne sapevo. Li sentii chiamare qualcuno per radio, poi arrivarono altre due pattuglie, un'ambulanza, qualche macchina di curiosi che si era fermata vedendo il trambusto.

Non so quanto tempo passò, ma so che tutti si concentrarono soprattutto sulle ricerche in mare. Ero stordita, ma non stupida. Sentivo i discorsi che si scambiavano e le loro possibilità non erano diverse da due: o era finito in acqua e per qualche motivo la corrente lo aveva portato via, oppure la colpa era mia.

Dio se era mia. Ma non certo come pensavano loro.

Ve la sto tirando troppo lunga, vero? Ma non avete idea di quanto sarebbe stata lunga per me. Non avete idea di quanto sia stata vicina nei giorni successivi a... vabbè, lasciamo perdere via.

Quello che conta è che non lo trovarono. Non lo trovarono quel primo giorno e non lo trovarono in quelli successivi. Passarono i primi tre a interrogarmi su quello che era successo, cercando probabilmente di farmi crollare. Ma non ci riuscirono. Io ero già crollata.

Dovetti parlare con i suoi genitori. Ma non feci altro che piangere. Dovetti parlare con i miei, e finì uguale. Se qualcuno si chiede quante sono le lacrime che il nostro corpo può far uscire, vi rispondo io: infinite.

Fatto sta che dopo tre giorni di domande e lacrime, evidentemente conclusero che non ero colpevole di nulla, se non di aver perso completamente la testa. Si passò dagli interrogatori, alle sedute di terapia. E dalle sedute di terapia alle nottate imbottita di farmaci. Gli unici momenti in cui i miei occhi erano asciutti.

Era la mente a viaggiare. Rivivevo ogni singolo istante di quella notte. Una serata che aveva vissuto tutte le fasi possibili, dal sogno all'incubo.

Tutti stavano cercando di convincermi che Jesse probabilmente era vittima di un incidente. Che non l'avrei più rivisto. Che non era colpa mia. Ma c'era qualcosa in me che diceva che quella spiegazione era sbagliata. Non era andata così. Cercai allora tutte quelle soluzioni che non hanno molto a che fare con la realtà.

'Lo avevano rapito gli alieni' era comunque meglio di 'è morto in mare'.

Certo che non lo avevano rapito gli alieni, ve l'ho detto che so di non essere pazza. E lo so perchè quando stavo per perdere ogni speranza, quando stavo per prendere le ultime pillole della mia vita, è successo qualcosa di incredibile.

Qualcosa che non mi ha ancora restituito Jesse. Ma che mi ha dato la possibilità di cercarlo. Come?

Lasciate che ve lo racconti.

LA TRAVERSANTEWhere stories live. Discover now