13. Il tuo tocco

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▶️L7NNON - Freio da Blazer


E mentre aspettavo che Isaac potesse mettersi qualcosa addosso, gli diedi le spalle, seduta comodamente sul bordo del suo letto. Iniziai - non sapendo che altro fare - a pigiare sui tasti del mio cellulare, per rispondere al messaggio di Kara appena ricevuto in cui diceva o supponeva il fatto che fossi andata ad un appuntamento con un ragazzo. Non mi avrebbe lasciata in pace per tutta la serata, riempiendomi l'anima con le sue domande indagatorie, lo sapevo. La mia coinquilina, quando capitava, era davvero una spina nel fianco. E quando fui sul punto di schiacciare - con il pollice - il tasto invio, mi arrivò una chiamata proprio da quest'ultima, che mi fece involontariamente alzare gli occhi al cielo. "Kara?" Domandai portandomi l'oggetto elettronico e rettangolare all'orecchio.

"Le supposizioni sono due: o sei uscita a quest'ora per andare a ripassare in Biblioteca come tuo solito, ma non credo che avresti indossato i jeans stretti solo per studiare. E quindi hai appuntamento, il che sarebbe plausibile il fatto che sei senza reggiseno." Ipotizzò senza nemmeno darmi il tempo necessario per ribattere, proprio come una brava giornalista. Me la immaginai mentre teneva in una mano un foglio - con su scritte tutte le sue opzioni in una calligrafia disordinata - e nell'altra il cellulare per tenermi sotto interrogazione, seduta sulla sedia della mia scrivania a girare su se stessa, facendo ondeggiare il solito chignon che teneva disordinato in testa.

Mi alzai dal letto, sempre dando le spalle ad Isaac - immaginandomi che si stesse ancora vestendo - mentre passavo le dita sui capelli, che mi erano caduti in fronte. "È inutile Kara, che continui a tentare. Non fare il detective con me, non ti dirò nulla." Parlai formando sulle mie labbra un sorrisetto alquanto divertita dalla situazione, sentendola sbuffare dall'altro capo della linea. "Che comunque." Mormorai girandomi in direzione di Isaac, trovandolo - fortunatamente - con il petto coperto da una maglia a maniche lunghe - proprio come la mia - che fasciavano perfettamente le sue braccia. "Non porto il reggiseno a prescindere." Aggiunsi non rendendomi nemmeno conto dello sguardo, che il ragazzo della 113 mi riservò, un misto tra un sorpreso e il divertito. Inarcò il sopracciglio sinistro, passando i suoi occhi dal mio viso alla direzione dei miei seni, che mi fece provocare un rossore improvviso sulle guance, tanto da farmi rigirare. Brava Eisel, gran bella figura. Mormorò la solita voce delle mie diverse personalità dalla lingua biforcuta, che non fece altro che farmi darle ragione. Che cosa mi era saltato in mente di dirlo a voce alta, con un ragazzo - non qualunque - presente poi? "Kara, ora devo andare." Sussurrai al cellulare, prima di staccarlo dall'orecchio e riattaccare la chiamata, senza aspettare una risposta da parte sua.

In quel momento avrei potuto benissimo schiaffeggiarmi la testa, per la vergogna che provavo in quel preciso istante. Mi portai tranquillamente le mani - intrecciate - lungo i seni, come a volerli coprire, prima di girarmi nuovamente in direzione di Isaac. Lo trovai a guardarmi con espressione alquanto beffarda sul viso, quasi volesse sottolineare la mia pessima figura appena fatta, ma non proferì parola. Mentalmente lo avrei ringraziato a vita.

Prese dalla superficie della sua scrivania, un borsone nero con il marchio bianco della Nike, probabilmente al suo interno conteneva il necessario per il cambio di vestiti per l'incontro al Blue's. Mise nelle tasche dei jeans neri il cellulare e le chiavi, con un semplice gesto della mano, superandomi successivamente per andare verso la porta. "Andiamo?" Mi domandò voltando la testa per guardarmi, aspettando che lo raggiungessi al suo fianco. Lasciai cadere le braccia, e dopo aver annuito, mi incamminai a passo svelto verso l'uscita della sua stanza.

Erano oramai le dieci di sera e lungo i corridoi della Columbia si aggiravano parecchie persone, probabilmente intente a dirigersi in direzione delle feste studentesche appena iniziate, per dare inizio ad una lunga nottata accompagnati da alcolici e sostanze illegali, per aumentare il loro divertimento. Mentre la sottoscritta, insieme al ragazzo più temuto della scuola erano pronti per avviarsi ad un incontro clandestino e violento, che sarebbe iniziato - all'incirca - in un arco di un'ora. Eravamo estremamente in anticipo, pensai guardando e leggendo l'ora sull'orologio che portavo stretto al polso, cercando di non far caso agli sguardi che ricevevamo dai passanti, probabilmente sorpresi di veder uscire il ragazzo della 113 dalla sua tana in compagnia di una ragazza qualunque. Vidi quest'ultimo rivolgere occhiate fuggitive a tutti coloro che ci guardavano, probabilmente domandandosi del perché di tutte quelle eccessive attenzioni, nonostante fosse oramai abituato per la sua reputazione. Avrei voluto dirgli qualcosa per cercare di distrarlo, ma rimasi zitta, non era il caso. Non ero nessuno.

Il ragazzo della 113 Where stories live. Discover now