Quinto

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Non se ne rendevano ancora conto ma con l'invio di quelle lettere continuavano a fare, quotidianamente, l'amore.
Camere separate; Pier Vittorio Tondelli

I fiori ricchi di morbidezza candida si tenevano per mano, e creavano una ghirlanda, una corona da poggiare sulla testa. Loro non sapevano come scrivere una poesia, Steve sapeva disegnare, Bucky qualche volta era bravo con le parole, ma nessuno dei due sarebbe mai stato capace di scrivere una poesia. Dopotutto erano adolescenti, ragazzi con una corona di fiori in testa. Ebbene, quel cerchio odoroso di petali era la loro poesia; non potevano vederla, era una corona invisibile che però emanava tutto il suo profumo, e spargeva il proprio polline fecondo tra i loro capelli. È sempre difficile partorire una poesia, ma con i fiori sul capo, la bocca sulla pelle, e le mani sul corpo, chi non è in grado di farlo?
Ed era il loro terzo giorno di sesso, dove via via il romanticismo si andava ad affievolire, e la consapevolezza dell'erotismo cresceva sotto i loro occhi, ma l'amore continuava a pulsare e a stringergli lo stomaco.
Solito posto, solito orario, solita atmosfera.
Candele, penombra, caldo e odore di chiuso misto alla vaniglia della cera che annacquava le mensole. I protagonisti erano solamente loro due, Steve e Bucky, e poi veniva la loro casa nascosta, che li rendeva invisibili.
Baci sottili, ecco quali arrivarono quel giorno. Talmente docili e persi, che fecero dimenticare ad entrambi l'immagine dei loro volti, perché avevano gli occhi chiusi, le lingue annodate insieme, ma le mani addosso. Seduti sul loro materasso, tra un piccolo solco di lenzuola disfatte e a tratti sporche, si trovavano a baciarsi sulle labbra, l'uno di fronte all'altro.
Steve teneva le gambe poggiate sugli spigoli dei fianchi di Bucky, che per stare più comodo e assecondare quella posizione tenera tra i loro corpi, incrociò le proprie e con le mani avvicinò sempre di più a se il biondo. Erano vestiti, anche se il colletto delle loro camice era già stato allargato, e scopriva tutti quei succhiotti che mascheravano a fatica con quel caldo asfissiante, tra camicie dal collo alto e cravattini.
Quanto lungo fu quel bacio, da farli quasi stancare. Le mani sospese a mezz'aria, che si toccavano, e giravano i propri palmi insieme, come se stessero componendo delle combinazioni per aprire una cassaforte. Con quel lungo e sottile bacio, Steve e Bucky si trovarono già eccitati, ma non lo dissero, per masticarsi ancora un po'.
Le mani volevano assaggiare altro, le loro mani si stringevano, ma allo stesso tempo iniziarono ad esplorare con sempre minor clemenza quei corpi. Questa volta fu Steve, fu lui ad insinuare il proprio tocco dentro i pantaloni di Bucky.
Perciò, adesso poteva scrivere una poesia, no? I fiori sulla sua testa erano rigogliosi, e il loro gioco era ricominciato di nuovo.

Sei tu
quell'attimo di suono
che mi istiga i pensieri.

Sei tu
ciò che stringo
ciò di cui mi nutro,
il nettare prezioso che mi scorre dentro.

Sei tu
come potrei mai dimenticarti?
Brilli come come metallo
sei una stella rossa.

Il rosso, tu sei
desiderio in disuso
di ciò che le mie mani afferrano.

Tu sei lamento,
sei proprio tu, il gemito quieto
scatenato a causa mia.

Steve scrisse quella poesia sul collo di Bucky, con i denti, e nello stesso frangente, la sua mano continuò a masturbarlo. Il moro increspò la fronte, e socchiuse le labbra piegate da un gemito pesante. Rogers tirò fuori del tutto la lunghezza eccitata del compagno dai pantaloni, e sorrise beffardo ancora con le labbra poggiate sulla curva del collo di lui. Bucky prese ad accarezzagli la schiena, con incontrollata risolutezza, spogliandolo a piano a piano della propria camicia. Steve contornò con le dita i bordi umidi di Bucky, muovendo su e giù la mano, il polso fermo e il braccio sforzato con lentezza per farlo impazzire ancora di più.
James gli morse il labbro inferiore, e Steve si allontanò un po' da lui sorridendo, così da non dargli nessun appiglio a cui reggersi mentre il piacere si faceva padrone del suo corpo.
«Steve, più forte.» mugugnò il ragazzo, abbassando il capo. Spinse i fianchi verso l'alto, con il fondoschiena contratto nel tentativo di aumentare quella velocità di cui aveva bisogno. Steve scosse la testa, provocatorio. Sorrise stringendosi il labbro tra i denti, gonfio dai morsi di Bucky. Alzò il mento e continuò il suo movimento lento sulla virilità di James.
«Finiamo sempre così in fretta, stavolta posso decidere io?» gli chiese sfacciatamente. Bucky sorrise, anche se con difficoltà. Spinse il viso a sfiorare quello del minore, e in un soffio caldo sulle sue labbra gli sussurrò:
«Fammi quello che vuoi.»
Steve gli strinse il membro quasi con forza dolorosa, tranciando il respiro al compagno. Gli leccò una guancia, e poi si spostò violentemente da lui. Era ubriaco, annebbiato dal sesso, aveva bevuto così tanta eccitazione che non avrebbe mai potuto controllarsi.
Steve gli prese le spalle e lo spinse con suo grande sforzo sulle lenzuola; il corpo di Bucky caduto tra quel cumulo di stoffa alzò un leggero soffio d'aria più o meno fresca, che immediatamente diventò quasi ustionante, nel momento in cui Steve si inginocchiò tra le gambe di Bucky, ed entrambi cominciarono freneticamente a spogliarsi.
C'erano punti ben precisi di pelle, che se toccati con quelle mani esclusive avevano la capacità di ustionarsi. Per questo motivo Steve aveva il corpo pieno di cicatrici invisibili; aveva la sagoma delle dita di Bucky marchiata sul collo, sulla mascella, che vibrava con più enfasi quando lasciava il proprio colore sulla sua vita, sul bacino, sui fianchi, e poi martoriava i capezzoli turgidi, che per raffreddarsi da tutto quel fuoco venivano bagnati dalla lingua del moro.
Era illogica e a tratti dolorosa, la straordinaria reazione del corpo di Steve alle semplici carezze di Bucky. Le ossa deboli incominciavano a scricchiolare, come se si rompessero da ferme, e nel punto esatto in cui il tatto del maggiore posava il suo calore, i muscoli formicolavano, solleticando la pelle, che diventava calda, quasi andasse in combustione.
Sentì quasi puzza di bruciato anche quel terzo giorno, Steve a cavalcioni su James, lui che gli stringeva la vita, e il bacino del biondo che parve spezzarsi in due. Lo amava così tanto che di quel breve stringersi e tenersi ne sarebbe potuto morire.
Non era frutto della loro immaginazione, non era un solito sogno erotico scaturito dal loro continuo pensiero, che nasceva di notte nella loro solitudine, quando dormivano. Quello era reale, come lo era stato le volte precedenti.
Nudi, il miglior modo per studiarsi, così accaldati, così frenetici. Incollati dal sudore e dal loro odore, come animali, come creature selvagge, indomabili. Bucky era sdraiato, e Steve gli si era seduto a cavalcioni sul bacino. Voglioso, il minore lo guardò dall'alto verso il basso, gli occhi sottili, le labbra martoriate da baci e morsi, e le mani sul petto più o meno ampio di Bucky. Sentiva attraverso i palmi il battito frenetico del suo cuore, e rimase fermo in quella pozione per qualche secondo in più, perché voleva imparare a memoria le pause e la velocità di quel continuo martellare, così da poterlo riconoscere per sempre, così da ricordarlo, e imitarlo con la mente. Però Steve fremeva di eccitazione, e Bucky sotto di lui intimidiva una continua provocazione con l'inguine premuto su di lui. Il minore sospirò sonoramente, tolse una mano dal petto di Bucky, e chinandosi di poco in avanti, iniziò a far scivolare le sue dita nella bocca del maggiore. James sorrise, alzò le sopracciglia e strinse il labbro, diventato un contorno ovale sulle dita magre di Steve. Passò la lingua nello spazio tra di esse, dividendole di prepotenza, e tenendogli il polso fermo con una mano, così da succhiare sempre più forte.
Un filo di saliva densa colò al lato del mento di Bucky, ormai rosso in volto, e sofferente di eccitazione. Steve liberò la propria mano dalla bocca del più grande, che quasi grondava di bava. Rogers si alzò di pochi centimetri dal corpo di Bucky, sorreggendosi con le ginocchia, irrigidendo tutto il corpo. Si tenne in equilibrio con la mano ancora sul cuore di Bucky, e poi con tutta la sua calma, deciso e a suo agio, si percosse la fessura con due dita, e gradualmente le fece entrare, senza emettere un lamento di dolore troppo acuto. Di certo la sensazione delle dita di Bucky dentro di lui era molto più piacevole, ma farlo da se', e gestire la propria sopportazione come meglio sentiva, era molto più rassicurante.
James gli strinse più forte le cosce, si morse il labbro e tese il collo, per tenere il viso fermo verso Steve, e guardarlo in tutta la propria spudorata provocazione. Faticava persino a regolare il fiato, quando lo guardava in quel modo. Bucky gemette, giocando con la carne del minore. Era proprio sopra di lui, inginocchiato con rigidità costretta da se stesso, dalle sue stesse dita che si stavano insinuando al suo interno; l'erezione così tesa da tentare in ogni modo Bucky, che si trattenne solamente per non interrompere il suo personale trattamento con le dita. E poi da lì sotto riusciva a vedere tutta la maestosità snella di Steve, che tratteneva il respiro, accentuava la curva del suo sterno, e tirava il petto in fuori. Alla fine James lo guardò in viso, la parte che maggiormente preferiva. Avrebbe voluto baciarlo sulle labbra, interrompere tutto quel sesso appena incominciato, e riprendere a baciarlo, a mangiargli la bocca, a rubargli il fiato infinite volte.
«Cazzo, sei così arrapante.» mugugnò James, faticando ormai con tutto se stesso a contenersi. Steve tirò fuori le dita adoperate a prepararlo alla penetrazione, e gli sorrise con il viso deturpato dalla fatica inaspettata.
«Non essere così volgare.» rispose il minore, portandosi il mento al petto, e inquadrando meglio con gli occhi la posizione del membro di Bucky sotto di lui. Steve lo prese alla base con una mano, di scatto Bucky gemette, e rischiò quasi di farlo ricadere su di se, per quando lo spinse involontariamente per i fianchi. Steve si trattenne, posizionò il sesso del maggiore più o meno in direzione della propria apertura umida, e lentamente iniziò a calarsi, e a far entrare dentro di se James, sotto la sua esclusiva guida.
«Oh Steve...» sospirò il maggiore. Steve si rilassò, urlò debolmente, ma riuscì a distribuire il dolore un po' ovunque nei pensieri, e a scendere su tutta la completa lunghezza che ormai era dentro di lui.
«B-Bucky, è così grosso...» sussurrò Steve, pensando ad alta voce, con gli occhi semichiusi. Si aggrappò alle spalle di Bucky, mantenne una leggerissima distanza tra le loro gambe, non gettandosi di peso sul sesso dell'altro, e assecondò il proprio corpo con movimenti armoniosi su di Bucky.
Il moro ansimò, sorreggendolo per le costole, così da aiutarlo a non cedere del tutto, perché le gambe magre di Steve tremavano per l'insopportabile piacere, ma il corpo continuava a dondolare autonomo sulla causa scatenante di quell'eccitazione.
Lo fecero, dunque, ancora, l'ennesimo episodio di quel sesso appena scoperto. Steve dondolò su di Bucky per qualche minuto, le loro orecchie piene di lamenti, e i corpi vivi di fremito incontrollabile.
Uno si mosse, e l'altro rimase immobile, ma entrambi godettero ugualmente, parlando e dichiarando le proprie sensazioni.
«Spingi più forte Steve, più forte.» lo incoraggiò James, ricevendo come immediata risposta un urlo di estremo piacere.
«Toccami Buck, t-ti prego!» Steve lo supplicò conficcandogli le unghia nel petto, quasi con selvaggia incontrollata. James lo accontentò immediatamente, masturbandolo, mentre con la mano libera e vuota strinse con la stessa forza del minore, il dorso bianco che premeva contro il suo petto. Steve continuò a spingere, ad assecondare quel movimento veloce grazie alla presa di Bucky sul suo sesso, e sopratutto sulla sua mano.
«Ti amo così tanto, davvero, così tanto...» disse Bucky, ad occhi chiusi, per fondersi appieno con il corpo snello e veloce sopra di lui.
«Ah! Più veloce Bucky! Più veloce!» Steve si contrasse, e spinse il petto in avanti, inarcando la schiena.
«Guardami negli occhi quando vieni, per favore Steve, ah! S-Steve
Rogers abbassò lo sguardo con fatica, inquadrando gli occhi di Bucky incollati sul suo corpo in continuo movimento. Vennero i loro sessi, vennero i loro brividi, vennero le loro urla, ma soprattutto, in quegli occhi lucidi e tinti degli stessi colori del cielo d'inverno e del mare d'estate, tremò l'amore che Bucky era riuscito a mormorare nel piacere, e che Steve aveva dovuto trattenere per non esplodere subito.
L'orgasmo del loro corpo depositò tutto il suo fuoco in quegli occhi, che riuscirono a restare aperti e incollati assieme, anche quando il piacere li smosse dal pensiero.
Pieno di lividi, ti supplico, dammi rifugio, mi sto arrendendo. Pieno di lividi, ma se sono con te vivrò per continuare a combattere. Fu questo ciò che Steve gli disse, attraverso quegli occhi che rimasero assieme in mezzo ai loro corpi nudi. Pieni di lividi sul collo, sui fianchi e sul petto, pieni di ferite, della loro prima guerra, combattuta assieme, come le altre che sarebbero venute. Il piacere insieme è qualcosa di bellissimo, specialmente quando si ci guarda fino a diventare ciechi.

That place in Brooklyn ||Stucky|| ✔Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora