Prologo

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Un anno prima

Era un giorno di pioggia, quel venerdì di novembre.
Jessica, studentessa modello, al penultimo anno in Pittura, nell'Accademia delle Belle Arti di Napoli, con passo veloce e il suo amato ombrello viola, percorre la strada per andare a far visita a suo fratello.

Era ritornata per un po' di relax nella sua città, Avellino.
Mentre guardava le vie che l'avevano vista crescere, non poteva certo immaginare, cosa le sarebbe successo da lì a poco.

Ormai lontana dal centro città, attraversò una piazzetta, prese delle scorciatoie isolate e da lontano, vide l'insegna del suo bar  preferito.

Le pioggia aumentò e Jessica maledì di non avere un'auto.

Ad un tratto, un grido di dolore interruppe i suoi pensieri, proveniva da un vicolo a destra, poco lontano da lei.
Seguendo il grido, corse sotto la pioggia battente, fino a quando un orribile spettacolo gli si presentò davanti.

Un uomo steso a terra inerme, il volto bagnato e sporco di fango, gli occhi chiusi, con numerosi tagli sul corpo, aveva perso molto sangue.

La studentessa si avvicinò per capire se fosse morto, ma fortunatamente, respirava ancora, doveva essere svenuto, allora, con lo sguardo, si mise in cerca dell'arma da taglio, ma quello che vide la fece trasalire.

Qualcuno nell'ombra, non riuscì a distinguere se fosse uomo o donna, era rannicchiato al muro, con una katana sporca di sangue tra le mani, stava piangendo e ridendo nello stesso tempo.

Il suo istinto le diceva di scappare, la ragione anche, ma la sua curiosità prevalse.
Continuò a guardare il corpo sanguinante dell'uomo e a sentire il suono mixato, del pianto e delle risate, dell'aggressore.

Come Psiche venne punita per la sua troppa curiosità, anche la punizione di Jessica, non tardò ad arrivare.
Mentre guardava il viso, piegato in giù dell'aggressore, perse un battito e per un momento si sentì pietrificata, due occhi azzurri come il ghiaccio, rossi dal pianto e pieni di follia, la stavano guardando.

In quel momento, Jessica, per la prima volta, assaggiò la vera paura.

Senza esitazione, corse così veloce come mai aveva fatto, prima di allora, corse così lontano che le sembrò di avere le ali ai piedi, il suo cuore pulsava così tanto, che Jessica capì di averne, veramente, uno.

Non vedeva bene per colpa della pioggia, ma vide la scritta del bar greco e si diresse in quella direzione, ringraziò mentalmente per essersi messa degli stivali comodi.

Il respiro cominciò a mancarle, rallentò il passo, ormai era lontana abbastanza.
Forse, era al sicuro...

Riprese, faticosamente, fiato e cercò nella borsa, con le mani tremanti, il suo cellulare.

《L- Lillo sono vicina al bar Zancle, avvisa i tuoi colleghi! C'è un uomo a terra, forse, morto!》

《Cerca di stare calma, il tempo di avvisarli e arrivo! 》

《Fai p-presto, ti prego. L'aggressore potrebbe essere...nei paraggi.》

《Ti cacci sempre nei guai, sorellina. Tranquilla, arrivo subito!》

Quando chiuse la chiamata, Jessica pensò, seriamente, di sbarazzarsi del suo ombrello e sospirò a quel pensiero.

My Poison Is You ||A.F.D.||Where stories live. Discover now