Un meraviglioso incontro

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Il viaggio in treno è noioso, guardo fuori dalla finestra senza memorizzare le immagini che
veloci mi passano davanti. Ripeto mentalmente i testi delle canzoni che sto ascoltando,
distratto, mentre penso a come sarà il nostro incontro, come sarà abbracciarti. Scendo dal
treno. Ti vedo lì, con il telefono in mano, che mi aspetti. Non mi noti. Mi avvicino dietro di te.
Ti copro gli occhi. “Piccola, chi sono?”. Ti giri verso di me, mi abbracci, delicata, impacciata,
timida, ma piena di gioia. Ti stringo ancora più forte a me. Ti luccicano gli occhi mentre mi
guardi. Ti lascio un bacio leggero sulla fronte. Mi sorridi timida, arrossisci, mi guardi, mi
prendi per mano, delicata. Sei tesa, hai le mani sudate e non mi parli mentre camminiamo.
Prendo il telefono, metto la password, apro whatsapp. Ti ingelosisci, sei curiosa, mi guardi il
telefono. Apro la chat con Elisa, faccio per mandarle un messaggio. Ti incazzi, vorresti
prendermi il telefono, mandare a Fanculo tutto e tutti, vorresti solo stare con me, nei nostri
lunghissimi silenzi a cui ci siamo abituati, quei silenzi che riescono a dire tutto senza l’utilizzo
delle parole. Ti leggo negli occhi, cancello il messaggio, spengo il telefono. “Ti voglio bene
piccola”. Mi tieni ancora il broncio, ti allontani da me. Allargo le braccia. “Nessuna ha mai
avuto l’onore di un mio abbraccio, nessuna ha mai avuto l’onore del bene che ti voglio”. Ti
avventi su di me, sulle mie braccia, mi salti addosso, gioiosa, ma ancora incazzata,”Ti voglio
bene anch'io cucciolo”, mi sussurri all’orecchio e mi baci leggera sulla guancia. Ti guardo
negli occhi, mi immergo, ti leggo dentro tutto quello che mi vorresti dire, tutto quello che
pensi di me, quello che provi, vorresti solo fuggire, lontana da tutto e tutti, vorresti qualcuno
che ti stia sempre accanto. Leggi nei miei occhi, trovi un’oscurità che mai ti saresti
aspettata,quest’oscurità che ti assale, indietreggi impaurita, si ferma vicina a te, non riesce a
raggiungerti. “Sei la luce della mia vita” ti dico piano ad un orecchio. Sorridi, mi stringi più
forte. Mi tieni per mano, mentre camminiamo per la città, appoggi la tua testa a me. Mi fermi
vicino a qualche vetrina, mi indichi qualche vestito, mi ti immagino con qualche maglietta o
pantalone addosso, ma per me resti sempre bellissima. Arrossisci ogni volta che te lo ripeto
e mi continui a dire che non è vero. “Devi abituarti alla verità piccola”, arrossisci ancora di
più, mi ringrazi. Sei molto più rilassata adesso, mi parli delle tue incertezze, delle tue paure,
seduti su una panchina, abbracciati. Avevi paura di abbracciare la gente prima di vedermi,
avevi paura di confidarti, di non avere mai nessuno a cui appoggiarti. Ti guardo mentre parli,
sognante, ti appoggi a me, continuo ad ammirarti, lo noti, ridi, mi baci velocemente, ma
delicata, sulla guancia. Mi prendi per mano, ti alzi, mi trascini, ti seguo mentre sbuffo. Ridi.
Quella risata che tanto avevo sognato la notte, di cui non riesco e non voglio liberarmi,
quella risata che riuscirebbe a rischiarare i momenti più bui della mia giornata. Passiamo le
giornate in giro per Firenze, mano nella mano, parlando, ma soprattutto in lunghi silenzi in
cui esprimiamo i nostri sentimenti per cui non ci sarebbero parole adatte, tutte risulterebbero
superficiali. Diverse volte incontriamo la Francesca, mi guarda male, mi squadra dall’alto al
basso con occhi omicidi. Guarda a te ridi, sei serena, stai bene. Sembra ferita e si allontana
sempre da noi, ci evita, hai provato diverse volte a parlarle, ma faceva finta di niente, hai
provato a chiamarla, ma ti riattaccava in faccia. Alla fine la mandi a fanculo, ci stai male, mi
abbracci, piangi, ti compro un gelato: fiordilatte e caffè. Ridiamo mentre ci sporchiamo tutto il
viso col gelato. È l’ultimo giorno.
Ti vedo triste, il treno sta per partire da qui a momenti, mi avvicino a te, ti abbraccio. Vorresti
venire con me, mi guardi, trattieni le lacrime, qualcuna, ribelle, ti bagna il volto, le raccolgo
con un dito. Mi guardi, sorridi. Ti bacio, sulle labbra questa volta. Rimani un po’ stupita. Un
bacio leggero, dolce, sincero. Ti alzi sulle punte, mi ribaci. “Se mia madre si fida potrei
venire più spesso”, mi abbracci fortissimo, non vorresti lasciarmi andare. Piangi sulla miamaglietta, ti accarezzo, ti asciugo le lacrime. Sono appena partito e già mi manchi da morire.
Hai vinto te la scommessa, te l'ho lasciata vincere, non ti ho stuzzicato, non mi importava
niente di vincere, avevo te e mi bastava. Sono vicino alla prima fermata, mi manchi già, mi
mandi un messaggio: “Forse è tardi per dirtelo, forse non tornerai più da me, forse non sarò
alla tua altezza, però senza te non riesco a stare. Vorrei solo che tu non fossi partito, che
fossi rimasto per me.” Visualizzo, non rispondo. Ci rimani male. Passa una mezz’ora, ancora
non ti ho risposto, senti il telefono vibrare ripetutamente. È una chiamata. Guardi il display,
sono io: “Piccola spero ti avanzi un biglietto della tram-via, ti aspetto qui la stazione, mi
verresti a prendere?”. Rimani senza parole dalla gioia, eri appena rientrata a casa, esci di
corsa verso la tramvia. Appena mi vedi mi salti addosso, perdiamo l’equilibrio, caschiamo, ci
mettiamo a ridere mentre ti bacio. “Te l'ho sempre detto, chiedimelo ed io verrò da te. Non
mi importa di niente e di nessuno, rinuncerei a tutto e tutti per te piccola”. Qualche lacrima ti
scende ribelle, mi sorridi, ti luccicano gli occhi, mi baci, un bacio bellissimo, lungo, dolce,
sensibile, un bacio che non si dimenticherà mai, il primo bacio che tutte le ragazze
sognerebbero, il primo bacio perfetto. Così inizia la nostra storia, ricomincia da capo, una
storia diversa da tutte, una storia vera, di quelle che non crollano facilmente. Una storia
diversa da tutte. Come te e me.

||Due anime oscure non possono che illuminarsi a vicenda||Where stories live. Discover now