1 Terapia intensiva (prima parte)

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Ancora non riusciva a spiegarsi come tre mesi prima avesse avuto il coraggio di accettare quel lavoro. Ogni tardo pomeriggio quando iniziava il suo turno cercava tra sè e sè una scusa sensata per poter presentare le sue dimissioni, ma poi si ritrovava a tirar fuori il suo tesserino e timbrare sorridendo.

Ogni sforzo, ogni ora di lavoro, ogni ora di sonno perduto erano passi di distanza in meno dal suo vero sogno: la musica.

Niente aveva importanza per Michael. Non lo studio, non gli amici, non le ragazze, non le bravate giovanili, non la famiglia, solo la musica.

Quella mattina in cui sua madre gli aveva trovato quel posto di lavoro, lui la aveva trascorsa a gridare per tutto il salotto. Musica. Lui voleva fare musica. Non l'infermiere. Eppure gli era sembrato di essere stato piuttosto chiaro.

Soldi. Ci vogliono i soldi. Così aveva ribattuto a gran voce la madre cercando di tenergli testa. 

Quel lavoro gli permetteva di avere abbastanza soldi per avere in affitto una sala di registrazioni dove passava le ore della giornata: prima steso immobile sul divanetto a recuperare energie e poi scatenandosi al pianoforte.

Quella settimana era stato cambiato di reparto. Eccellente. Così lo aveva definito il caporeparto di medicina generale. Un talento sprecato in un reparto del genere. Era per quello che si era ritrovato senza la possibilità di ribattere in terapia intensiva.

Tristezza. Aria pesante. Freddo. Sì assolutamente freddo. In quel reparto l'aria era gelida. E non era per la temperatura, quella era sufficientemente alta da permettere al riccio di indossare la sua divisa a maniche corte, era qualcosa di più profondo. Era il dolore dei parenti che attendevano responsi con sguardi terrorizzati, erano le lacrime di quelli che comprendevano che da quel reparto non avrebbero portato fuori la persona a cui tenevano, era il silenzio dei pazienti sempre immobili, addormentati.

A Michael piaceva rimanere a lungo nelle stanze con i pazienti a cui era stata assegnata la musicoterapia. Almeno lì quella vita che sembrava non esserci, se pur soffocata, cercava di liberarsi nell'aria. 

Era in arrivo l'ennesimo caso disperato. Quella notte pioveva a dirotto. Il vento sbatteva contro i vetri creando fastidiosi rumori. Michael, da buon infermiere, aveva predisposto tutti i macchinari e preparato il letto.

Il dottor Sanders entrò seguito dal chirurgo e due infermieri che spingevano la barella.

Un giovane era intubato, immobile e con numerose ferite sul viso. Venne immediatamente sistemato dai due infermieri che poi fecero ritorno al piano inferiore.

S:"Medicazione ogni quattro ore sul volto, ogni ora sulle ustioni al braccio sinistro. Fai attenzione Michael. Un'infezione lo stroncherebbe."

I graffi su quel volto doveva averli stampati sicuramente del vetro. Numerosi vetri per la verità. Il riccio non avrebbe dovuto attendere il notiziario dell'alba per sapere che sicuramente il ragazzo era stato vittima di un incidente stradale. Ormai aveva imparato a riconoscere casi come quello, ma nel puzzle di quella ordinarietà mancava un pezzo. I parenti.

Se c'era una cosa che odiava a morte era uscire dal reparto e dire 'Mi dispiace. So che avete aspettato ore durante l'intervento, ma potrete vederlo solo domattina dopo i primi controlli. È il protocollo. Se dovesse accadere qualcosa vi contatteremo.'

Era il momento più duro del suo lavoro. Dire a delle persone terrorizzate di andare a casa e di provare a riposare quando i loro figli, i loro genitori o i loro amici erano appesi a un filo così sottile che quasi era impossibile percepirlo.

I parenti insistevano a lungo, chiedevano solo di poterlo vedere anche se per pochi secondi, ma non poteva mai acconsentire a quelle richieste.

Alla fine si arrendevano. 

I più deboli tornavano a casa sconfitti, quelli più forti rimanevano su quelle sedie scomode per tutta la notte per essere certi di essere lì quando fosse venuto il momento in cui potevano entrare.

Quel biondino apparentemente non aveva nessuno. Michael pensò che Sanders se ne fosse dimenticato e per questo uscì a controllare l'atrio del reparto. Il deserto.

Come poteva un bel biondino così non avere una bella fidanzata al seguito? O un amico altrettanto figo? Che fosse successa una disgrazia più grande di quella che immaginava?

Prese il telefono del reparto e chiamò Richard di chirurgia. Mentre pregava di non dover ricevere una brutta notizia teneva lo sguardo fisso sul ragazzo e si ritrovò a pregare mentalmente per lui.

Era solo. In quella Jaguar noleggiata che si era schiantata sul raccordo in tangenziale era solo. Solo come un cane. Un colpo di sonno quasi fatale. Nessuno era con lui a tenerlo sveglio in quel momento in cui aveva perso il controllo della sua automobile. Nessuno lo aveva soccorso. Era notte fonda e in una zona non urbana. Nessuno aveva sentito il rumore assordante provocato dallo sbriciolamento dell'autovettura contro i muri laterali. Era rimasto a lungo con il cuore immobile, prima che qualcuno desse l'allarme.

L'avevano preso per i capelli. Così aveva commentato Richard che aveva assistito all'intervento in sala operatoria. Essere rianimati quattro volte in due ore non era certamente uno di quei casi che facessero sperare in un risveglio.

............

Mentre si prendeva cura delle ustioni sul braccio, Michael si ritrovò a pensare se il biondo in quel momento stesse soffrendo.

'So che fa male biondo, cerca di resistere.'

Sussurrò piano come se avesse paura di disturbarlo. 

Una volta rimessa la fasciatura, invece di tornare sulla sua brandina in sala infermieri per provare a riposare, prese una sedia e si accomodò.

Iniziò a curiosare nella sua cartella medica. Andreas. Che bel nome. Atene. Atene!? Era greco!? Sì era greco. Wow. Forse era per quello che i parenti non erano ancora arrivati. Era già passata una settimana però.

'Hai combinato qualcosa vero? No dico non per forza qualcosa di brutto. Solo qualcosa che abbia fatto arrabbiare gli altri, immagino. Che ci facevi qui in Italia? Dove sono i tuoi amici? E la tua famiglia?'

Inutile dire che nelle ultime tre settimane la camera di Andreas era diventata quella di Michael. Svolgeva tutti i suoi compiti e poi tornava a fargli compagnia. Spesso rimaneva anche durante la mattina, così poteva starsene lì a parlare senza che dovesse continuamente interrompersi per fare altro. Chissà se lo stava ascoltando, ma soprattutto chissà se percepiva le parole di Michael come tali. In fondo era greco, magari non parlava nemmeno italiano.


.........

'Dottor Sanders?'

'Si?'

'Si sveglierà?'

'Stai parlando del biondo della 29?'

'Già'

'Non penso.'

'Come no? Lui è...Andreas sembra così...così forte.'

'Vedi Michael ne ho visti molti come lui. Non conta la forza fisica. Non conta l'età. Conta l'avere qualcuno da cui ritornare, conta avere un obiettivo. Non credo che lui abbia un motivo per farlo, non ha...dai andiamo Michael lo hai visto anche tu, quel ragazzo non ha niente e nessuno.'


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⏰ Last updated: Feb 24, 2018 ⏰

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