Capitolo 4

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Erano passate due settimane dall'incontro con la scuola,
Ginevra per tutto il tempo non aveva fatto altro che passare da una città all'altra, promuovendo il suo libro.
Sua sorella invece sembrava attratta più dal suo nuovo ragazzo e stava trascurando la nostra scrittrice.
E infatti proprio questo fu il fulcro delle discussioni che ormai avvenivano
ogni giorno.
Quella mattina si trovavano a Corbetta, un piccolo paese della Lombardia, poco distante dal capoluogo, Ginevra aveva un importante incontro a Milano con  autori e scienziati per promuovere l'evento annuale di Artscience.

"Hai finito di chattare? Marta tra un'ora dobbiamo essere a Milano e siamo ancora qui!"

Sua sorella era sdraiata sull'enorme letto a baldacchino e continuava ad ignorarla.

"Marta, mio Dio, io ho un impegno.
Non posso assolutamente tardare, è importantissimo per me partecipare a questa riunione, muoviti!"

"Non mi stressare e calmati, ho già richiesto l'autista che ci porterà, sarà qui a minuti"

Non aveva neanche alzato gli occhi per risponderle, tutto ciò che le interessava ormai era quello schermo che si illuminava.
Ma Ginevra non sapeva neanche chi lo facesse illuminare.
Marta infatti non le aveva ancora presentato il suo ragazzo, quando Ginevra chiedeva di conoscerlo, parlava di altro, per qualche motivo evitava l'argomento.
E proprio quel giorno, stufa del suo comportamento, la Rotondi piombò sul letto a baldacchino e fece letteralmente volare il cellulare dalle mani di sua sorella che nel frattempo stava realizzando ciò che era successo.

"Adesso tu"

Disse spingendole l'indice contro il petto.

"Mi ascolti."

Non diede retta ai lamenti di Marta e continuò.

"Non intendo più vederti al telefono mentre lavori per me, non so chi sia questo ragazzo ma potrai conoscerlo più ampiamente fuori dall'orario di lavoro.
Altrimenti, quella è la porta,
sei libera di andartene quando vuoi."

Sua sorella non attese un minuto in più, prese il suo cellulare da terra, la borsa dalla sedia, e andò via.
Ginevra non la seguii e né ne fu stupita, conosceva il suo caratterino, la riteneva una reazione normale.
Per curiosità si affacciò alla finestra, Marta stava parlando con qualcuno al telefono, chiedendo probabilmente un passaggio dato che quindici minuti dopo una moto sfrecciò sotto casa sua, con sua sorella sopra.

"Non capisco cosa le stia succedendo, si Julienne te lo assicuro, no, va bene a dopo, ciao"

Riattaccò il telefono e scese fino alla hall dell'albergo, non c'era quasi nessuno.

"Dove diamine è finito l'autista?"

Il receptionist si contrasse, un passo indietro, tremolio alle mani.

"D-di di che a-autista parla?"

"Mi prende in giro?
Le pare forse che io stia scherzando?!"

"La, la prego, si calmi"

"Calmi un cazzo!"

Il suo pugno sbatté contro il marmo del bancone così forte che del sangue le uscì dalle nocche.

"Signorina!"

Tutti i presenti si girarono, qualcuno stupito, qualcun altro disgustato, i loro occhi erano su Ginevra.
Un uomo alto, sulla cinquantina, in giacca e cravatta camminò verso di lei, con gentilezza le chiese di seguirlo.
Di fronte ad una porta in legno con una targhetta su scritto "PRIVATO" l'uomo estrasse le chiavi e le chiese, ancora una volta, di seguirlo all'interno.
Davanti a loro, un ampio ufficio.
L'arredo era in stile anni cinquanta, la scrivania padrona, al di sopra c'era una piccola lampada verde e dietro di essa, per tutto il muro, sorgevano librerie con migliaia di libri.
Forse troppo incantata da quel posto, si lasciò sfuggire un mugolio di stupore.

"L'affascina?"

Chiese sorridendo il cinquantenne, che adesso si era seduto dietro la sua scrivania e stava accendendo una pipa.

"Spero che non le dispiaccia"

Disse muovendo l'oggetto tra le mani.

"Faccia pure, questo è il suo ufficio?"

Sorrise di nuovo.

"Si, signorina, è il mio ufficio"

Silenzio, Ginevra stava osservando tutto ciò che c'era attorno, sul lato sinistro c'erano scaffali e un piccolo bar da camera.
La parete era tappezzata di riconoscimenti, premi e altre cornici che racchiudevano fogli bianchi, titoli.
Più vicino alla scrivania c'erano, appoggiati su un mobiletto, superalcolici e bicchieri.

"Si tratta bene signore"

Disse ridendo, questa volta Ginevra.

"Beh, come si dice, le buone abitudini sono vecchie a morire"

Sorrise.

"Ma la prego si accomodi, non vorrei che diventasse un mobilio da aggiungere qua dentro"

Indicò la sedia di fronte a sé e Ginevra si sedette.

"Allora, mi spiega che cosa è successo prima?"

La sua voce era rilassata, nessuna rabbia o preoccupazione.

"Mi spiace, mi sarei dovuta controllare"

"Non succederà più, vero, signorina?"

"Glielo assicuro"

"E allora vada e si faccia medicare quella ferita se non vuole rischiare un'infezione"

"Possibile? Mi sta lasciando andare così?
Ah, non capirò mai quest'uomo."

Non se lo fece ripetere un'altra volta e si diresse verso l'uscita.

"Grazie, signor Marotti e scusi ancora"

Chiuse la porta e andò via.

La tua dannata animaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora