capitolo 1

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Due anni dopo....

-"Sabrina...non credi di dover lasciare quel telefono e iniziare a prepararti?"disse mia zia,con una mano nel fianco e un sopracciglio alzato,mentre mi guardava da dietro il bancone in marmo della cucina.
-"Vado" dissi in modo scocciato,alzandomi dalla mia amata poltrona,per dirigermi nella mia camera al piano di sopra.

Appena arrivai,presi la biancheria intima,una felpa extra large blu notte,un leggings nero e le mie all star rosse sotto la scrivania bianca che era in sintonia con il bianco dei mobili e il rosa cipria delle pareti.Dopo che mi fui lavata e vestita,presi lo zaino viola per uscire di casa ma mi ricordai della mia collana che avevo lasciato nel mobiletto del bagno,percio lasciai lo zaino davanti alla porta e mi avviai.

Incontrai il mio riflesso nello specchio.I miei occhi grigi erano contornati di occhiaie.Non avevo dormito niente,per via degli incubi,che tormentavano il mio sonno almeno una volta a settimana.
Sognavo sempre quel quindici settembre di due anni fa,quando entrai nella mia vecchia casa e non trovai piu nulla.Non c'erano né i vestiti né i gioielli dei miei genitori e, di solo,non vi era più traccia.
Per il resto c'era tutto,tutto tranne una mia foto.Vi era ritratta una me bambina con i capelli biondi al vento,gli occhi chiusi e un sorriso che avevo sempre ritratto sul viso in uno dei tanti parchi che frequentavo da bambina.Avevo.

Non mi avevano lasciato niente, né un biglietto o un indirizzo...
niente di niente.
Un qualcosa che mi facesse credere che sarebbero tornati.

La polizia non aveva trovato niente che facesse pensare ad un rapimento ma bensì ad un "semplice" abbandono.Io non mi arrendevo,come si dice "la speranza è l'ultima morire",e poi se non credevo non speravo,se non speravo non provavo e se non ci provavo non sarebbe cambiato niente.

Ricordo ancora quando mia madre mi ripeté per la prima volta quella frase.
Eravamo sedute nel camino dove giaceva la legna che ardeva,in quell'inverno che accompagnava i miei dodici anni.Non ricordo il perché me lo avesse detto,ricordo soltanto il suo sorriso dolce che era solita rivolgermi.

Non ero piu tornata in quella casa... troppi ricordi o semplicemente troppo dolore...che presto avrebbero fatto ritorno,come un fiore in inverno che risboccia in primavera.

A risvegliarmi dai miei pensieri è il telefono che tenevo nella tasca posteriore dei jeans.
Lo presi e guardai lo schermo,era Clarissa,nonché la mia migliore amica.Automaticamente guardai l'ora,erano le 8:15 e alle 8:25 sarei dovuta essere in classe...con il problema che la mia casa dista venti minuti dalla scuola.Cosi misi la collana,scesi velocemente al piano di sotto e presi lo zaino,per poi recarmi correndo a scuola.

Arrivai lì alle 8:35 e,per mia fortuna,la professoressa arrivò qualche minuto più tardi di me.

Andai a sedermi affianco a Clarissa ,che mi accolse con un sorriso dolce e compassionevole,come quello che avevano tutti quelli che mi  conoscevano realmente,che conoscevano la mia storia.Lei sapeva tutto.Lei sapeva dalle scomparsa dei miei genitori.Lei sapeva del dolore che avevo passato.Lei sapeva che ero fragile,sensibile e sapeva anche,che mi attribuivo la colpa della loro scomparsa.

La giornata non era iniziata proprio bene, e quello che restava di essa era anche peggio.Non volevo accettare l'idea che  quello che avrei dovuto fare mi avrebbe fatto riaffiorare così tanti ricordi da inondare di dolore la mia mente...ma dentro di me sapevo che, se la famiglia fosse stata vera, non mi avrebbe abbandonata per tutto questo  tempo, invece di andare via,come avevano fatto loro.

ex vita perfetta Where stories live. Discover now