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Se potessi descrivere la mia relazione con la buona sorte basterebbe solamente una parola: inesistente; e quel giorno in cui pensai a una possibilità per battere la squadra avversaria fu la conferma definitiva.

Dopo aver spiegato la mia idea il Caposquadra mi guardò «È una pazzia»
«Ma può funzionare. Basta solamente essere credibili e invisibili» rimbeccò il ragazzino portandosi una mano tra i capelli rossicci. Annuii mentre mi mordicchiavo le labbra nervosa: ci stavano mettendo troppo a decidere e ogni secondo era importante come l'ossigeno che si respira. Permettetemi di dire che non mi andava di perdere in quel modo, lo trovavo quasi squallido. Cominciai a muovere le gambe impaziente, guardandoli mentre attendevo la loro decisione. Ovviamente con tutta la calma del mondo.
Sentii un urlo unanime e mi voltai. Vidi gli avversari correre verso di noi animati da un palese senso di vittoria. Mi girai verso i due ragazzi, guardandoli spaesata mentre questi sorridevano «Ora puoi farlo. Non sbagliarti a prendere pugnale» mi disse lo stratega. Corrugai lo sguardo mentre sentii un senso di nervosismo espandersi come una scossa elettrica espandersi in tutto il corpo. Perché dovevo farlo io? Non mi sembrava di essermi proposta. Mi diedero una spinta verso dove si trovavano i nostri pochi prigionieri e capii che, nonostante nessuno si fosse premurato di chiedermelo, avrei dovuto farlo io. Arrivai davanti a loro che mi guardarono con spavalderia consci che avrebbero vinto. Restituii lo stesso sguardo, per poi togliere la fascia verde e gliela gettai ai piedi. Contai sul fatto che non potevano in alcun modo parlare e corsi verso la mia base. Ovviamente non fu difficile entrare e i miei due complici mi fecero passare non facendo nemmeno finta di attaccarmi perché si concentrarono su un ragazzo che era riuscito a passare la difesa. Andai ai margini dell'arena, dove la terra bruna incontra le mura in grigia pietra e smossi la terra prendendo il pugnale giusto. Lo alzai, tenendo il palmo della mano in modo tale da nascondere l'elsa tra le dita e urlai «L'ho trovato».
Molti si fermarono a guardarmi e sorrisero.
«Corri stupido» mi urlò un ragazzo dalle spalle larghe mentre teneva un mio compagno a terra.
Scossi la testa e cominciai a correre verso il mio vero obbiettivo: il capitano avversario. Più mi avvicinavo alla base nemica più sentivo un senso di irrequietezza nascermi nel petto per poi irradiarsi in tutto il corpo. La tensione irrigidiva i miei muscoli e il respiro diventava sempre più tremante dovuto anche alla corsa. Mi lasciarono entrare senza alcun impedimento, due ragazzi si complimentarono e uno mi diede persino una pacca sulla spalla. Arrivai davanti al capitano il cuore batteva come un tamburo irrequieto e mentre una parte di me era esaltata per via di ciò che stavo facendo l'altra continuava a dirmi che non era possibile che nessuno non mi avesse vista. Stringevo forte il pugnale senza alcuna intenzione di darglielo e non riuscivo a capacitarmi di tale improvvisa rigidità. Lui mi guardava, in totale silenzio ma sorridente. Aveva gli occhi castani e si poteva vedere chiaramente una luce felice brillargli dentro. «sei stato bravo, ma non mi ricordo di te».
Quel parziale senso di potenza che mi aveva scosso il corpo prima di quelle parole mi abbandonò lasciando spazio ad un senso di gelo che mi attanagliò le membra. Nonostante il sole picchiasse sulla mia testa rendendomi la nuca rovente potevo sentire chiaramente il freddo impadronirsi di me.
«Io... ero in fondo» balbettai mentre il timore di essere scoperta mi invase.
Si limitò ad annuire, per poi prendermi la mano fra le sue. Credo che diventai rossa come le braci di un fuoco appena spento, perché mi chiese se per caso avessi preso un'insolazione. Continuò a guardarmi, poi mi parlò: «Il pugnale». E li fui sicura di essergli sembrata un totale idiota, lo si poteva leggere palesemente sul suo volto. Farfugliando aprii il palmo della mano e glielo porsi, lui lo prese e lo alzò al cielo aspettandosi di sentire il rullo dei tamburi, segno della fine della gara e della sua vittoria. Ma non arrivò. Guardò il pugnale corrugando la fronte, troppo preso dai suoi dubbi interni per badare a me, che stringevo il piccolo coltellino nella mano sinistra dietro la schiena.
«È falso... hai preso il trofeo falso» si poteva chiaramente vedere il suo nervosismo crescere rapidamente in lui.

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⏰ Last updated: Feb 04, 2018 ⏰

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Il Segreto d'OroWhere stories live. Discover now