La macchina si fermò davanti ad un parcheggio, che circondava un edificio dall'apparenza vecchio e trascurato, completamente pieno di macchine sportive parcheggiate ovunque nei dintorni. La costruzione era fatta esclusivamente di pietra, il tetto bianco e basso. Le finestre erano completamente chiuse, mentre alcune - dai vetri sporchi e rotti - rimanevano per forza aperte. Non c'era alcuna presenza di luce attorno a noi, tranne per un lampione che si trovava all'ingresso dell'edificio, il led simile al color arancione che a malapena illuminava la porta in legno e per l'insegna di un cartello che metteva in risalto la scritta: Blue's. Quel luogo assomigliava più ad una casa dei film Horror, ed onestamente iniziavo ad agitarmi. Nonostante le tante macchine parcheggiate, non si aggirava nessuno nei dintorni, che si trovassero tutti all'interno di quel vecchio edificio?

Alzai lo sguardo sul ragazzo ancora seduto nel sedile del guidatore, che scrutava attentamente l'espressione presente sul mio viso pallido. Voleva essere davvero sicuro di portarmi all'interno di quella costruzione, abbandonata all'apparenza. Mi trovai ad annuire spontaneamente, come a voler dire: ce la posso fare. Aprì la portiera alla sua sinistra e scese, aspettando che facessi lo stesso.

Aprii la bocca, facendo entrare gran quantità d'aria fra i polmoni, per poi espirare. In quel momento ero più agitata, del giorno in cui dovetti affrontare gli ultimi esami del Liceo. Quel giorno ero uscita di casa con ben due ore e quarantacinque minuti di anticipo, con la paura di essere in ritardo o addirittura con il terrore di dimenticare le parole del mio discorso, che avrei dovuto presentare davanti alla Commissione, ai professori e al Preside. Lo stai facendo per Isaac, mi ricordò Eisel comprensiva, portandomi alla realtà dei fatti. "Forza." Mormorai in un sussurro, aprendo la portiera alla mia destra e scendendo dal grande veicolo a quattro ruote.

Raggiunsi velocemente Isaac ponendomi esattamente al suo fianco, che a differenza mia era davvero più grande in altezza. Era impossibile non notare il suo metro e ottantacinque, a confronto del mio misero metro. Avrei dovuto stargli lontana, quanto detto dalle sue parole, ma non potevo farne a meno. Ero più intimorita da quello che mi circondava, che da lui stesso.

Una volta arrivati davanti alla porta, ci fermammo esattamente sotto il led arancione del lampione, facendomi notare il quanto fosse in sintonia con il colore delle mie ciabatte. Non ci credo, pensai abbassando il mento per darmi un'occhiata. Indossavo ancora il pigiama giallo canarino. "Isaac." Mormorai il nome del ragazzo al mio fianco, attirando la sua completa attenzione. Lo vidi guardarmi seriamente, fronte aggrottata, mento tirato e mascella perfettamente scolpita. "Indosso il pigiama." Cercai di fargli notare l'ovvio, mentre sistemavo la montatura degli occhiali neri e rettangolari lungo il naso.

Alzò le sopracciglia, come se non si aspettasse di sentire quelle parole da parte mia. E squadrandomi da capo a piedi, sorrise. "Vestita così, mi farai preoccupare meno." Annunciò mettendosi le mani in tasca.

Perché mai si sarebbe dovuto preoccupare meno, vestita così poi? Mi domandai mentalmente, con le mie solite preoccupazioni. Lo guardai, mentre quest'ultimo alzava una mano - stretta in un pugno - in direzione della porta davanti a noi. Bussò tre volte, proseguì ancora una volta e concluse con altre tre. Inarcai un sopracciglio, non bastava bussare una volta sola? Pensai stringendomi nella mia giacca, portando il mio peso corporeo da una ciabatta all'altra.

Nella porta si trovava un piccolo finestrino, che si aprì subito, rivelando un paio di occhi castani. "Nome?" Parlò questa persona, con voce rauca e appena udibile.

"Walker." Annunciò il ragazzo al mio fianco: mani sulle tasche, schiena dritta, spalle rilassate, sguardo intenso e fisso, dritto davanti a sé. A quanto pare, era appena entrato nella modalità 113. "Isaac Walker." Precisò.

Il ragazzo della 113 Kde žijí příběhy. Začni objevovat