A Jump In The Water

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Il pullman delle 7.30 era come sempre colmo di gente. Stretta nel mio parka verde, cercavo di non dare a vedere che stavo morendo di freddo. Grazie alla mia incredibile sbadataggine avevo dimenticato anche quella mattina la sciarpa. E in quel pullman non funzionava il riscaldamento, in quel maledetto e freddissimo pullman. Stavo lì immobile a guardare fuori dal finestrino con Heroes - David Bowie nelle mie orecchie. Guardavo scorrere velocemente le strade, gli incroci e i semafori, i bambini in divisa che andavano a scuola e le mamme e i papà che li accompagnavano. Poi con lo scorrere delle canzoni, passavano anche i minuti e alle 7.57 mi trovai davanti alla scuola.                                                                                                Per tutto il santo giorno fui accompagnata dal freddo, uno strano freddo che mi gelava i piedi, le dita delle mani e la punta del naso. Quel tipo di freddo che non se ne va neanche col fuoco. Avete presente?                        
Oltre ad essere perseguitata dal freddo, quel giorno mi ritrovai ad affrontare una verifica di chimica a sorpresa, dove facevo altamente schifo. Arrabbiata e infreddolita, raggiunsi Jodi, la mia migliore amica, nell'aula di biologia, per fortuna avevamo il corso insieme.

-hey, tutto bene? non ti ho vista sul pullman stamattina.- dissi mentre la professoressa segnava gli assenti sul registro.

- Già.. Ecco, vedi, Taylor mi è venuto a prendere a casa e sono venuta con lui in macchina- disse tutto d'un fiato.

-Quel Taylor? Caniff?- alzai la voce di un'ottava.

Jodi annuì sorridendo e dato che la professoressa ci richiamò, mimò un 'ti spiego dopo' con le labbra.

Finita la scuola, Jodi mi chiese se volevo tornare a casa con lei e Taylor, che, come mi aveva detto in mensa, stavano provando a frequentarsi; ma rifiutai. 'finiresti per essere il terzo incomodo' mi disse la mia vocina interiore.

Mi affrettai quindi a raggiungere la fermata del pullman che distava qualche minuto dalla scuola, sfortunatamente pioveva e la sorte volle farmi scivolare in una pozzanghera. Mi bagnai tutti i pantaloni e anche le mie scarpe erano fradicie. Ero letteralmente volata dentro a quella pozzanghera.

-Dai dammi la mano, alzati.- disse una voce. Una voce che conoscevo. Cameron Dallas.                                                                                                     La mia cotta fin dai tempi della scuola elementare. Non mi aveva mai calcolato. Qualche volta  si era limitato a mandarmi gli auguri di buon natale, chiedermi i compiti di inglese e sorridermi per i corridoi. Niente di più. D'altronde, lui apparteneva ad un alto rango nella scala sociale della nostra scuola.  Ed era lì, davanti a me, mi porse la mano per aiutarmi ad alzarmi e mi sorrise. Un sorriso da togliere il fiato e far girare la testa.                                                                                                               Probabilmente rimasi a fissarlo per qualche secondo prima di afferrare la sua mano calda, perché mi guardò con un sorrisetto divertito.  

-Tutto bene? Ti sei fatta male? – mi sorrise. E che sorriso.

-No tranquillo. Grazie mille.- risposi imbarazzata. Era difficile farmi notare da lui, ma non per questo dovevo farmi notare cadendo in una pozzanghera.

-Come vai a  casa?-

-Prendo il pullman, dovrebbe passare fra pochi minuti.-

- Quel pullman?- disse Cameron indicando il veicolo blu che si allontanava a gran velocità dalla fermata.

-EHY! ASPETTA!- provai a rincorrerlo, ma dovetti fermarmi per il dolore al ginocchio –Ahia!-

- Forse sarà meglio che ti accompagni in macchina, so dove abiti.- mi fece l'occhiolino e poi aggiunse – Oggi è il mio giorno fortunato-.

Arrossii e gli sorrisi, poi mi porse la mano e mi accompagnò in macchina, dove mi aiutò a sedermi.                                                                                                           Il ginocchio mi faceva veramente male e speravo con tutta me stessa che non fosse nulla di grave.

Al ritmo di lay it all on me- Ed Sheeran, Cameron mi portò a casa e ci scambiammo anche qualche chiacchiera.

Purtroppo dopo dieci minuti arrivammo già a casa mia e quindi dovetti salutare Cameron.

-Vuoi che ti accompagni dentro?- disse spegnendo già la macchina.

-No figurati, ti ho già disturbato abbastanza. Grazie- gli sorrisi e con un po' di dolore raggiunsi la porta di casa, mi girai per salutarlo con la mano ed entrai.

-Uhm, sdraiati sul divano ora. Tu stai qui a guardare un po' di televisione mentre io cucino. Mi dispiace un sacco che ti sia fatta male, ho già avvisato papà, dice che se ti fa ancora male domani dobbiamo andare all'ospedale, ist das gut?(va bene?)- disse mia mamma buttandomi addosso cuscini, coperte, qualsiasi cosa che potesse farmi stare più comoda.

Gli risposi in tedesco – Ja Mutti, aber ich habe keine Hunger(si mamma, ma non ho fame)-

Mia mamma, Hannah, arrivò qui negli Stati Uniti a 25 anni dalla Germania quindi non perse l'accento tedesco e anzi, mi insegnò la sua lingua. Fin da piccola parlavo con mia mamma in tedesco e con mio papà in inglese ma poi andando avanti col tempo, mia mamma iniziò a mischiare le due lingue mentre parlava e quindi alternavamo frasi in tedesco e in inglese nel giro di pochi minuti.

Mia mamma mi costrinse a mangiare e poi mi accompagnò a letto. Ascoltai per un po' la musica, guardai un po' facebook e poi con tutto il coraggio che avevo presi il telefono e scrissi a Cameron.

Hey Cameron, volevo ringraziarti ancora per oggi. Sei stato gentilissimo. Buonanotte xx, G.

Mi sentivo le farfalle nello stomaco, speravo con tutta me stessa che mi rispondesse al messaggio, ma appena  posai il telefono sul comodino, mi addormentai. (col sorriso stampato in faccia)

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⏰ Last updated: May 18, 2017 ⏰

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Unexpected -Cameron DallasWhere stories live. Discover now