2 ~ Prima

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~We're hiding out in a dream, catching fire like kerosene~

«Vostro padre starà via per il weekend, ha il telefono spento e non potrà chiamarvi.»

«Dimmi la verità, perché non torna a casa questo weekend?»

«Elena, lasciami respirare, devo consegnare il progetto a lavoro entro domani mattina.»

«Quanto ci vorrà mai a rispondermi?»

«Forza, esci dal mio studio, devo lavorare. Dai la buonanotte a Eleonora così va a letto?»


«Voglio essere una principessa» cinguetta Nora mentre saltella. La tengo stretta per una mano, troppe volte il suo entusiasmo l'ha portata a cadere per strada. Tra le mie, le sue mani sembrano finte, di una ceramica fredda e pallida, fragile. La stringo più forte mentre attraversiamo la strada. Lei non sa che dentro le sue mani c'è il mio cuore.

«Sei già una principessa» le dico, stringendomi il suo piccolo zaino su una spalla. Lei sporge il labbro inferiore e assume la faccia tenera di una bimbetta di cinque anni, i suoi grandi occhi chiari che mi ricordano troppo quelli di mia madre sembrano grandi quanto le sue mani.

«No. Non è vero. Papà non è un re e la mamma non è una regina.»

Percorriamo l'una accanto all'altra il marciapiede alberato del quartiere che porterà alla nostra casa ed io mi chiedo come da due esseri come i miei genitori possa essere uscita fuori una creatura meravigliosa come mia sorella.

«Non tutte le principesse hanno i genitori che sono re e regine. Alcune principesse lo sono in segreto.»

Lei saltella ancora un po', lo sguardo assente davanti a sé.

«Anche tu sei una principessa?»

Mi viene da ridere per quello che penso di me stessa, l'immagine che si crea è la parodia di una principessa, una caricatura rotta e derisoria, dolente. Nora pensa che rida per la felicità e sorride assieme a me.

«Secondo te?»

Finge di pensarci e poi allarga la bocca, le guance si alzano e ammorbidiscono, gli occhi si fanno più stretti. «Ma sì, certo! Sei mia sorella. Siamo due principesse.»

Ne è così convinta che rischio di crederci persino io.

Arrivate a casa siamo sorprese dalla presenza di mio padre, in piedi davanti alla libreria del soggiorno. Ha su la giacca che gli ho visto indossare qualche giorno fa, quando è uscito da casa e non è tornato per le notti successive. I capelli chiari, grigi come il piombo, sono ammassi sul collo e sulla nuca e so che quando si girerà metterà in mostra una fronte pallida, grinzosa e stanca.

Nora mi sfugge dalle mani e grida il suo nome, finendogli addosso alle gambe. Solo allora si accorge di noi, l'urlo della mia sorellina deve averlo svegliato da un sonno momentaneo. Le accarezza una guancia e resta a sentire le sue chiacchiere emozionate, sono giorni che chiede di lui. Io poggio lo zaino di Nora a terra e resto ferma all'ingresso, osservando una scena che mi riempie il cuore di amarezza.

Quando mio padre alza lo sguardo su di me, ha il coraggio di abbozzare un sorriso. Ma io non sono Eleonora e non ho cinque anni. Io so. E sono arrabbiata. Ricambio lo sguardo ma con rabbia e poi gli do le spalle, sparendo in cucina.

Sul tavolo trovo un foglietto bianco accartocciato decorato da delle scritte nere e corsive. La scrittura di mia madre è sempre stata geroglifica. Dopo qualche sforzo riesco a capire che avverte di aver lasciato il pranzo dentro al microonde e che basta scaldarlo un po'. Forse tornerà nel pomeriggio, non sono nemmeno sicura che sappia che il papà è tornato a casa.

Senza di te mai || 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora