Capitolo 1

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Il cielo tacque. E la pioggia placò la sua irruenza.

Nuvole gravide d'acqua fluttuavano lente nell'aria mentre, fra l'intreccio erboso della boscaglia, un uomo scavava nel terreno, in fretta, a mani nude, raschiando la superficie fino a spezzarsi le unghie. Il crepuscolo si accendeva di lampi intermittenti, che come lame istantanee di luce trafiggevano le cime degli alberi.

Henry C. Demison, duca di Sharp e ufficiale dell'esercito britannico, viaggiava in abiti civili e portava con sé dei documenti importantissimi. Era stato sorpreso da una pattuglia nemica e ora doveva nasconderli.

"Se dovessero cadere in mano ai francesi...".

No, non voleva nemmeno pensarci.

Un boato squarciò il silenzio e l'aria, che pareva coagularsi attorno alla macchia. Henry seppellì l'involucro alcuni pollici sottoterra e si affrettò a ricoprire la buca che da quel momento custodiva il suo prezioso fardello. Segnò il posto con delle pietre in modo che soltanto lui potesse ritrovarlo poi alzò lo sguardo, cercando di capire da dove provenisse quel suono innaturale.

Dalle nuvole grigie emerse un oggetto enorme, scintillante di riflessi solari. Era una nave magnifica, che volava a vele spiegate, sospesa come per magia. Tonnellate d'acciaio che il vento spingeva nella sua direzione, come fossero prive di peso, lungo un'immaginaria diagonale rischiarata dagli ultimi raggi del sole.

Henry, attonito, non riusciva a distogliere lo sguardo dal veliero e dalle sue centinaia di oblò illuminati. Il gigante d'acciaio virò e la sua grande ombra lo inghiottì. Il duca trasalì. Era in trappola! Afferrò il fucile e cominciò a correre. Doveva raggiungere il bosco, era l'unico modo per salvarsi dal diabolico mostro francese. Fu una corsa disperata la sua, e né la paura né le grida minacciose e nefaste provenienti dall'alto che gli ordinavano di fermarsi riuscirono ad arrestarla.

Uno sparo, poi delle urla e il nitrito di un cavallo. Il calpestio degli zoccoli incalzava, era sempre più vicino.

Henry guardò di nuovo verso il cielo, rischiando di inciampare. Dalla nave volante qualcuno srotolò delle corde e lo incitò ad afferrarle. Il vascello s'inclinò e mostrò un complesso insieme di vele, il nome inciso sul fianco della chiglia lucente si rivelò per un istante: Silver Streamer. Una bandiera britannica sventolava maestosa sul pennone più alto.

Henry, ancor più basito, si bloccò. Non era dunque da quella nave che doveva fuggire, il suo nemico era altrove. Prima che potesse aggrapparsi alle funi, un rumore di zoccoli lo indusse a voltarsi. Un soldato si avvicinava al galoppo con la carabina imbracciata, pronto a far fuoco. Allora, senza più indugiare, il duca chinò il capo e riprese a correre. Il bosco era vicino, ormai, una dozzina di passi più o meno.

In quell'istante il cielo tornò a piangere, prima gocciando lacrime qua e là, poi di nuovo in fitti rovesci, come se l'albero maestro della nave alata avesse strappato il velo di nuvole che sovrastava la radura.

Uno sparo risuonò forte. Un sibilo attraversò gli alberi. Qualcosa lo investì da dietro e Henry cadde in ginocchio. Ignorò il dolore che gli era esploso nella spalla destra e tentò di rialzarsi, annaspando nella fanghiglia. Il cavallo era vicinissimo.

L'enorme sagoma dell'aeronave scivolò lenta sopra di loro, oscurando il cielo. Un secondo colpo di fucile. Un altro, seguito da un grido, dal tonfo di una caduta e da un calpestare di zoccoli. Poi il silenzio.

Henry, riverso nel suo stesso sangue che grondava più rapido della pioggia torrenziale, decise di arrendersi. Chiuse gli occhi e si lasciò sprofondare in un'oscurità umida e avvolgente.


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