I CAPITOLO

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Liz non si ricordava più quando, in passato, poteva passeggiare tranquillamente per le strade di Oppelmin. Prima della Grande Sottomissione,  nessuno aveva paura di uscire di casa e camminare in giro per la città, incontrarsi con gli amici, vivere. Quando ancora il termine "felicità" era una parola quotidiana e non una blasfemia sacrilega come la profanazione di una reliquia. La pioggia, ai Tempi d'Oro, era una benedizione rinfrescante e pura; ora, invece, ogni goccia che cade da quelle nubi scure nel cielo è acido che corrode sempre più l'animo delle persone.

Liz correva, sotto al suo cappuccio sbiadito e stracciato, con la preda nelle mani. Ormai i mercanti dovevano essere lontani. Poteva concedersi un momento di riposo.

Andò sotto a un cornicione, per quanto esso potesse coprire da quelle lacrime celesti, e osservò il premio per tanta fatica. La gallina continuava a starnazzare e a scuotersi, ma fortunatamente Liz non aveva allentato la presa durante la fuga. Con un colpo secco, il collo del pollo fu sistemato a dovere e, dopo qualche fremito, l'uccello di fermò del tutto. Ora doveva solo trovare legna per cuocerlo.

Era troppo stanca per un altro furto, e poi se avesse lasciato incostudito il premio, qualcuno sarebbe andato lì e l'avrebbe scippato. Solo che Liz moriva di fame, e doveva trovare una fascina in fretta.

Nonostante fosse certa che il precedente propietario dell'uccello fosse ormai distante, la voce grave e potente del commerciante risuonava per il vicolo. Ora di andare.

Racimolate le ultime forze, Liz fece uno scatto e scomparve in una fessura tra due case. Silenziosamente, si nascose dietro a un muro e aspettò che il vociare si placasse. Sentii i passi pesanti del mercante scalpicciare sui ciottoli, per poi allontanarsi insoddisfatto. Era fatta. Ora diveva solo trovare di che ardere.

Liz si lasciò cadere sul terreno lì vicino, a tirare il fiato. Era stanca, e gli stracci con cui era coperta erano fradici. E aveva anche freddo. Si raccolse su se stessa per riscaldarsi quanto poteva.

Si guardò intorno. Lei conosceva tutta la città a memoria, sapeva la collocazione di tutti gli anfratti e i passaggi segreti, a causa della sua attuale "professione". Dopo essere rimasta orfana a 5 anni per l'uccisione dei suoi genitori e la distruzione del suo borgo da parte degli Squali, una fiamma ribelle era nata dentro di lei. Fu accolta da una tribù nomade e, a 20 anni, scappò via e  andò in quella città così grigia e triste. Voci vaghe la aggiornarono della caduta della tribù, dopo essere stata sterminata da valletti dell'Ordine degli Squali. Liz li odiava più di ogni altra cosa.

Un suono sordo la distolse da quei turpi ricordi e, giratasi di scatto, notò la fonte di quel trambusto. Un pezzo di cornicione era caduto giù a causa della violenta pioggia, e ora giaceva lì, in una pozza solitaria sotto a un alta casa.

Era legno. Umido e fradicio, ma se disidratato con fiamma viva poteva essere utilizzabile. "Finalmente qualcosa per cui sorridere" pensò Liz, mentre si metteva in spalla il grasso pollo e raccoglieva il pezzo di cornicione caduto. Fatto ciò, schizzò cone una scheggia fuori dal vicolo e, aperta una botola vicino al muro, ci si calò insieme ai frutti del suo lavoro.

Liz percorse i lunghi passaggi delle fogne, e abituata com'era al fetore di marcio e ai topi, raggiunse il suo rifugio. Lì l'umidità era meno e si poteva godere del calore creato dal continuo movimento degli scarichi. Con consumata abilità, accese il fuoco con due pietre che portava sempre con sè e, con un bastone fissato in un peso di pietra, costruì uno spiedo dove cuocere l'uccello. Per quel giorno era fatta.

Dopo aver spennato il volatile, lo inficcò nel bastone e lo mise sulla fiamma. Poi si distese sul giaciglio improvvisato di paglia, pelle e piume. Era stanca come non mai.

A volte era costretta a patire la fame, in quegli ultimi tempi. L'ordine era divenuto ancora più spietato, e a volte vietava persino ai commercianti di mostrare le loro merci. In qui giorni, per Liz l'unica scelta era quella di recuperare il sonno perduto in alcune imprese notturne o privare di alcune monete dei passanti. In entrambi i casi, a lei non era permesso farsi vedere in pubblico, perchè altrimenti alcune persone avrebbero chiamato la polizia corrotta dell'Ordine e la avrebbero catturata e poi uccisa, solo perchè era una stracciona. Tante persone, davanti ai suoi propri occhi, venivano portate via da quelle guardie oltremare con lo stemma dell'ordine sulla sciarpa che ondeggiava sulle loro spalle: uno squalo che divorava un'aquila.

Immersa in questi pensieri, Liz girava il pollo distrattamente e quando il profumo divenne intenso, lei ripulì il bottino di quello che aveva da offrire.

Sazia e stanca, Liz si mise a pensare di nuovo a quelle immagini spietate e orribili del suo borgo in fiamme: bambini che venivano inghiottiti dal rosso e temuto elemento, madri che piangevano, i suoi genitori perforati dalle lance cremisi dei soldati. Si ricordava ancora dell'odore pungente dello zolfo, del colore acceso delle case incendiate; dello straziante urlo delle madri private dalla prole, e del suo stesso grido di dolore alla vista dei suoi genitori così fermi e pallidi, con quella ferita ancora trasudante di sangue, che giacevano per terra come porci. Il crepitìo del fuoco dinanzi a lei le ricordava tutto questo. Prese un secchio d'acqua e lo buttò sul focolare, poi bevve dalla pozza filtrata nel suo rifugio e, chiusi gli occhi, crollò in un sonno senza sogni.

Eppure, quelle immagini rimanevano nella sua mente...

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