Capitolo 10: Tutto Crolla

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Il piccolo spiraglio di luce che entrava nella stanza era il suo unico punto di contatto con il mondo esterno. Solo fissandolo attentamente, senza lasciarsi scappare il più piccolo movimento al di sotto di quella porta blindata, Mark poteva rendersi conto di ciò che accadeva lì fuori. Il buio lo avvolgeva quasi completamente e la flebile luce, che strisciava dal basso, andava a delineare il suo corpo martoriato, immobile e a gambe incrociate nel mezzo della stanza. Quel claustrofobico buio lo avrebbe potuto portare alla pazzia molto facilmente, come lo era stato per gli altri detenuti chiusi in quella stessa cella d'isolamento prima di lui. Gli altri, ma non Mark. Grazie alla meditazione e alla concentrazione affinata nei lunghi viaggi intorno al paese, il gracile uomo era in grado di sopportare qualsiasi tipo di dolore fisico e non senza batter ciglio. "Mark non sei diverso... tu... sei... speciale!", il ricordo della parole di sua madre sembravano volteggiargli davanti agli occhi, stralci di vite passate che prendevano forma in quell'istante direttamente dai suoi ricordi sfocati e irraggiungibili.

Un piccolo scarafaggio marrone scivolò dalla fessura rettangolare, nella parte inferiore della porta, catturando subito l'attenzione di Mark. Lo seguì minuziosamente con lo sguardo. Quando l'insetto si spostò velocemente vicino a lui sussurrò: «Anche tu trovi rifugio nel punto più sicuro della prigione, non è vero? Devono essere vicini, allora!». Le parole risuonarono da un parete all'altra, perdendosi nell'angosciosa oscurità della cella. Mark continuò a fissare gli spostamenti del piccolo insetto, che nel frattempo era arrivato sulle sue mani, quando all'improvviso un boato in lontananza lo fece trasalire.

Da quella stanza il rumore esterno era appena udibile, ma doveva essere stato forte abbastanza da attivare il sistema antincendio e l'allarme del penitenziario simultaneamente. Altri tonfi seguirono al primo, di intensità via via maggiore. Quando l'ultimo, che sembrava provenire da lì vicino, fece vibrare la cella di isolamento, Mark si alzò velocemente in piedi, rimanendo fisso ad aspettare davanti la porta ancora tremante. «Ci siamo.» disse sottovoce mentre, portandoli all'altezza della maglia, puliva delicatamente i suoi occhiali tondeggianti e malmessi.

«Ci servono uomini, presto!» la voce di un agente, che parlava nella sua ricetrasmittente, arrivò ovattato all'orecchio di Mark. «Mi serve supporto nell'area di isolamento! Ci sono degli spari e...» il suono di una raffica di mitra spense la voce dell'uomo.

Mark si sistemò frettolosamente la divisa arancione sgualcita e impolverata e poi, con molta calma, passò agli occhiali neri, raddrizzandoli con meticolosa attenzione. Il rumore dello spioncino che veniva aperto dall'altra parte della porta lo fece bloccare all'istante dai suoi lenti ma precisi movimenti.

«White?» urlò una voce affannata al di fuori della porta.

«C'hai preso, amico!» L'unica risposta fu lo strepito dello spioncino chiuso con violenza. Poi silenzio. Dopo poco, la porta blindata sussultò per un istante, prima che il rumore degli ingranaggi sbloccati annunciasse l'apertura della soglia. A causa della serie di esplosioni di pochi istanti prima, all'interno della minuscola cella entrò una fitta nube di fumo, alla quale si sommò la violenta luce proiettata da una finestra poco lontana.

«Finalmente! Ce ne avete messo di tempo... dovrò fare rapporto al vostro capo!» ironizzò Mark, uscendo barcollante dalla cella e attraversando la coltre fumosa che si era alzata fino alle caviglie. Una volta fuori, il suo strano sorriso venne accolto dagli sguardi gelidi di una mezza dozzina di uomini vestiti in assetto da combattimento: fucili d'assalto, giubbotti antiproiettili mimetici e anfibi neri lucidi facevano parte dell'uniforme standard. Uno di loro, con occhiali da sole scuri e mitragliatrice MP5K imbracciato, si avvicinò a Mark e, porgendogli una Glok lucente, gli disse: «Stai dietro di noi e tieni la testa bassa, forse riusciremo a portarti fuori, magari anche senza qualche foro.» Mark afferrò la pistola semiautomatica e, cambiando espressione in viso, intimò: «L'accordo con Don Vito era che mi avreste portato fuori di qui vivo, ad ogni costo! Il "come" è un problema vostro, capito? Sai bene che se mi accadesse qualcosa, i miei amici ve la farebbero pagare!» Squadrando poi tutti gli altri urlò: «E ora seguitemi! Non si va da nessuna parte finché non risolvo un conto in sospeso...» e detto questo scavalcò l'agente, insanguinato ed esanime sul pavimento, dirigendosi verso l'uscita dell'area di isolamento. Vedendolo andar via imperterrito, l'uomo con la mitragliatrice fece cenno agli altri di seguirlo.

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⏰ Senast uppdaterad: May 06, 2018 ⏰

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