1. SABATO SERA

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Quella notte non ce la scorderemo mai. C'eravamo dati appuntamento nella solita stradina. Alessio era passato a prendermi con il motorino. Era quello di suo padre, ma funzionava ancora benissimo.
-Sbrigati che ci aspettano- mi aveva detto senza neanche salutarmi.
-Buonasera-
-Sisi buonasera, però smuoviti-
-Sempre molto gentile-
-Gentile quanto basta-
-E poi ti lamenti che non trovi una fidanzata- ridemmo e partimmo dopo che indossai il casco. Il casco era troppo piccolo per la mia testa e non riuscivo ad adeguarlo neanche stringendo la cinghietta, infatti cercavo di reggerlo con una mano mentre con l'altra mi tenevo ad Ale.
La stradina si trovava di fronte la nostra scuola, bisognava passare per un vicoletto prima di arrivare ad una strada circondata da palazzi. C'era un parcheggio con diversi garage e delle sbarre verdi dove ci appoggiavamo. Quella era la stradina.
Ale parcheggiò vicino alle sbarre. Scendemmo dal motorino e liberata finalmente del casco andai a salutare gli altri.
Gli altri erano Leo e Giulio detto Latona, era il suo cognome, inizialmente gli dava un po' fastidio essere chiamato così però finì per abituarsi.
Leo era più alto di me e dovette abbassarsi per salutarmi e a me dava un fastidio enorme perché poi seguivano le battutine, ma quella volta non accadde.
-Allora sta sera?- chiese Latona con la sigaretta in mano che passò subito dopo ad Ale.
-Tocca a te decidere dove andremo sta sera- disse Leo, riferendosi a me. Ogni sabato ci alternavamo per scegliere dove andare.
-Lo so. Ho pensato di vedere la città-
Latona rise -La vediamo ogni giorno-
-Sì, ma non come ho pensato di fare sta sera-
-Ovvero?-
-Sui tetti dei palazzi. Vedremo la città dall'alto e salteremo da un palazzo l'altro. Tanto sono tutti così vicino- ed era vero, erano tutti così vicini che provavi un senso di soffocamento di cui difficilmente riuscivi a liberarti.
Ale finì la sigaretta, si sistemò la maglia e mi chiese da quale palazzo avremmo iniziato.  Mi guardai attorno, poi indicai un palazzo a destra, quello dove cresceva l'edera. C'erano anche le scale antincendio quindi sarebbe stato facile salire.  Quella notte ero io il capo del nostro gruppo e dunque ero il primo della fila, seguiva poi Leo, Ale e Latona. Iniziai a saltellare tra un palazzo all'altro finché non si fece sempre più alto e riuscimmo a vedere la città illuminata in una splendida notte di maggio. Da lontano si sentiva la musica del Bistrò, una particolare zona della città dove c'erano diversi bar e una grande piazza dove molta gente, specialmente giovani, si riunivano. Si vedevano i diversi cartelloni pubblicitari e le macchine che passavano veloci sotto di noi. La città era viva e noi con lei.
-È fantastica - disse Leo abbracciandomi -Hai avuto una bella idea, una volta ogni tanto- lo guardai male e gli diedi un pizzicotto. Così si allontanò da me.
-Facciamoci una foto- disse Ale, uscendo il cellulare. Immortalammo l'istante, la città dietro di noi continuava a brillare e noi sorridenti eravamo illusi di tutto ciò che sarebbe successo.
Non saltavano più, adesso comminavamo.
-Lunedì venite all'assemblea?-
Chiese Latona. - Sì, ma penso di andarmene nel bel mezzo dell'assemblea. Tanto non parlano di niente- disse Ale - Penso che verrò con te- dissi -Se non sono con le ragazze-
-Una volta ogni tanto dovrebbero venire anche loro a queste serate- aggiunse Leo.
-Già ma non è cosa per loro. Insomma Sonia è troppo schizzinosa per fare questo, e poi lei va ad eventi importanti- dissi -Serena è con il suo fidanzato- -che mi vorrebbe morto -aggiunse Ale - E Sara non è di città-
-Già- dissi una volta che Latona finì di parlare. -Dunque dovrete sopportarmi ancora come vostra unica ragazza del gruppo di sabato sera-
Leo, che camminava vicino a me, mi spinse scherzosamente dicendo che ero gelosa.
-Gelosa? Mai-
Leo si avvicinò ancora di più per darmi un pizzicotto, ma lo evitai e iniziai a correre mentre lui mi seguiva. Sentii il commento di Ale da lontano: - Si rincorrono come bambini. Non potevamo scegliere amici più stupidi- Ale insultava un po' tutti e la maggior parte delle persone in città lo odiava, ma noi eravamo amici perché... non so perché, forse c'era qualcosa che ci legava e passava sopra ogni insulto.
-Tanto ti prendo. Ricordati che sono più veloce io- ripeteva Leo. Saltai da un palazzo più alto ad uno più basso, di pochi centimetri. Mi girai mentre correvo per vedere dove fosse arrivato Leo. Non mi accorsi della vetrata rotta del palazzo e ci caddi dentro. Buttai un urlo, stavo sprofondando, mi sentivo Alice quando cadeva nella tana del Bianconiglio. Vidi la testa di Leo, poco dopo quella di Ale e Latona. Avevano un'espressione preoccupata. Urlavano il mio nome. Atterrai su qualcosa simile ad un cespuglio. Mi feci male, non riuscivo a comprendere cosa fosse. Provai a scendere, era più o meno alto. Non riuscivo a capirlo bene visto che ero al buio. Mi graffiai nello scendere. Erano rami. Ne ero certa. Era un albero, ma non capivo cosa ci facesse un albero in un palazzo, che doveva essere pure abbandonato. Dolorante, cercai un interruttore. Non trovai nulla finché i ragazzi, che erano riusciti a scendere dal tetto e arrivare all'entrata del palazzo, bussavano alla porta affinché gli aprissi. Non con poca fatica provai ad aprire la porta, alla fine i ragazzi, aiutandomi dando calci alla porta, ci riuscirono.
Mi accerchiarono. -Che ti sei fatta?-
-Perdi sangue dal braccio e hai la maglietta strappata-
- lo so-
-Andrea, dove siamo?-
-Non lo so-
Leo uscì un attimo, per vedere se c'erano cartelli ma niente. Il palazzo era avvolto da edera rampicante. Ale trovò l'interruttore e finalmente vedemmo dove ci trovavamo.
L'albero in cui atterrai era alto e con grandi rami pieni di foglie. Ma ciò che mi colpì dell'albero furono le radici. Normalmente si trovano sotto terra, queste invece erano enormi e coprivano il suolo. Nel palazzo non c'era altro che quell'albero.
-Mi mette i brividi- disse Ale avvicinandosi a me e stringendomi il braccio.
Ci avvicinammo all'albero che ci attirava a lui in una maniera quasi magnetica. Appoggiai la mano nella parte più nodosa dell'albero. Sentii una vibrazione, ritirai subito la mano.
-Che c'è? Cosa è successo?- chiese Ale.
-Non vi avvicinate-
-Perché? È solo un albero- disse Leo avvicinandosi per toccarlo ma qualcosa glielo impedì. Come un campo di forza.
Guardavamo la scena pietrificati.
Leo si allontanò: -Perché tu puoi farlo e io no?- -Non lo so- e mi allontanai anch'io. Le luci si spensero. Gridammo. Si riaccesero poco dopo. Lampeggiavano e finalmente mi accorsi di una telecamera. La fissai per poco tempo, ma subito dopo si spense e le luci smisero di lampeggiare. Leo e Ale mi trascinarono fuori.
Latona chiuse la porta. Iniziammo a correre fino a ritornare alla stradina. Era tardi. Non riuscivamo a capire cosa fosse successo. Ci limitammo a ripetere che nessuno doveva saperlo.
Nessuno.

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