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7:00 pm

Salgo sul mezzo affollato e resto in piedi.
Le persone mi guardano.
C'è un ragazzo.

È buffo. Ha i capelli neri spettinati e un piercing al sopracciglio. Porta l'orecchino.
Lo guardo e mi accorgo di quanto sia bello.

Distolgo lo sguardo, sentendo le mie guance arrossarsi per l'imbarazzo, e guardo fuori.
Guardo le pareti della galleria, nere.
Guardo l'imprenditore davanti a me, che parla al telefono chissà con chi. Magari non vede l'ora di tornare a casa e litigare con sua moglie, per poi riabbracciarla. Noi umani sappiamo essere davvero strani.
Guardo l'anziano di fronte a lui, che dorme con la testa poggiata alla parete, il capello leggermente calato e una mano sul bastone in legno.
Guardo la bimba che gioca con una bambola di pezza in braccio al suo papà. Mi ricorda una me spensierata, quando era ancora tutto facile.
Guardo lo straniero appoggiato alla sbarra e l'uomo che lo guarda male, quasi avesse paura. Perché averne? Se non il colore della pelle e il modo di vestire e portare i capelli, cos'ha di diverso?

Lo sguardo torna sul ragazzo. Noto che lo sta ricambiando. Gli sorrido debolmente, ma si rigira. Non è interessato.
Gli vibra il telefono, riesco a sentirlo. È un messaggio.
Mette la mano nella tasca e lo prende. Sorride. Chissà chi gli ha scritto.

Mi reggo forte alla sbarra per non cadere.
La metro si ferma.

Metro ; Michael CliffordWhere stories live. Discover now