2. Ou revoir Obsession

312 21 4
                                    

Per l'ennesima volta si ritrovò da solo. Le ginocchia strette al petto, avvolte dalle braccia, la schiena contro al muro e la testa bassa. Tornato dal college, la monotona vita grigia tornava sempre. Solitudine, depressione e noia, si univano in un mix perfetto, tanto da renderti capace di pensare a mille modi di suicidio e di mettere in atto il più veloce. Perchè questo era quello che aspettava Viktor Nikiforov quando tornava dal college. Il padre, era sempre in giro per affari o inviti a vari galà, e ciò lo rendeva assente, sia fisicamente che spiritualmente. Dell'appoggio paterno, proprio non si poteva parlare. La madre invece, lo degnava di poche attenzioni, quelle che proprio non poteva evitare e quelle che le interessavano, tanto per fare un esempio, la scuola e la popolarità del suo cognome. Sì, perchè la famiglia Nikiforov,da sempre proprietaria dei titoli più prestigiosi della Russia, doveva tenere alto l'onore e il singolo nome di ogni componente di quella famiglia. Guai a fare un passo falso. Per il giovane Viktor, quindi l'estate o qualunque periodo di vacanza, diventava una sofferenza. Alzò lo sguardo sentendo bussare alla porta in legno d'ebano.

"È arrivato Yakov"

"Arrivo"

Alzò la testa, facendo scorrere lo sguardo su tutta la stanza color ghiaccio soffermandosi sulla fotografia che teneva sul comodino davanti a lui. Lo ritraeva in compagnia di sua madre, donna che amava e venerava come una dea. Un'ondata di nostalgia improvvisa gli fece scivolare una lacrima solitaria che asciugò in fretta. Si diresse nel bagno della sua stanza, guardandosi allo specchio vide uma figura pallida, alta e snella dagli occhi vitrei, stanchi e dai lunghi capelli d'argento.  Tanti gli avevano detto che in quel modo, assomigliava più del normale a sua madre, donna che egli aveva come Stella Polare. Ella era brava in tutto: sapeva ballare, poteva sedurre anche solo con il pensiero, era poliglottica e, cosa più importante, era una fantastica pattinatrice.
Il pattinaggio per il ragazzo, era l'unica cosa che lo rendeva vivo in un certo senso. Quella era l'unica cosa per cui la donna era fiera di lui, anche perchè, pur avendo le potenzialità non aveva mai avuto il permesso, ne il sostegno per sostenere una gara agonistica. Inizialmente, non glielo aveva mai imposto, ma col tempo, lei diventò sempre più pressante a riguardo, iniziando a distruggerlo psicologicamente e insistendo sul volerlo vedere più brillante di un astro.
Scese le scale, si ritrovò davanti il suo istruttore, l'unica persona che, nonostante le sue frequenti urla e i rimproveri, lo faceva divertire e non poco.

                      *      *       *

"Rifallo! Che cos'era quel triplo flip? Persino mia nonna riuscirebbe a farlo meglio!"

"Blah blah blah" sussurrò.

Era la decima volta quel pomeriggio. Non aveva mai fatto più di due o tre errori quando era sottopressione, ma quella volta, forse in particolare, a causa della presenza della madre, che aveva insistito nell'assistere all'allenamento di quella volta. Voltò lo sguardo, in cerca di quello della madre, ma lo trovò occupato ad incoraggiare un suo coetaneo che non riusciva ed eseguire un Lutz. Nel vedere quella scena, nella mente di Viktor, scattò una sorta di strana molla. Scivolò sui pattini fino ad arrivare al Kiss & Cry. Non indossò nemmeno i paralame, che schizzò sul primo posto a sedere libero nello spogliatoio, togliendosi i pattini che cambiò con le calzature che indossava in precedenza.
Uscì dal palaghiaccio in lacrime, con sua madre alle calcagna che gli urlava contro.

"Dove vai così? Non essere stupido e torna indietro! Ti avverto che è l'ultima volta che te lo dico, altrimenti-"

"Altrimenti cosa? Hai gia fatto abbastanza donna! Perchè mai dovrei abbassarmi al tuo volere quando quello che hai sempre fatto è stato farmi quello che non sei stata? Sono stanco!"

*slap*

Il volto pallido del giovane divenne rossastro.

"Io non ti riconosco più... tu... TU NON SEI MIO FIGLIO!"

"Sono stanco di te! Di essere trattato come uno scarto e di voler   soprattutto essere come te"

La donna rimase a guardarlo dal marciapiede.

Estrasse il telefono dalla tasca della tuta e compose il numero di un taxista di fiducia, chiedendo di aspettarlo nel retro della magione da lì a una trentina di minuti.
Aprì la porta di casa e filò in camera sua, seguito a ruota dalla madre che trovando la porta del figlio chiusa a chiave, iniziò a bussare con insistenza.

"Apri questa porta! Muoviti!"

Ancora in lacrime e con il cane che gli girava attorno mise tutte le sue cose, costumi compresi in quante più valigie possibili.
Si buttò sul letto, portandosi le mani agli occhi gonfi di lacrime, quasi a volersi chiedere se quello che stava per fare fosse corretto.
Si girò di fianco, il ciuffo, sfuggito all'elastico gli ricadde sul volto quasi con fare invadente.
Di scatto si alzò dal letto e si diresse in bagno, ignorando il frastuono della donna che faceva da sottofondo.
Spogliatosi entrò nel piatto doccia, dove si posizionò sotto al getto freddo dell'acqua. Non si insaponò neppure, uscì dal box di corsa, con le guance bagnate da un mix di acqua e lacrime, lacrime ancora una volta, ma si promise che sarebbe stata l'ultima.
Aprì un cassetto dello scaffale della specchiera,precisamente quella con il rasoio e le forbici.
Afferrò una grande ciocca d'argento e la fece passare in mezzo alla forbice. Cadde. Cadde quella insieme ad altre. Aveva ottenuto un taglio corto alla nuca, ma con delle ciocche piu lunghe, e il ciuffo che sfiorava lo zigomo. Uscito dal bagno, indossò un paio di jeans, delle scarpe nere ed una felpa con cappuccio. Prese da un cassetto una chiave. Quella della sua nuova casa. Prese valigie e borsoni, poi, si rivolse sorridendo a Makkachin

"Vieni, andiamo"

Il barboncino abbaiò in senso di approvazione.
Indossati gli occhiali da sole e tirato su il cappuccio, fece scattare la chiave nella serratura.
Aperta la porta, sua madre era lì davanti a lui.

"Che cosa hai fatto?"

"Nulla che ti interessi"

"Dove vai?"

"A casa mia."

"Non oserai"

Viktor le prese il volto in una mano.

"Oh, si che oso"

La donna gli sfilò il cappuccio restando a bocca aperta.
Lasciato andare il volto della donna, prese le sue cose e si diresse verso la porta.

"Au revoir, obsession..."

Questa fanfiction è stata scritta grazie alla teoria e alla collaborazione di SissyFromShiganshina. Grazie per l'ispirazione.
A scrivere sta roba ci ho sudato freddo, non sono abituata a scrivere ste coseh xD.
Se vi è piaciuto, votate, commentate e ci vediamo alla prossimah.



Frammenti di GhiaccioTempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang