Prologo

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Lui era il primo, eppure dopo di lui ne sarebbero venuti molti. Gli avevano assegnato un nome, a lui però non interessava, lui era il numero Zero - uno. Diverso, forte, unico. La sua pelle era acciaio, i suoi sensi iperattivi, il suo cervello così evoluto da far impallidire l'universo. Ed era vivo. Il suo cuore batteva un ritmo lento e silenzioso quella notte, le ombre si confondevano con le ombre e il cielo senza luna sembrava presagire qualcosa di terribile.

Era un Agente. Gli avevano tatuato la A sul braccio, per marchiarlo a vita. Lo avevano guardato negli occhi, quegli uomini e quelle donne, con un misto di paura e ammirazione, poi gli avevano comunicato la missione. Il suo nome non importava, era un Agente. Nessun legame, nessun sentimento, nessun dolore. Era un soldato, il soldato più pericoloso del mondo.

Presto anche gli altri sarebbero stati pronti a creare l'esercito più forte mai visto. Le armi non lo toccavano, le imboscate non funzionavano, per questo era stato addestrato a fermare gli uomini più pericolosi: i criminali temporali.

Giravano per lo spazio – tempo, uccidendo e rimanendo impuniti, liberi. La maggior parte di loro lo faceva per soldi, era un lavoro molto remunerativo e i criminali temporali erano molto richiesti: tutti volevano poter controllare il proprio passato e il proprio futuro.

Ne aveva trovato uno e in quel momento stava nell'Irlanda del 2717 per fermarlo prima che potesse fare danni. La vecchia Dublino era un ammasso di rovine, ma appena fuori le mura distrutte c'era una struttura moderna: era il centro di ricerca contro le malattie incurabili e l'uomo ci si infilò dentro. Non gli fu difficile trovare il criminale, respirava in modo così rumoroso, i suoi passi erano così pesanti, così umani. Era una macchia nera nel buio dei corridoi.

"Non hai l'autorizzazione per viaggiare nel tempo, Arthur Branch." la voce dell'Agente era fredda come la morte, era l'avviso della morte.

"Non so chi tu sia, ma io ho un lavoro da svolgere." l'uomo indietreggiò leggermente, chiedendosi come qualcuno potesse sapere il motivo per cui si trovava lì.

"Questo stabile dovrà esplodere questa notte." l'Agente si avvicinò all'uomo, puntandogli una pistola in fronte. Arthur arrancò andando a sbattere contro una sedia e tirò fuori a sua volta un'arma, puntandola sicuro contro l'Agente. Zero – uno sorrise.

"No. Questo laboratorio di ricerca non può esplodere, serve all'umanità."

"Lo sai cosa è buffo?" lo interruppe l'Agente, rimettendo la pistola nel fodero. "Se tu non fossi venuto questa notte, probabilmente lo stabile non sarebbe esploso. Esploderà perché io dovrò occultare un cadavere. Ah, e naturalmente perché così è scritto sui libri di storia. Il tempo ha uno strano modo di giocare con l'umanità, non credi?"

"La storia può essere cambiata." sputò Nathan tra i denti e sparò un colpo dritto al cuore dell'uomo. L'Agente sorrise ancora di più, guardando il proiettile per terra, poi si avvicinò a Arthur, lo prese per il collo e lo alzò da terra. Erano praticamente alti uguale, ma la forza che aveva Zero – uno, oh quella non era umana.

"Che cosa sei?" chiese annaspando, cercando di aggrapparsi con i piedi a un tavolo e facendolo rovesciare.

Zero – uno avrebbe voluto rispondere che era un Agente, eppure non sarebbe stato vero, non in quel momento mentre stava per fracassare la testa di quell'uomo.

"Sono un dio."

L'Agente spinse la mano verso il muro e poi tutto fu sangue.

"Agente Zero – uno. Missione completata. Chiedo trasferimento immediato."

In un secondo l'uomo scomparve, lasciando per terra un piccolo quadrato luminoso.

Il giorno dopo, nessuno avrebbe capito a causa di quale tipo di bomba il laboratorio di ricerca era esploso.

"Complimenti Agente." la donna bionda sorrise. Era giovane, aveva appena venti anni, era ambiziosa e sicura di sè, una vera leader. Non era come Zero - uno, lei era una donna normale, eppure si faceva obbedire da quei super soldati. Si diceva che era stata l'assistente dell'uomo più intelligente e potente della Terra, di un uomo che era scomparso anni prima: si chiamava Nathan Baskerville e giocava con la genetica come i bambini giocano con le costruzioni.

"E' stato un piacere, direttore Headstrich."


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