20. Racconti notturni

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L'acqua calda mi batteva sul volto, mi scorreva tra i capelli e lungo il corpo.
La mente viaggiava nel vapore creato, ripercorrendo i ricordi di quella giornata. In particolare, mi soffermai sul gioco della bottiglia. Ci avevo giocato già molte volte, ma questa volta è stato diverso, più divertente.
Smisi di sprecare acqua e chiusi la doccia. Agguantai il mio accappatoio e me lo infilai, asciugando i miei capelli rossi nel cappuccio. Passai una mano sullo specchio appannato e fissai i miei occhi azzurri. Mi dedicai un sorriso, sincero e vero, e iniziai a trafficare con le creme.

Appena spalancai la porta del bagno, mi ritrovai davanti a Lance, con i suoi asciugamani tra le braccia.
«Devi usare il bagno?» chiesi di getto. Mi diedi mentalmente una manata in testa, ovvio che doveva usare il bagno.
«Già.» affermò lui.
«Già» mormorai spostandomi di lato. Anche lui fece la stessa cosa, ritrovandoci di nuovo l'uno davanti all'altro. La stessa cosa accadde anche mentre mi spostavo a sinistra. Lance ridacchiò, mi afferrò per le spalle e ci fece ruotare in senso antiorario, in modo che lui si ritrovasse nel bagno e io nel corridoio.
«Buona lavata.» affermai. In quel momento capii che non meritavo di vivere se me ne uscivo con frasi del genere.
«Sarà fatto.» scherzò lui sorridendo.
Quando la porta si chiuse mi ricordai delle sue parole. Forse dovevo chiedergli spiegazioni... Ma non sembrava molto motivato a parlarne. Per essere un ragazzo così loquace era davvero un mistero.

In camera, Hebe non c'era. Mi cambiai velocemente e quando mi infilai tra le calde coperte, la ragazza tornò in accappatoio e i capelli ancora leggermente umidi.
«Dove sei stata?» chiesi con tono noncurante.
«A fare la doccia.» affermò tranquillamente.
«Ma il bagno è occupato.»
«Ho usato quello della camera di Xavier. Cosa pensi? Che uno chalet dei Bellson possa avere un solo bagno?» ridacchiò lei recuperando i suoi vestiti.
«Poi, ovviamente, il bastardo si è preso la camera con il bagno.» borbottò ficcandosi sotto le coperte.
«È casa sua, ci ha invitato tutti, mi sembra giusto che si prenda la camera migliore.» affermai fissando il soffitto in legno.
«Mmm, forse.» concordò lei. «Spegni le luci?» chiese.
«Che ore sono?»
«Tardi. Abbiamo tirato la cena per le lunghe.» replicò.
Sospirai e mi allungai a spegnere le luci. La luce della luna filtrava attraverso le tende, illuminando la stanza di un bagliore argenteo che la lampada non era capace di riprodurre.
«Com'è che hai conosciuto Xavier?» chiesi ripensando al incontro ravvicinato con il ragazzo di questo pomeriggio. Non mi capacitavo ancora della loro amicizia.
«Frequentavamo quasi tutti gli stessi corsi all'Accademia dell'arte.» replicò lei.
«Riformulo. Com'è che siete amici? Pensavo non sopportassi persone come lui.» Hebe rimase in silenzio e non disse niente. Forse mi stavo impicciando troppo.
Ma poi disse:«Mio fratello era il capitano della squadra di basket di Xavier, prima che il ruolo passasse a lui.»
«Tu hai un fratello?!» chiesi incredula voltandomi nella sua direzione. Non la vedevo, però mi sentivo meglio, come se comunicassimo veramente.
«Sì.»
«Non me l'hai detto!»
«Non me l'hai chiesto!» mi prese in giro lei imitando la mia voce.
«Ma... Non ci sono foto di lui in casa tua.» riflettei.
«Non ci sono nemmeno foto di mio padre se è per questo.» sospirò Hebe.
«Già... Per il fatto che tua madre si è risposata presumo...» mormorai.
«No. Perché non ho mai avuto un buon rapporto con loro. Tra Jude e me ci sono quattro anni di differenza. Non era e non sarà mai un fratello presente nella mia vita, era troppo occupato a concentrarsi su se stesso. Ha realizzato da poco il suo sogno di entrare alla Harvard.» spiegò.
Mi dispiaceva per lei, poiché io e i miei fratelli avevamo un bellissimo rapporto. Arn, nonostante i suoi impegni scolatici, ha sempre dedicato dell'attenzione anche per me, non riuscivo ad immaginarmi una vita in cui non ci parlassimo o scherzassimo.
«Oh, è fidanzato con la sorella di Wren.» affermò Hebe con noncuranza.
«Non so praticamente nulla di voi...» E mi fate sentire sola. Ma quello non lo dissi.
«Chiedi.» si offrì Hebe.
«Non sembri una che voglia parlare.» soppesai ogni parola.
«Non puoi pretendere che alle persone giri sempre bene. Ho spesso la luna storta, quindi accontentati.» sbuffò.
«Meno male che lo sai.» borbottai.
«Raccontami un po' di queste persone.» affermai.
«Dunque... Prima di tutto devi sapere che io, al mio primo anno all'Accademia dell'arte ero diversa. Frequentavo spesso la sorella gemella di Xavier, tale Janette Bellson, una versione femminile del ragazzo ma molto più arrogante e prepotente.» iniziò. «Ho deciso di andare in quella scuola solo perché c'era anche mio fratello e non volevo andare in un luogo in cui non conoscevo nessuno.» spiegò.
«Aspetta... All'Accademia dell'Arte ci vanno solo i... Beh, le persone con tanti soldi come Xavier... Tu... Cioè, non che tu sia povera, ma non sembri...» balbettai.
«Diciamo che il Dottor Daniels è un rinomato chirurgo.» rispose lei. «E poi nessuno è ricco come i Bellson. Ci sono diversi livelli di ricconi schifosi e Xavier è uno di quelli in cima. Disgustoso, no?» ridacchiò.
«Ho dovuto lasciare la scuola quando i miei si separarono. Quando fui affidata a mia madre e lei non si poteva permettere le tasse scolastiche dell'Accademia.» sospirò Hebe. «Mio padre si era offerto di pagarmele... Ma mia madre non voleva aiuti da parte sua. Nei primi mesi ci ha provato, ma rischiammo di perdere la casa, così mi sono ritirata. Ed ecco come sono finita nella tua scuola.» mi spiegò.
«Pensavo che i tuoi si fossero separati per via del padre di Lance...» mormorai imbarazzata.
«No, si sono conosciuti dopo.» minimizzò la ragazza troppo in fretta.
«Comunque nei primi anni all'Accademia frequentavo Janette perché avevo una cotta per Xavier.» mi disse senza tanti giri di parole.
Mi misi a ridere.
«Che c'è!» esclamò lei offesa.
«No, è che... È strano. Cioè, non dico che non sei tipa da cottarelle ma...»
«Ma sta zitta e ascolta.» mi interruppe con tono tra l'infastidito e l'offeso.
«Okay, va avanti. Prometto di non ridere più.» giurai.
«Comunque...»
«Aspetta, ma ce l'hai ancora la cotta per lui?» la interruppi senza riuscire a trattenermi.
«Dio Santo no! Ora lo conosco e non potrei mai! E poi non interrompermi.» mi rimproverò.
«Stavo dicendo che la sorella di Wren e mio fratello si frequentavano già allora. Ho conosciuto Wren mentre la accompagnava ad una delle partite di Basket. Nel senso, sapevo chi era, frequentavamo anche molti corsi assieme, ma non ci avevo veramente parlato. Di conseguenza ho conosciuto Cammie, che era la sua compagna di stanza.» mi spiegò.
«E tu? Con chi eri in stanza?» chiesi.
«Una di poca importanza. Non abbiamo mai parlato e lei non stava mai in stanza con me.» replicò.
«Frannie si è trasferita all'accademia l'anno in cui io ero partita. Ha preso la stanza con Cammie e Wren. Me l'hanno presentata loro.»
«Comunque siamo diventati un "gruppo" quando Cammie e Tyler si sono messi insieme, lì ho avuto la possibilità di conoscere meglio sia Xavier che Matt, e iniziai a fare da intermediario tra il primo e Wren, ti basta?» concluse Hebe.
«Alla faccia del riassunto.» commentai. «Però mi basta.» dissi rimettendomi con la schiena sul letto e il volto a fissare il soffitto.
«Fammi indovinare, io ti ricordo com'eri una volta, per questo che non mi hai snobbato fin dall'inizio come Daia e Beth.» dissi all'improvviso.
«Ma che perspicacia, sono stupita.» il suo sarcasmo non aveva limiti.
«Io sono un genio, non lo sapevi?» scherzai. Riuscii a strapparle una risata. Era bello poter far ridere gli altri, ridere veramente.

Insicura (COMPLETA)Where stories live. Discover now